mercoledì 17 giugno 2009

La lettera al Capo dello Stato

Napolitano, occhio ai giudici
Il senatore a vita Francesco Cossiga scrive al presidente della Repubblica sui dimissionari del Consiglio Superiore della magistratura.
Signor Presidente,
mi permetto di indirizzarLe questa lettera per cercare, anche se certo Lei non ne ha assolutamente bisogno, di esporLe alcune mie considerazioni in merito alle dimissioni rassegnate da tre membri del Consiglio Superiore della Magistratura per protesta contro le dichiarazioni del Ministro della Giustizia che ha posto in luce come tutte le nomine da parte del Consiglio dei capi degli uffici di procura siano "lottizzate" tra le varie correnti presenti in questo organo.
I tre membri del Csm hanno addirittura affermato che l’on. Angelino Alfano li aveva accusati di aver commesso dei gravi reati! In base alla mia esperienza in materia istituzionale, vissuta sui libri, sulla mia attività parlamentare e di governo e sulla semplice lettura dei giornali (non faccio neanche accenno alla mia esperienza al Quirinale, disastrosa a giudizio di tutti e mio - per il Paese, e a mio avviso anche per me…) ritenevo che fosse chiaro che l’attribuzione di tutti gli incarichi di natura giudiziaria di competenza del Consiglio Superiore della Magistratura, e non solo quelli relativi agli uffici di pubblico ministero fossero assegnati, magari con riserva di "compensazione" nel turno successivo di nomine, in modo strettamente proporzionale alla forza delle correnti presenti nell’organo. Proprio per questo le sinistre - dopo che l’Assemblea Costituente aveva respinto la proposta avanzata dal Partito Comunista di far eleggere i giudici e i pubblici ministeri dal Popolo, come già avveniva in molti Cantoni della Confederazione Elvetica e Stati degli Stati Uniti d’America - si batterono per l’introduzione del sistema proporzionale per l’elezione dei membri togati del Consiglio Superiore.
E per quella che è la mia esperienza, certo non commendevole assolutamente come quella degli amici Scalfaro e Ciampi, anche in sede di Sezione per i Giudizi Disciplinari le condanne (rare….) e le assoluzioni (quasi di rito!) erano per così dire trattate fra le correnti. E così come è per tutti naturale che in sede di formazione degli organi direttivi del Parlamento (presidente, vice-presidente, questori e segretari) e per la formazione dei Governi, le direzioni dei Partiti prendano le relative decisioni vincolanti, così è noto che le analoghe decisioni assunte formalmente dal Consiglio Superiore, lo sono dietro le precedenti e vincolanti designazioni delle correnti politico-sindacali della magistratura associata; e poiché l’Associazione Nazionale Magistrati è egemonizzata dalla "magistratura militante" che la governa secondo i canoni del "centralismo democratico", alla "magistratura militante" è assicurata una certa egemonia. Dal che si può dedurre che, parlando in termini di "sociologia istituzionale" il Consiglio Superiore è una "struttura servente" dell’Associazione Nazionale Magistrati.
Sul piano della storia costituzionale si potrebbe dire che a ciò si è arrivati nella linea di un’evoluzione istituzionale costante, specie dopo che io, per fortuna del Paese, lasciai il Palazzo del Quirinale per andare a farmi giudicare dal tribunale dei ministri davanti ai quali fui chiamato a rispondere dei reati di formazione di banda armata e tentativo di sovvertire l'ordine costituzionale (reati dai quali fui assolto perché i membri del tribunale sentenziarono che ero stato ed ero un perfetto cretino che non aveva mai contatto nulla…). L’Associazione Nazionale Magistrati è riuscita per la debolezza della politica a far attribuire ai membri del Consiglio Superiore la prerogativa dell’insindacabilità: e a chi davanti alla Corte Costituzionale ha obiettato che si trattava di materia costituzionale, questo giudice politico ha risposto che il fatto che la stessa prerogativa fosse stata attribuita ai membri del Parlamento e della stessa Corte con norme costituzionali, non si opponeva che potessero essere attribuite anche con legge ordinaria, perché non si trattava altro che di deroghe alle norme sulla punibilità disciplinata dalle norme ordinarie contenute nei codici penale e di procedura penale.
Su questa linea il Consiglio Superiore si è auto attribuito competenze non previste da alcuna norma di costituzionale o anche solo ordinaria: quella di esprimere il proprio avviso su atti legislativi del Parlamento, quella di censurare con propri atti di controllo politico atti, comportamenti e indirizzi del Parlamento, del Governo e dei partiti quella di "aprire" e poi "decidere" "pratiche a tutela" di singoli magistrati che si sentano offesi da giudizi di politici e parlamentari anche espressi in sedi parlamentari e così via. Ma forse si stanno realizzando pure in Italia, con forza derogatoria anche rispetto alle norme costituzionali, quelle disposizioni di carattere non scritto ben note negli ordinamenti di "common law" e chiamate "convention", sulle quali ebbe a scrivere magistralmente quello che insieme a Blackstone è certamente il più grande costituzionalista anglosassone: Albert Venn Dicey, certo ben noto al suo figliolo ottimo giurista pubblicista. Sembra trattarsi ormai di un per così dire "trend" che riguarda anche le competenze di altri organi dello Stato: così un tempo era "proibito" ai presidenti di Senato e Camera dei Deputati lo svolgere politica attiva, prendere "parte" nei dibattiti parlamentari, esprimersi pubblicamente su materie all’ordine del giorno del Parlamento.
E per quanto riguarda l’ufficio cui tanto irresponsabilmente io fui chiamato nel 1985 e che tanto indegnamente ricoprii, era chiarissimo che l’unico potere del Capo dello Stato nei confronti del Parlamento, era quello di poter rinviare alle Camere una legge già approvata, e sempre con atto controfirmato dal Presidente del Consiglio, ma non di pronunciarsi su un provvedimento legislativo in corso di esame, o di parlare pubblicamente in materie politiche: economia, finanza, politica estera se il suo dire non fosse stato concordato preventivamente con il ministro competente. E io per averlo fatto mi beccai, e giustamente! una proposta di "impeachment" da parte del Partito Comunista. Ma i miei erano tempi diversi: tempi nei quali si era più vicini allo spirito della Assemblea Costituente e per quanto mi riguardava tempi nei quali chi mi aveva votato, dai comunisti ai democratico cristiani, se ne era pentito dopo pochi mesi.
Ma il "trend" ha investito anche istituzioni amministrative, come ad esempio quella militare, nella quale per via di una "convention" ormai affermatasi con l’assenso del Governo, il comando operativo delle Forze Armate è trasmigrato dal Capo di Stato Maggiore della Difesa al Consigliere Militare della Presidenza della Repubblica, sottratto al potere di comando politico del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro della Difesa; ma questo è un altro discorso.
Con deferenza
Francesco Cossiga
13/06/2009
http://iltempo.ilsole24ore.com/

Nessun commento: