lunedì 29 giugno 2009

La verità di 2.000 anni di fede

lunedì 29 giugno 2009, 07:00
Quando la scienza racconta le verità di 2mila anni di fede
Il Giornale

Roma- Quanto accaduto ieri sera con il sorprendente annuncio nella basilica di San Paolo fuori le Mura richiama immediatamente alla memoria un evento simile, accaduto il 26 giugno di 41 anni fa, quando Paolo VI, durante l’udienza generale, disse che erano state ritrovate le ossa di San Pietro. Era stato Pio XII, nel 1939, a ordinare che si scavasse sotto la basilica vaticana e a finanziare di tasca propria le ricerche. Nel 1950 l’annuncio del ritrovamento della tomba. Appariva dunque corrispondente al vero quanto affermato durante il pontificato di Papa Zefirino (199-217) dal prete romano Gaio, il quale, rivolgendosi a Proclo, seguace dell’eresia montanista, aveva scritto: «Se vorrai venire in Vaticano e sulla via Ostiense, potrai vedere i trofei (cioè le tombe, ndr) di coloro, che hanno fondato questa Chiesa», vale a dire di Pietro e Paolo. Le ricerche, continuate dall’archeologa Margherita Guarducci, portarono al ritrovamento di un’edicola funeraria appoggiata a un muro contemporaneo, risalente circa all’anno 150, prezioso per i numerosi graffiti sovrapposti, che la studiosa decifra. Tutti contengono invocazioni a Pietro al quale sono uniti talvolta i nomi di Cristo e di Maria.

Fondamentale è uno di questi graffiti, risalente al 160, nel quale si legge in greco la scritta «Petros enì», «Pietro è qui dentro». La professoressa Guarducci ritrova in una cassetta, nei locali delle Grotte vaticane, le ossa che erano state raccolte nel loculo identificato come la tomba di Pietro. Le ossa, dopo essere state analizzate, risultano appartenenti a un solo uomo, di corporatura robusta, morto in età avanzata. Erano incrostate di terra e mostravano di essere state avvolte in un panno di lana colorato di porpora e intessuto d’oro, una sepoltura particolarmente preziosa. Rappresentano frammenti di tutte le ossa del corpo a esclusione del sia pur minimo frammento di quelle dei piedi. Un particolare significativo, che richiama alla mente la circostanza della crocifissione a testa in giù e gli esiti che provocava, vale a dire il distacco dei piedi, a causa della prolungata esposizione del corpo che veniva lasciato esposto sul luogo del supplizio.
Così, il 26 giugno 1968, Papa Montini annuncia: «Nuove indagini pazientissime e accuratissime furono in seguito eseguite con risultato che noi, confortati dal giudizio di valenti e prudenti persone competenti, crediamo positivo: anche le reliquie di San Pietro sono state identificate in modo che possiamo ritenere convincente».
Il ritrovamento e l’identificazione delle ossa di Pietro e oggi di quelle di Paolo, confermano il dato della tradizione e attestano il fondamento apostolico della Chiesa di Roma. Il pescatore di Galilea al quale Gesù secondo il racconto evangelico affidò la sua Chiesa, e l’Apostolo delle Genti, viaggiatore e predicatore instancabile, nonché «cantore della Grazia», evangelizzatore dell’Asia Minore e della Grecia e autore delle famose epistole, ritenute i più antichi documenti scritti contenenti il messaggio salvifico cristiano, sono stati dunque martirizzati entrambi a Roma, allora capitale del mondo, sotto Nerone, nell’anno 67.
È interessante notare che negli ultimi cento anni, numerosissime scoperte archeologiche hanno confermato molte delle pagine scritte dai quattro evangelisti, che nel I secolo misero nero su bianco il racconto della vita e le testimonianze riguardati Gesù di Nazaret, la sua morte e la sua resurrezione. Non c’è stata una scoperta scientifica, un ritrovamento archeologico, che abbia smentito neanche un versetto del Vangelo. Dal ritrovamento della lapide a Cesarea Marittima contenente il nome di Ponzio Pilato, il prefetto di Giudea che fece crocifiggere Gesù come richiestogli dal sinedrio agli scavi portati avanti con tenacia e passione dai francescani in Terrasanta, che hanno portato alla luce le tracce della casa di Maria a Nazaret e della casa di Pietro a Cafarnao, entrambe oggetto di devozione antichissima, risalente ai primi secoli di storia cristiana. Il cristianesimo non è una filosofia, un insieme di riti o una summa di regole morali, ma un avvenimento accaduto nella storia.
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Le tavole della legge di Mosè esistono

lunedì 29 giugno 2009, 07:00
Dal patriarca etiope altro annuncio choc: «Le tavole della legge di Mosè esistono»
su Il Giornale

È di una decina di giorni fa la notizia secondo cui presto il mondo potrebbe ammirare la mitica Arca dell'Alleanza descritta nella Bibbia come il contenitore in legno e oro delle Tavole della Legge che Dio consegnò a Mosè e al centro, nei secoli, di ricerche e studi.
Lo ha annunciato, in un'intervista video all'Adnkronos, il Patriarca della Chiesa ortodossa d'Etiopia Abuna Pauolos, arrivato in Italia per il «G8 delle Religioni». «L'Arca dell'Alleanza - spiegava Pauolos - si trova in Etiopia da molti secoli. Come patriarca l'ho vista con i miei occhi e soltanto poche persone molto qualificate hanno potuto fare altrettanto, finora». Secondo il patriarca è custodita in una chiesa, ma per difendere quella autentica, una copia del simbolo religioso è stata collocata in ogni chiesa del Paese. Secondo alcuni studi l'Arca venne trafugata da Gerusalemme dal figlio di re Salomone e portata ad Axum, considerata la Gerusalemme d'Etiopia.

E proprio ad Axum sorgerà il Museo chiamato a ospitare l'Arca, il cui progetto è stato finanziato dalla Fondazione del principe, erede designato al trono da Haile Selassie poco prima di morire, Crhijecllu, acronimo delle iniziali dei nomi dei figli del principe: Christian, Jessica, Clarissa, Lucrezia.
L’Arca dell'Alleanza sarebbe capace, secondo la leggenda, di sprigionare lampi di luce divini e folgori in grado di incenerire chiunque ne fosse colpito.

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domenica 28 giugno 2009

Ma c'è chi può fare il barbaro

sabato 27 giugno 2009, 07:00
MA C’È CHI PUÒ FARE IL BARBARO
di Mario Giordano

Basta con l’imbarbarimento della politica? Ma sicuro. Noi siamo d’accordo. Figuriamoci. Ora però qualcuno glielo può dire anche a D’Avanzo, per cortesia? Qualcuno può avvertire Ezio Mauro? E magari pure D’Alema, quello che parla di scossa, o Franceschini, quello che va a discutere dell’educazione dei figli altrui? Sono cinquanta giorni che, praticamente da soli, contro tutti, urliamo al mondo che usare la vita privata come strumento di lotta politica è una vergogna. Ci hanno sempre risposto che non capiamo nulla. Che usare la vita privata come strumento di lotta politica è segno di democrazia. Ma sicuro: ne abbiamo sentite di tutti i colori. Abbiamo sentito gli ex cantori dell’amore libero e del sesso in stile ’68 (e anche un po’ ’69 ) che ci hanno fatto austere lezioni di morale. E abbiamo letto le dotte prolusioni di filosofi della teoretica scalfariana costretti ad arrampicarsi sugli specchi per giustificare la nuova versione dell’antiberlusconismo in salsa di Novella 2000. In cinquanta giorni nessuno che si scandalizzasse per l’imbarbarimento della politica. Nemmeno una volta. Mai.
Però è bastato che il Giornale raccontasse due giorni fa delle escort del clan D’Alema, ed ecco che all’improvviso si sono scandalizzati tutti. Ah, l’imbarbarimento della politica. Quando poi ieri abbiamo segnalato (dato di cronaca) che la maîtresse che organizzava gli incontri sexy fra le squillo e gli uomini del clan D’Alema era socia in affari con il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa, è scoppiato il finimondo. Ah, due volte ah, l’imbarbarimento della politica! Signora mia, non se ne può più: ma dove arriveremo? Come se fino all’altro ieri sui quotidiani italiani si fosse soltanto parlato dei problemi dell’astrofisica nucleare o del rapporto fra armonia celeste e sistema dodecafonico, anziché di veline, Noemi, foto rubate e lettoni più o meno grandi, gossip e prostitute.
Basta con l’imbarbarimento della politica? Per carità, non ne vediamo l’ora. Ma dov’erano Cesa e D’Alema e Casini quando l’imbarbarimento della politica andava a sfruculiare in modo osceno dentro la privacy di Berlusconi? Dov’erano quando i giornali mettevano alla gogna i suoi ospiti in Sardegna, colpevoli soltanto di prendere il sole? Dov’erano quando le foto private ai bordi di una piscina privata in una villa privata diventavano, senza nessuna ragione, di pubblico dominio mondiale? Dov’erano quando il primo ministro di un Paese straniero veniva messo alla berlina col suo Topolanek al vento? Dov’erano quando qualcuno faceva avere ai giornalisti amici le registrazioni della D’Addario e le foto nella toilette di Palazzo Grazioli? Non avevano nulla da dire, allora, sull’imbarbarimento della politica?
Restiamo convinti che nell’inchiesta insabbiata nel ’99 sulle escort del clan D’Alema c’era molta più sostanza che in tutto il polverone sollevato adesso contro Berlusconi. Di tutto questo presunto scandalo, da Noemi a Tarantini, scusateci, ma noi continuiamo a non vedere where is the beef, dov’è la ciccia, cioè dov’è il problema. Anche ieri ci siamo deliziati con due pagine di Giuseppe D’Avanzo su Repubblica, senza trovarci null’altro, a parte un mare di noia e una rassegna stampa un po’ malfatta. E dire che il giornalista, in genere, sa fiutare le piste giuste: com’è che da due mesi si accanisce sul caso senza cavarci il vero scoop? Come mai il gruppo editoriale l’Espresso, che ha scatenato fior di inviati senza limite di budget, a caccia di testimonianze, ragazze pentite, rivelazioni choc, deve limitarsi a montare la panna con foto di ragazze in barca e banali cene, roba che non metterebbero in imbarazzo nemmeno i catecumeni di un oratorio brianzolo?

Ribadisco: nell’inchiesta che abbiamo pubblicato in questi due giorni c’è molta più sostanza che in tutto il materiale D’Avanzo. Sono saltati fuori, tanto per dire, incontri fra esponenti politici ed escort all’interno di Montecitorio. E poi ci sono uomini assai vicini a D’Alema che parlano di «problemi risolti» con la Banca di Roma e altre aziende. C’è la maîtresse che chiede favori per Alitalia. Si parla di incontri a luci rosse, nei palazzi delle istituzioni, cui partecipa un «uomo politico molto importante». Ora noi domandiamo: com’è che a Bari sono state convocate ragazze su ragazze per sapere tutto della cena in una casa privata, mentre nessuno ha voluto saperne di più su quell’uomo politico molto importante che incontrava escort a Montecitorio? Dicono: l’inchiesta è stata archiviata dopo il patteggiamento della maîtresse. Ecco, appunto: perché in Italia certe inchieste (quelle contro Berlusconi) non finiscono mai e quelle contro gli altri vengono rapidamente insabbiate? Perché ci sono magistrati che continuano ad accanirsi su quello che il Cavaliere faceva vent’anni fa e invece non è interessante quello che facevano gli uomini di D’Alema dieci anni fa?
Può piacere o no, ma quello che abbiamo fatto in questi giorni è uno degli esperimenti più interessanti della doppia morale che vige in questo Paese. Come vi abbiamo confessato il primo giorno, ci siamo avventurati nel boudoir del clan D’Alema con qualche titubanza: in linea di massima, crediamo che la politica debba evitare di infilarsi sotto le lenzuola altrui. Ma siamo stati costretti a misurarci su questo terreno. E ora, dopo l’esplosione della polemica, siamo più convinti che mai che fosse giusto tutto ciò, se non altro per mettere in luce l’ipocrisia dei nuovi moralisti, quelli per cui l’imbarbarimento della politica si può a patto che si faccia i barbari contro Berlusconi. Scusateci, ma sono davvero senza pudore: qualche anno fa hanno scritto che era sbagliato attaccare Clinton su una questione così personale come la Lewinsky; qualche tempo fa hanno scritto che era sbagliato attaccare Sircana su una questione così personale come il trans; ora scrivono che è sbagliato attaccare il clan D’Alema e Cesa per una questione così personale come la relazione con una maîtresse.

Nel frattempo però hanno sferrato il più violento attacco personale a base di gossip e violazione della privacy che si sia mai visto in un Paese civile. Dal che si deduce la legge fondamentale di questa Repubblica fondata sul lavoro di Ezio Mauro: in politica vale tutto. Ma proprio tutto. Solo se è contro il Cavaliere, però.

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=361902

sabato 27 giugno 2009

Legge Mosca

' LA LEGGE SULLE PENSIONI STRAVOLTA DAI PARTITI'
Repubblica — 03 novembre 1995 pagina 20 sezione: CRONACA
GROSSETO - Nilde Iotti ha maturato la pensione di partito da quando aveva 25 anni. Bettino Craxi figura come dipendente del garofano da quando aveva 18 anni. Pierre Carniti ne aveva 17. Sergio D' Antoni matura la pensione dall' età di 17 anni, Alessandro Natta aveva 27 anni, Giorgio Napolitano trentatré, Achille Occhetto era diciottenne, Ottaviano Del Turco aveva appena quattordici anni e molto probabilmente anche i pantaloni corti, l' ex ministro democristiano Franca Falcucci e il dirigente dello Scudocrociato, Bartolo Ciccardini. E via con tutti i grandi nomi della politica e del sindacato. Dal dopoguerra a oggi. Ognuno di loro è un pezzo di storia. Uno ad uno stanno saltando fuori dalla lista dei quattromila e 500 beneficiari della legge Mosca. Entrata in vigore nel ' 74 era una grande sanatoria per attivisti di partito, sindacati e cooperative: potevano riscattare per la pensione gli anni del lavoro a nero. Secondo il procuratore circondariale di Grosseto Pietro Federico molti hanno usufruito della legge facendo passare per lavoro le attività del semplice volontariato. E sono quasi diecimila in Italia i beneficiari minorenni. Il secondo motivo che giustificherebbe l' indagine è che quella legge è stata in realtà abusata: doveva durare due anni, fino al ' 76, è stata prorogata fino all' 80 ma ancora un mese fa, prima che scoppiasse l' inchiesta, sono arrivate domande. Tutte approvate. Federico ha sequestrato nella sede dell' Inps, dei principali partiti e del ministero del Lavoro tutte le oltre quarantamila pratiche. Per la sua inchiesta a Grosseto sta controllando le posizioni di 470 persone (30 sono indagati) e ogni giorno sforna una decina di interrogatori. Ma 95 procure in Italia hanno ricevuto i dati dei beneficiari della legge nelle rispettive province. E ogni giorno saltano fuori nomi illustri. Qualche esempio. La ex presidente della Camera Nilde Iotti, classe 1920, ha riscattato con la legge Mosca gli anni dal 1945 al 1963, gli stessi che ha richiesto Alessandro Natta, classe 1918, segretario del Pci fra Berlinguer e Occhetto. Ottaviano Del Turco, nato nel 1944, ha riscattato la pensione dal febbraio 1959. L' ex segretario generale della Cisl Pierre Carniti ha chiesto di riscattare gli anni fra il 1953 e il ' 58. Aveva 17 anni. Il segretario della Cisl Sergio D' Antoni sta maturando la pensione, sempre grazie alla legge Mosca, da quando aveva 18 anni. Così hanno fatto Craxi e Occhetto. Nell' elenco figurano anche Giorgio Napolitano, Piero Larizza, Antonio Pizzinato, Bruno Trentin, Antonio Bassolino e Armando Cossutta. L' ex deputato socialista Giovanni Mosca, papà della legge, oggi vive nel Chianti. E commenta amaro. "La legge era giusta. Non mi sono mai pentito. Calcolammo allora che in Italia ci fossero circa 7-8000 persone in questa situazione. All' inizio quasi la metà delle domande fu bocciata. A esaminare le pratiche era una commissione del ministero del Lavoro, composta da funzionari dello Stato e dell' Inps e da rappresentanti di alcune grosse organizzazioni sindacali. Ma la legge doveva durare solo due anni: anche per la sua breve vita la chiamavano legge Mosca. Invece fu subito prorogata senza adeguare i sistemi di controllo. Potevo immaginare che fosse stata usata in modo disonesto ma non mi aspettavo che si fosse arrivati a cifre così colossali".
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1995/11/03/la-legge-sulle-pensioni-stravolta-dai.html

venerdì 26 giugno 2009

Otto domande per il Baffino

venerdì 26 giugno 2009, 07:00
OTTO DOMANDE PER IL BAFFINO
di Massimo De Manzoni

Massimo D’Alema ci querela. O meglio annuncia la sua intenzione di querelarci, che non è necessariamente la stessa cosa. All’aspirante segretario-ombra del Pd non è piaciuto il fatto che il Giornale abbia parlato di un’inchiesta, poi insabbiata, che verteva su un giro di squillo utilizzate per ottenere favori e appalti dai politici e che vedeva pesantemente coinvolti alcuni dei suoi più stretti collaboratori quando Baffino era presidente del Consiglio. All’epoca, per intendersi, in cui Palazzo Chigi fu definito «l’unica merchant bank in cui non si parla inglese». Parole di Guido Rossi: non certo un nemico della sinistra, diciamo.
Strano che il líder Maximo si sia risentito. Perché ci pareva che ultimamente, tra «scosse» e dichiarazioni, fosse invece piuttosto sensibile a questo tipo di faccende. Non era stato lui, dopo una visita a Bari, ad avvertire compiaciuto i suoi di tenersi pronti perché era in arrivo qualcosa di grosso contro Berlusconi? E non era stato sempre lui, a proposito di quanto emergeva dall’inchiesta pugliese, a parlare di «schifo», di «vicenda di rilevanza indubbiamente politica» e a intimare al Cavaliere di «fornire chiarimenti sui suoi comportamenti privati che offrono un desolante spettacolo che ha poco a che fare con l’etica condivisa dagli italiani»? E stava parlando di un presunto rapporto sessuale in una casa privata. Come mai ha cambiato così repentinamente idea, visto che l’inchiesta di cui ha riferito il Giornale riguarda molti e accertati incontri a luci rosse «finalizzati a ottenere benefici economici nella forma di ghiotti appalti o incarichi ben remunerati», come scriveva il capo della Mobile? Sono episodi che fanno forse parte «dell’etica condivisa dagli italiani»? Proprio sicuro, onorevole? Anche se è stato provato che qualcuno di quei focosi rendez-vous mercenari si è svolto negli istituzionalissimi uffici della Camera dei deputati? Ci permetta almeno di dissentire.
E, visto che ci siamo, che fine ha fatto quella difesa della libera stampa che la sinistra alza, in questi giorni più che mai, come un vessillo? D’Alema annuncia un’intimidatoria querela, il suo pretoriano Luigi Zanda ci insulta in modo volgare. Fateci capire: non vorrete mica che qualcuno possa pensare male. Per esempio che la libertà che avete in mente sia quella per cui i vostri giornali di riferimento, Repubblica in testa, hanno il diritto-dovere di intrufolarsi quotidianamente sotto le lenzuola di signore e signorine di dubbia reputazione sperando di trovare qualche traccia del passaggio del Cavaliere, mentre tutti gli altri devono star lì a fare il coro. E appena «steccano», via con le querele. Non sarebbe molto democratico, diciamo. E comunque, spiacenti ma noi la pensiamo in modo diverso.
Noi pensiamo, e l’abbiamo ripetuto più volte, che non ci piace lo spettacolo a cui stiamo assistendo in questi giorni. Ma ancor meno ci piace l’idea che sia stato allestito solo e unicamente perché il protagonista si chiama Silvio Berlusconi. I tribunali speciali ci fanno un po’ paura. Sono settimane che l’inchiesta di Bari sta tenendo banco, senza peraltro andare un passo più in là di Patrizia D’Addauro e del suo registratore nascosto. Sono settimane che Repubblica e i suoi fratelli ci ammanniscono ogni giorno sempre lo stesso piatto, con gli stessi ingredienti mescolati in modo diverso e condito da insinuazioni spacciate per domande.

Ora qualche domanda vorremmo farla anche noi, se non vi è di troppo disturbo. Perché l’inchiesta sui D’Alema boys è stata chiusa così frettolosamente? Che cosa ha esattamente ricevuto in cambio dei suoi servizi la maîtresse che forniva le ragazze? È vero che appalti che riguardavano anche società partecipate dallo Stato sono stati inquinati da questo vorticoso giro di squillo a Montecitorio e dintorni? Come mai la nostra solerte magistratura (che a Bari sta facendo sfilare in Procura lucciole, escort e trans per stabilire quante feste si tengono a Cortina) non ha sentito l’esigenza di appurare chi era quel «politico molto influente» che ha goduto dei favori di una prostituta all’interno della Camera dei deputati? Perché nessun investigatore è stato punto dalla curiosità di approfondire i rapporti tra la famosa maîtresse e l’onorevole Lorenzo Cesa, cattolico, attuale segretario dell’Udc, visto che i due erano in società insieme? Come mai in quel caso nessuno si affrettò a passare le «carte» agli organi di informazione? Qualcuno crede davvero che l’indagine rivelata dal Giornale non contenga elementi molto più seri di quella che sta avvelenando la vita del Paese da settimane? Qualcuno crede davvero che quella vicenda si sarebbe risolta in modo così rapido e indolore se al posto di D’Alema ci fosse stato Berlusconi?
Ecco le nostre domande: non sono dieci, ma ci accontentiamo. Certi che domani la Repubblica, l’Unità, il País, il Times e tutti gli altri immacolati guardiani della democrazia le rilanceranno da par loro. In nome della libertà di stampa e per il bene della nazione.

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=361631

giovedì 25 giugno 2009

Quando le virtù prevalgono sui vizi

25/06/2009 -
Non sappiamo ancora quanto ci sia di vero nell'inchiesta barese sul giro di escort di lusso che sarebbe stato organizzato per allietare le feste nelle residenze di Berlusconi. Di certo non saranno le rivelazioni scottanti di Patrizia D'Addario sulla notte a pagamento trascorsa, così dice, con il Cavaliere a configurare fatti penalmente rilevanti al punto da mettere in imbarazzo il premier. Ci vuole ben altro, anche perché le cronache recenti su simili scandali, o presunti tali, ci raccontano il più delle volte di accuse sgonfiate fino a scadere al rango di mero gossip. Per carità, ci sta anche questo.
Dei personaggi pubblici fanno notizia più i vizi che le virtù, e non è un caso se Silvio Berlusconi sia ora l'oggetto preferito dei pettegolezzi e delle pruriginose curiosità degli italiani. Prima di lui, vi sono stati numerosi precedenti storici.
Secondo le cronache dei tempi, Giulio Cesare non fu certo un chierichetto tutto casa e famiglia. Persino su uno statista come Camillo Benso di Cavour si narravano presunte perversioni sessuali poco consone al ruolo istituzionale e alla flemma sabauda del personaggio.
Per non parlare di alcuni presidenti degli Stati Uniti. Come J.F. Kennedy, al quale sono state attribuite pulsioni da grande donnaiolo; e Bill Clinton, che nello Studio Ovale della White House, ovvero il posto di comando dell'uomo più potente del mondo, si rallegrava delle premure di una stagista grassottella e neppure tanto carina.
Eppure, tutti questi "viziosi peccatori" hanno fatto la storia del mondo, conservando nei secoli l'autorevolezza che si sono conquistati nella vita pubblica.
In questo momento Berlusconi è l'uomo di potere del Paese. E persin ovvio che sia finito nella centrifuga mediatica e che i suoi avversari politici continuino a soffiare sul fuoco dello scandalo. La magistratura è giusto che faccia il suo lavoro.
Per il resto, l'ultima parola spetterà alla storia.

lunedì 22 giugno 2009

Ricordiamo il "prezioso" contributo dell'Islam alla nostra civiltà

632 d. C. ..... Morte di Maometto (8 giugno).
632-34 …......Conquista araba della Mesopotamia e della Palestina.
635 ............. Conquista araba di Damasco.
638 ............. Conquista araba di Gerusalemme.
642 ............. Conquista araba di Alessandria d'Egitto.
647 ............. Conquista araba della Tripolitania.
649 ............. Inizio delle guerre sul mare e conquista di Cipro.
652 ............. Prima spedizione contro la Sicilia.
667 ............. Occupazione araba di Calcedonia (Anatolia).
669 ............. Attacco a Siracusa.
670 ............. Attacco ai berberi e conquista del Maghreb.
674-680 ......Primo assedio arabo di Costantinopoli.
698 ............. Gli arabi prendono Cartagine ai bizantini.
700 ............. Assalto arabo a Pantelleria.
704 ............. L'emiro Musa proclama la guerra santa nel Mediterraneo occidentale; infesta il Tirreno e assale la Sicilia.
710 ............. Attacco arabo a Cagliari.
711 ............. Sbarco arabo nella Spagna meridionale. Inizia la conquista della penisola iberica. 715-717 ....... Secondo assedio arabo di Costantinopoli.
720 ............. Attacco alle coste della Sicilia.
727-731........ Aggressioni alle coste della Sicilia.
738 ............. Liutprando sconfigge gli arabi ad Arles.
740 ............. Primo sbarco in Sicilia di un esercito saraceno.
753 ............. Ulteriore sbarco in Sicilia.
778 ............. Il giorno 8 settembre, Franchi e Longobardi sconfiggono gli arabi a Sabart, sui Pirenei.
806 ............. I mussulmani occupano Tyana, in Anatolia, e avanzano fino ad Ankara. Ademaro, conte franco di Genova, combatte i saraceni in Corsica.
812-813 ....... I saraceni attaccano Lampedusa, la Sicilia, Ischia, Reggio Calabria, la Sardegna, la Corsica e Nizza.
819 ............. Nuovo attacco alla Sicilia.
827 ............. Il 14 giugno, sbarco in Sicilia di un esercito, per la conquista dell'isola.
829 ............. I saraceni sbarcano a Civitavecchia.
830 ............. I saraceni invadono la campagna romana e saccheggiano le basiliche di San Paolo e di San Pietro.
831 ............. A settembre, Palermo si arrende agli arabi.
838 ............. Attacco saraceno a Marsiglia.
839 ............. Incursioni saracene in Calabria. Sbarco e conquista di Taranto.
840 ............. Scontro navale, davanti a Taranto, tra saraceni e veneziani, che non riescono a fermare l'attacco. Saccheggio di Cherso, del Delta del Po e di Ancona.
841 ............. Gli arabi si spingono nel Quarnaro e distruggono la flotta veneziana all'isola di Sansego.
842 ............. Il 10 agosto Bari viene conquistata. Vengono saccheggiate le coste della Puglia e della Campania.
843 ............. L'emiro di Palermo scaccia i bizantini da Messina.
844 ............... I normanni sbarcano in Spagna e occupano Siviglia.
846 ............. Spedizioni saracene a Ponza e a Capo Miseno. Il 23 agosto, gli arabi sbarcano alla foce del Tevere, assediano Ostia, saccheggiano nuovamente le basiliche di San Pietro e di San Paolo e l'entroterra fino a Subiaco, assediando poi Roma. Ritiratisi, depredano Terracina, Fondi, e assediano Gaeta.
849 ............. I saraceni saccheggiano Luni e Capo Teulada, in Sardegna.
850 ............. Attacco arabo contro Arles.
852-853 ....... Assalto alle coste calabresi e campane.
856 ............. Incursioni arabe a Isernia, Canosa, Capua e Teano.
859 ............. Gli arabi prendono Enna.
867 ............. Gli arabi saccheggiano il monastero di San Michele sul Gargano. I saraceni occupano alcune città dalmate e assediano Ragusa. La flotta veneziana, guidata dal doge Orso, li insegue e li sbaraglia davanti a Taranto.
868 ............. Re Ludovico libera Matera, Venosa e parte della Calabria.
869 ............. Bande di saraceni invadono la Camargue.
870 ............. Gli arabi occupano Malta e saccheggiano Ravenna.
879 ............. Gli arabi prendono Taormina.
879 ............. I saraceni saccheggiano Teano, Caserta e la campagna romana.
881 ............. Il Papa scomunica il Vescovo di Napoli per la sua alleanza con i saraceni. 885 ............. I saraceni saccheggiano Montecassino e la Terra di Lavoro.
890 ............. I mori di Spagna attaccano la costa provenzale e stabiliscono una base a Frassineto (La Garde-Freinet).
898 ............. Saccheggio saraceno della Badia di Farfa.
912 ............. Incursione saracena all'Abbazia di Novalesa.
913 ............. Attacco alla Calabria.
914 ............. Gli arabi stabiliscono basi a Trevi e a Sutri.
916 ............. Incursione saracena nella Moriana (Savoia).
922 ............. Incursione e saccheggio di Taranto.
924 ............. Presa di Sant'Agata di Calabria.
925 ............. Incursioni saracene in tutta la Calabria, fino in terra d'Otranto; assedio e massacro di Oria.
929 ............. Saccheggio delle coste calabresi.
930 ............. Paestum viene saccheggiata.
934 ............. Assalto alla costa ligure.
935 ............. Saccheggio di Genova.
936 ............. Fallito attacco saraceno ad Acqui, difesa dal conte Aleramo.
940 ............. Incursione saracena al passo del San Bernardo.
950 ............. L'emiro di Palermo assale Reggio e Gerace e assedia Cassano Jonio.
952 ............. Gli arabi, alleati con Napoli, colonizzano la Calabria.
960 ............. San Bernardo da Mentone vince e insegue i saraceni in Val d'Aosta, fino a Vercelli. 965 ............. Gli arabi prendono Rametta, ultima roccaforte siciliana e in seguito sbarcano in Calabria.
969 ............. Saccheggi saraceni nell'Albesano.
977 ............. I saraceni prendono Reggio, Taranto, Otranto e Oria.
978 ............. I saraceni saccheggiano la Calabria.
981 ............. Ancora saccheggi in Calabria.
986 ............. I saraceni saccheggiano Gerace.
987 ............. I saraceni saccheggiano Cassano Jonio.
988 ............. Gli arabi prendono Cosenza e la terra di Bari.
991 ............. Presa di Taranto.
994 ............. Assedio e presa di Matera.
1002 ............ Incursioni a Benevento e nelle campagne napoletane, assedio di Capua. 1003 ............ Incursioni nell'entroterra di Taranto. Attacco a Lérins, in Provenza.
1009 ............ Il califfo Al-Hakim tenta di distruggere il Santo Sepolcro.
1029 ............ Saccheggio delle coste pugliesi.
1031 ............ Saccheggio di Cassano Jonio.
1047 ............ Incursione saracena a Lérins.
1071 ............ Gli arabi vincono la battaglia di Manazkert e iniziano la conquista dell'Anatolia. 1074 ............ Sbarco di saraceni tunisini a Nicotera, in Calabria.
1080 ............ I saraceni, al servizio dei normanni, saccheggiano Roma.
1086 ............ Gerusalemme cade in mano ai turchi.
1096 ........ Inizio della Prima crociata.
1122 ........ Scorreria saracena a Patti e a Siracusa.
1127 ........ Attacco a Catania e nuovo saccheggio di Siracusa.
1144 ........ L'atabeg di Mossul Zengi, con un colpo di mano, s'impadronisce di Edessa assumendo nel mondo islamico ruolo e fama di "difensore della fede".
1145 ........ Papa Eugenio III bandisce la seconda crociata. A causa dei contrasti interni si rivelerà inutile.
1187 .........Salah-ad-Din riconquista Gerusalemme.
1190 ........ Papa Clemente III organizza la terza crociata. Riccardo Cuor di Leone sconfigge per due volte Salah-ad-Din ma, sempre a causa dei dissensi interni alla coalizione, non poté liberare Gerusalemme. Concluse però una tregua di tre anni, che prevedeva garanzie per i pellegrini (1192).
1195-1204 ... Si susseguono diversi tentativi pressoché inutili di organizzare una quarta crociata. Anche in questo caso mancherà la necessaria coesione e le lotte interne la renderanno pressoché inutile.
1213 ........ Papa Innocenzo III tenta di bandire un'altra crociata che però non avrà luogo.
1217-1221 ... Quinta crociata. Nel 1219 le cronache riportano la visita di Francesco d'Assisi al campo crociato. Francesco predirà la sconfitta a causa delle faziosità e delle divisioni interne. La Chiesa non riconoscerà la quinta crociata.
1221 ........ Fallisce la conquista de Il Cairo e anche la quinta crociata si risolve con un nulla di fatto.
1229 ........ Federico II accordatosi con il sultano d'Egitto al-Kamil (Trattato di Giaffa) ottiene Gerusalemme, Betlemme, Nazaret e alcune località costiere fra San Giovanni d'Acri e Giaffa e tra Giaffa e Gerusalemme; e conclude anche una tregua decennale.
1244 ........ I mussulmani riconquistano Gerusalemme.
1245 ........ Papa Innocenzo IV bandisce la settima crociata. Luigi IX, re di Francia, la organizza con le sue sole forze ma non riesce a conquistare Gerusalemme. Ulteriori tentativi si concluderanno nel 1270 con pochi esiti. Dalla seconda metà del sec. XIV, la progressiva avanzata dei turchi ottomani verso il cuore dell'Europa ridiede una certa attualità alla crociata, intesa però in senso non di guerra santa per la riaffermazione del cristianesimo in Oriente, ma di guerra per la difesa dell'Occidente stesso dall'islamismo sulla via di sempre più ampie conquiste. Le crociate fallirono quanto al loro scopo originario, cioè la liberazione dei Luoghi Santi dai mussulmani. Restano tuttavia un fenomeno storico di grande rilevanza non solo religiosa, ma politica, economico-sociale, culturale. Politicamente, impegnarono i mussulmani contenendone e ritardandone l'avanzata in Europa, e ciò permise lo sviluppo degli Stati centro-occidentali.
1308 ........ I turchi prendono Efeso e l’isola di Chio.
1326 ........ I turchi conquistano Brussa.
1329 ........ I turchi prendono Nicea (Urchan).
1330 ........ I turchi sconfiggono i bulgari, a Velbuzhd.
1337 ........ I turchi conquistano Nicomedia e si installano sul Mar di Marmara.
1356 ........ I turchi prendono Gallipoli, sul Mar di Marmara.
1371 ........ I turchi sconfiggono i serbi sulla Martz.
1382 ........ I turchi occupano Sofia.
1386 ........ I turchi occupano Nis, in Macedonia.
1423 ........ I turchi prendono il Peloponneso e la Morea.
1425 ........ Abbandono dell’isola di Montecristo a causa delle continue incursioni saracene.
1430 ........ I turchi prendono Tessalonica, la Macedonia, l’Epiro e la città di Giannina.
1453 ........ Maometto II prende Costantinopoli.
1455 ........ I turchi prendono Focea, Tasso e Imbro, nell’Egeo.
1458 ........ Maometto II conquista tutte le terre cristiane in Grecia, tranne le colonie veneziane. Dopo due anni di assedio, cade l’Acropoli di Atene.
1459 ........ La Serbia diventa provincia ottomana.
1460 ........ I turchi occupano tutto il Peloponneso.
1461 ........ Cade anche Trebisonda, ultimo Stato bizantino. I turchi occupano la colonia genovese di Salmastro.
1462 ........ Maometto II occupa la Valacchia. Prende Mitilene ai genovesi.
1465 ........ Costantinopoli diventa la capitale dell'impero ottomano. La cattedrale di Santa Sofia viene trasformata in moschea.
1470 ........ I turchi occupano la veneziana Negroponte.
1471 ........ Scorrerie ottomane in Carniola, in Istria, nel Monfalconese e nel Triestino.
1472 ........ Scorrerie ottomane in Croazia.
1473 ........ Scorrerie ottomane in Carniola e Carinzia.
1474 ........ Scorrerie ottomane in Croazia e Slavonia.
1475 ........ Incursioni turche in Stiria inferiore e Carniola. I turchi prendono Kaffa e tutta la Crimea ai Genovesi.
1476 ........ Incursioni turche in Carniola, Stiria, e in Istria, fino a Gorizia e Trieste.
1477 ........ Incursione in Friuli.
1478 ........ Scorreria in Carniola, Istria e Dalmazia.
1480-1481 ........ I turchi conquistano Otranto e ne massacrano la popolazione compiendo un'orribile strage.
1482 ........ Incursione ottomana in Istria e Carniola.
1483 ........ Incursione in Carniola. Annessione turca dell’Erzegovina.
1484 ........ Conquista turca dei porti sulla Moldava.
1493 ........ Scorrerie in Istria, Carniola e Carinzia.
1498-1499 ........ Scorrerie ottomane in Carniola, Istria e Carinzia.
1499 ........ Grande scorreria turca in Friuli, fino ai confini della Marca Trevigiana.
1511 ........ I turchi conquistano la Moldavia.
1516 ........ Saccheggio di Lavinio, sul litorale romano.
1521 ........ Suleiman II prende Belgrado.
1522 ........ I turchi prendono Rodi ai Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme, che si trasferiscono a Malta, assumendo il nome di "Cavalieri di Malta".
1526 ........ Suleiman II sconfigge gli ungheresi a Mohàcs.
1528 ........ I turchi assoggettano il Montenegro.
1529 ........ Suleiman II intraprende il primo assedio di Vienna. Occupa la Georgia e l’Armenia.
1531 ........ Khaireddin saccheggia le coste dell’Andalusia.
1543 ........ Suleiman II conquista gran parte dell’Ungheria.
1551 ........ Dragut saccheggia Augusta, in Sicilia.
1554 ........ Dragut saccheggia Vieste.
1555 ........ Dragut assale Paola, in Calabria.
1556 ........ Ivan IV conquista Astrachan.
1558 ........ Dragut saccheggia Sorrento e Massa Lubrense.
1566 ........ Una flotta turca entra in Adriatico e bombarda Ortona e Vasto. I turchi prendono Chio ai genovesi.
1571 ........ Il 6 agosto, i turchi prendono Famagosta, ultimo caposaldo veneziano di Cipro. Il 7 ottobre, la flotta turca, guidata da Selim II, è sconfitta, a Lepanto, da quella cristiana.
1575-1600 ........ I pirati moreschi attaccano sistematicamente le coste della Catalogna, dell’Andalusia, della Linguadoca, della Provenza, della Sicilia e della Sardegna.
1582 ........ Saccheggio di Villanova-Monteleone in Sardegna.
1587 ........ Gli arabi attaccano Porto Vecchio, in Corsica.
1588 ........ Hassan Aghà saccheggia il litorale laziale e Pratica di Mare.
1591 ........ Il Pascià di Bosnia invade la Croazia austriaca.
1618-1672 ........ Gli arabi attaccano sistematicamente le coste siciliane.
1623 ........ Gli arabi saccheggiano Sperlonga.
1636 ........ Gli arabi occupano Solanto.
1647 ........ Gli arabi saccheggiano parte della Costa Azzurra.
1672 ........ I turchi attaccano la Polonia e conquistano la fortezza di Kamenez. Con il Trattato di Bucracz ottengono la Podolia.
1680 ........ I turchi saccheggiano Trani e Lecce.
1683 ........ I turchi assediano Vienna dal 14 luglio. L’imperatore Leopoldo I si allea con Giovanni Sobieski, re di Polonia. Vienna è liberata dall’esercito austro-polacco del duca Carlo Leopoldo V di Lorena, con la battaglia di Kalhenberg, del 12 settembre.
1703 ........ Ahmed III fa guerra a Pietro I e lo sconfigge sul Prut.
1708 ........ Algeri riprende Orano agli spagnoli.
1714 ........ I turchi saccheggiano la zona di Lecce.
1727 ........ I mussulmani saccheggiano San Felice al Circeo.
1741 ........ I Bey di Tunisi cacciano i genovesi dall’isola di Tabarca.
1754 ........ Saccheggio arabo di Montalto di Castro.
1780 ........ I mussulmani saccheggiano Castro, in Puglia.
1799 ........ Dopo la partenza di Napoleone, i turchi riprendono l’Egitto.
1915-1916 ........ Genocidio degli armeni da parte dei turchi.
1920-1922 ........ I turchi respingono il Trattato di Sèvres e cacciano i greci dall’Anatolia. 1923 ........ Con la Pace di Losanna, la Turchia si riprende la costa dell’Anatolia. È una vera pulizia etnica con la deportazione di intere popolazioni.
1928 ........ Hassan al-Banna fonda l’Associazione dei "Fratelli mussulmani".
1944 ........ Fondazione della "Lega degli Stati arabi" (Lega Araba dal 1945).
1948 ........ Proclamazione dello Stato di Israele.
1965 ........ Inizio di forti migrazioni maghrebine e turche nell’Europa occidentale.
1968 ........ Inizio del terrorismo di Al Fatah.
1974 ........ I turchi occupano la parte settentrionale di Cipro. Massacri effettuati dai Palestinesi in Alta Galilea.
1975 ........ Inizio dello sterminio dei cristiani maroniti del Libano.
1979 ........ Rivoluzione islamica dell’Ayatollah Khomeini, in Iran. Per anni rimase esiliato e al sicuro in Francia.
1980 ........ Aumento degli attentati islamici nel mondo. Primi disordini nei quartieri islamici in Europa.
1981 ........ Un terrorista turco attenta alla vita di papa Giovanni Paolo II (13 maggio).
1990 ........ Occupazione siriana del Libano. Il generale Michel Aoun si oppone tenacemente all’inglobamento del Libano nella "grande Siria". La debole politica occidentale lo porterà a cedere.
1991 ........ Inizio delle guerre nel Caucaso. Rivolte in Cecenia.
1991 ........ Inizio degli sbarchi clandestini di massa in Italia.
1992 ........ Formazione di uno stato islamico in Bosnia.
1993 ........ Primo attentato al "World Trade Center" di New York.
1996 ........ Numerosi attentati di Hamas, in Israele. Attentati anti-americani, in Arabia Saudita. I talebani prendono il potere in Afghanistan grazie all'appoggio politico-militare americano. 1998 ........ Rivolta anti-serba nel Kosovo. La Serbia, intervenuta in Kosovo, verrà successivamente attaccata da una coalizione occidentale, soprattutto dietro pressione degli USA. Si delinea più che mai l'assenza di una vera politica europea.
2001 ........ L’undici settembre il "World Trade Center" di New York viene completamente distrutto da una serie di attentati che appaiono sempre più controversi.
2003 ........ Operazione "Enduring Freedom". Guerre in Afghanistan e in Iraq. La dittatura di Saddam Hussein viene abbattuta. Strage contro gli italiani a Nassiriya, in Iraq (12 novembre).
2004 ........ Numerosi attentati in Iraq. Stragi a Madrid (11 marzo) con 190 morti, e a Beslan (3 settembre): oltre 300 le vittime, per lo più bambini, vilmente assassinati in Ossezia del Nord. Strage di Taba, in Egitto (8 ottobre). Numerosi altri attentati in tutto il mondo.
2005 ........ Numerosi Attentati in Iraq. Strage nella metropolitana e negli autobus londinesi (7 luglio): oltre cinquanta morti e centinaia di feriti. L'attentato avviene in contemporanea con l'assemblea del G8 in Scozia. Il 23 luglio seguono gli attentati di Sharm El-Sheik con oltre 60 morti e decine di feriti.
Attentato a Bali (Indonesia) il 1° ottobre (23 morti e 150 feriti). Dal 27 ottobre al 16 novembre: violenze e rivolte delle comunità immigrate nelle periferie di Parigi e di altre città.
L'8 novembre il governo impone misure d'emergenza, tra cui il coprifuoco. Due le vittime, circa 4.500 arrestati, oltre 10.000 le auto incendiate, distrutti 200 edifici pubblici. Il 9 novembre ad Amman (Giordania) tre attentati suicidi in tre alberghi frequentati da turisti provocano 60 morti e oltre 90 feriti.
Il 10 novembre Al Qaeda rivendica la paternità degli attentati.
ecc ecc
Sperare che questo lungo elenco si fermi è semplicemente irrealistico, semmai può solo peggiorare, visto che gli islamici stanno insistentemente cercando di ottenere il controllo di armi di distruzione di massa da usare oviamente contro di noi.
Invece di parlare di razzismo, xenofobia, discriminazione, noi faremmo bene a pensare alla nostra pelle e a quella dei nostri familiari e concittadini.

domenica 21 giugno 2009

Gli antidemocratici muovono un'altra volta i carri armati in toga

Gli antidemocratici muovono un'altra volta i carri armati in toga
di Maria Giovanna Maglie
Non ci cascate più, che siate elettori del centrodestra o del centrosinistra, anzi se siete di centrosinistra, non fatevi mortificare nella vostra libera scelta politica da questi patetici tentativi di golpe riciclato. Riflettete che l'opposizione al governo non solo commette l'errore tremendo di non riconoscere il voto della maggioranza dei cittadini, fa di peggio, pur di attaccare, colpire, ammazzare il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, se ne infischia della situazione del Paese. Non sono democratici, tutto qui. Di voi, della crisi economica, della necessità di un governo autorevole che governi l'emergenza, che è poi un’emergenza mondiale, delle richieste che anche ieri ha autorevolmente e giustificatamente avanzato il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, non gli importa.Questo film l'ho già visto, correva l'anno 1993, il pentapartito aveva il cinquantatré virgola due per cento, lavoravo alla Rai, ero la prima corrispondente donna, a New York dopo otto mesi di fatiche, rischi, super lavoro, tra Bagdad, Amman, Gerusalemme. Ero popolare e apprezzata, lavoravo duro. Da un giorno all'altro diventai ladra, imbrogliona, ambasciatrice di Bettino Craxi e perciò stesso non credibile e criminale; certi servi, come l'allora direttore del tg2, Alberto La Volpe, si liberarono di frustrazioni ataviche, un delizioso killer come Pierluigi Celli, lo dico perché lui per primo lo ha scritto, dichiarato, ammesso, mi fecero fuori con tali argomenti infami e tali accuse pretestuose, eppure rimbalzanti su qualunque quotidiano moltiplicate per cento anche rispetto alla bugia iniziale, che cedetti e me ne andai. Peggio per me, me l'avevano mandato per tempo a dire di fare il Giuda e salvarmi la pelle. Quando sei mesi dopo finì con un'archiviazione, gli stessi giornali che mi avevano concesso l'onore ripetuto della prima pagina, scelsero un trafiletto a fine giornale. Avevano allora deciso di scoprire che i partiti si finanziavano illecitamente, in realtà il finanziamento illecito alla politica era sempre esistito. Il Partito comunista, poi ribattezzato, i soldi li prendeva dall'Unione Sovietica, oltre che dalle tangenti nostrane della Coop, ma questo alle Procure di rosso togate (che errore fu lasciare ai comunisti reclutati i concorsi in magistratura per un paio di decenni) non sembrò rilevante. Gli Stati Uniti ambivano ai mercati dell'Est post comunista, c'era anche un oscuro magistrato che aveva frequentato molto, e molto si era accreditato, o provato a farlo, tale Antonio Di Pietro. Cito questo modesto ricordo personale solo per spiegare che di complotti e complottini siamo in molti a ricordare la storia, non perché mi voglia ergere a protagonista, ho sempre pensato che mi fosse caduta addosso solo una tegola del tetto della prima Repubblica, niente di più, ho sempre coltivato per qualche minuto al giorno il perseguimento della vendetta, ho sempre tenuto nel mio cuore l'apprezzamento, e il dolore per la fine di Bettino Craxi. Massimo D'Alema è uno dei suoi assassini. Forse con lui hanno ammazzato anche se stessi, le loro possibilità di farsi socialdemocratici, riformisti, blairisti prima di Tony Blair, ma non lo hanno mai capito. Tanto è vero che ci riprovarono nel 1994, dopo che il Cav ci aveva salvato, e da allora non hanno mai smesso, oggi stanno sparando a raffica, uno sparo per ogni voto perso. Non importa che Silvio Berlusconi abbia il partito più grande della storia d'Italia. Non contano le regole democratiche, pensateci bene. Oggi ripartono da Bari, anzi dall'intera Puglia. Leggete la storia con tutti i suoi dettagli che vi racconta Gianmarco Chiocci, controllate e paragonate i nomi dei magistrati, a partire proprio da Michele Emiliano, sindaco di Bari e segretario regionale del Pd, dalle sue indagini sulla missione Arcobaleno, una roba scottante per Massimo D'Alema. Finì in niente, lui però diventò sindaco. Io non so se il presidente del Consiglio inviti nelle sue dimore o barche, tutte guadagnate con le sue attività imprenditoriali, troppe ragazze, forse ha questo debole, condiviso con molti maschi italiani. Il mio giudizio morale non riveste valore politico. Voglio però sapere se questa debolezza ha qualcosa a che vedere con il governo del Paese.
Se, come me, credete che non debba essere così, fatelo capire al senza macchia, o no, Massimo D'Alema.
http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=360074]

giovedì 18 giugno 2009

La lettera di Deborah Bergamini

Il Cavaliere, moderno Catilina e le persecuzioni dei riformatori
Deborah Bergamini
Caro direttore, salvare Catilina, salvare la Repubblica.
Roma, I secolo A. C.: Lucio Sergio Catilina è un patrizio romano, uomo coraggioso e di parola. In breve tempo percorre con inaspettato successo tutta la carriera politica, coltivando idee di giustizia sociale e libertà. Per tre volte tenta di raggiungere la carica di console, massima autorità repubblicana, spinto da un consenso popolare straordinario frutto di posizioni anticonformiste, progetti di riforma e profondo senso della Patria.
Per tre volte i poteri forti del tempo utilizzano tutti i mezzi, leciti ed illeciti, per combatterlo e sconfiggerlo. Nella Roma del 50 a.C. esisteva una norma molto lontana dall'attuale concezione del diritto, che alcune moderne marionette del giustizialismo italico vorrebbero applicare anche alla nostra democrazia: ai cittadini romani anche solo inquisiti veniva impedito l'accesso ad ogni carica pubblica. Ed è sulla base di questa norma che Lucio Sergio Catilina viene per due volte accusato di nefandezze a pochi giorni dalle elezioni, interdetto e poi assolto dopo il voto.
Ma a chi vede in Catilina e nel suo partito un pericolo troppo grande per i propri interessi, l'esclusione anche solo temporanea del «rivoluzionario conservatore» non può bastare: occorre distruggerne il consenso per intero.
Il compito viene affidato al più famoso e abile avvocato del tempo, Marco Tullio Cicerone, alla sua spregiudicatezza e alla sua straordinaria capacità di falsificare i fatti. Cicerone trasforma Catilina in un hostis, un nemico della Patria, servendosi dei più efficaci strumenti dell'epoca: dalle accuse basate su lettere anonime, ai brogli elettorali, ai discorsi retorici tesi a costruire l'immagine più degenerata del suo avversario, fino alle palesi violazioni della legge romana. Tra le accuse più infamanti, Cicerone imputa a Catilina di aver corrotto una giovane vestale, vergine e consacrata alla dea del focolare.
Ci spostiamo di oltre 2000 anni.
Al famoso avvocato pensano di sostituirsi procure politicizzate e redazioni di giornali.
Al posto delle orazioni di Cicerone, si ascoltano i teoremi mediatici e giudiziari, si assiste all'uso spesso indecente di foto, video e intercettazioni. La tentazione è sempre la stessa: demonizzare il «rivoluzionario conservatore» di oggi.
Gli optimates di ieri che armarono le azioni di Cicerone erano i rappresentanti di una classe senatoriale gelosa custode di privilegi politici ed economici; gli optimates che violentano le regole di oggi sono potentati senza patria, politici mediocri e polverosi intellettuali. Il potere non accetta gli imprevisti e spesso i grandi riformatori, gli uomini in grado di cambiare la storia, si presentano all'appuntamento senza bussare. Questo li rende inaccettabili.
Ma la storia maledice il suo ritorno. Il suo tragico fugge davanti alla farsa in cui si trasforma. E così accade che oggi, per distruggere l'uomo che sta cambiando l'Italia, si è persino disposti a distruggere l'Italia stessa. Minando la fiducia nelle istituzioni che quell'uomo rappresenta, il valore di una democrazia fondata sul consenso popolare, l'immagine di una nazione all'estero e la percezione che il Paese ha di se stesso. Si è disposti a far precipitare la dignità nazionale dentro il buco di una serratura. Un'opera di demolizione che non dovrebbe giovare a nessuno. O forse sì. Quando l'avversario politico viene trasformato per forza in un nemico della patria, quando diviene normale distruggerne il nome, la famiglia, gli amici, i collaboratori, la vita stessa, quando trionfano coloro che accusano per mestiere, con illazioni e teoremi, dietro il velo di un'informazione che è spesso solo fango, allora il diritto scompare, le Repubbliche cadono, le libertà civili si spezzano e i Cesari, quelli veri, arrivano di lì a poco.
Deborah Bergamini
18 giugno 2009
http://www.corriere.it/politica/09_giugno_18/Bergamini_berlusconi_catilina_8a220fa4-5bc8-11de-b8d9-00144f02aabc.shtml

Poteri forti


IL TIMES E BERLUSCONI: MACCHE’ NOEMI
Postato il Mercoledì, 17 giugno @ 05:36:49 CDT di davide

DI PAOLO BARNARDpaolobarnard.infoChe il Times di Londra arrivi a scrivere un editoriale dove chiama il capo di governo di un Paese europeo “clown” e “buffone sciovinista”, e ciò solo per motivi di indignazione politica, lo lascio credere ai giornalisti, ma noi persone raziocinanti dobbiamo andare oltre. Un quotidiano della portata del Times, storico bastione del conservatorismo mondiale, voce internazionale dei Consigli di Amministrazione più potenti del pianeta, non si muove così violentemente per così poco (Noemi e festini), né è pensabile che abbiano scoperto solo oggi che Silvio Berlusconi alla guida del G8 è come un orango alla guida di un pullman. La scusante ufficiale per quell’editoriale di fuoco ai danni del Cavaliere è un insulto all'intelligenza. Rattrista, ma non stupisce, che in Italia nessuno dei paludati opinionisti pro o anti ci stia pensando.Il motivo è altro, non v’è dubbio, ed è assai più importante. Per farvi capire, cito la caduta dal potere del dittatore indonesiano Suharto nel 1998. Uno dei peggiori assassini di massa del XX secolo, nulla da invidiare a Hitler per numero di morti, era il cocco di mamma degli USA e della Gran Bretagna, media inclusi, che lo adoravano perché obbediva puntigliosamente a ogni diktat dell’establishment economico neoliberale d’Occidente e soddisfaceva ogni sua voracità di profitto, naturalmente a scapito dell’esistenza di milioni di disgraziati suoi connazionali. Nel 1997 Suharto fece l’errore delle sua vita: disobbedì al Tesoro americano (leggi Fondo Monetario Internazionale), una sola volta. L’allora Segretario di Stato di Clinton, Madeleine Albright, gli disse due parole secche. Fine di Suharto.Torno in Italia. Io sono convinto che lo stesso meccanismo sia in opera col nostro capo di governo. Deve aver fatto qualcosa di non gradito a chi oltrefrontiera aveva scommesso su di lui. Forse non gli sta obbedendo, da troppo tempo, e la corda si è spezzata, dunque l’attacco del Times. C’è un’ipotesi ragionata (e qui documentata) che vale la pena considerare e ve la propongo come riflessione. Naturalmente, seguendo lo schema Suharto, per l’establishment degli investitori internazionali non è altrettanto facile sbarazzarsi di Berlusconi. Un dittatore al tuo soldo lo sciacqui giù dal lavandino con relativa semplicità, basta chiudere i rubinetti che lo foraggiano. Per un leader democraticamente eletto le cose sono molto più complesse. Di mezzo c’è la sua gente (noi) che ahimè lo vota, e continua a votarlo. In quei casi la strategia è altra, e nel mondo anglosassone si chiama ‘character assassination’. Lo si dipinge sui maggiori media compiacenti come uno scandaloso incapace, si fanno cordate con alcuni media dell’opposizione interna, e si spera che in tal modo egli ne riceva un danno elettorale. Ma soprattutto gli si manda un messaggio, chissà mai che non si ravveda. Purtroppo per i manovratori, in questo caso hanno a che fare con gli italiani, e questo non l’avevano previsto. Ma continuiamo. Berlusconi entrò sulla scena politica come il tipico Liberista economico (Liberal Economics), colui cioè che invoca privatizzazioni a raffica, tagli fiscali ai ricchi, botte ai sindacati, flessibilità ultras per i lavoratori, riduzione del ruolo del governo, deregulation selvaggia, socializzazione delle perdite e privatizzazione dei profitti. Nelle Corporate Boards della City di Londra come a Bruxelles fu un giubilo unico. Era il 1994, Tangentopoli aveva appena eliminato quella fastidiosa classe politica così statalista, popolana, centralista, che non piaceva affatto alla classe dei neoliberisti rampanti di Londra e Washington. L’ipotesi che Tangentopoli sia stata teleguidata dall’esterno proprio per far strada alla Liberal Economics sul modello Thatcher/Reagan, non è cospirazionismo da Internet; ne discussi molto seriamente una sera con l’ex magistrato del pool Gherardo Colombo, che già ne sapeva qualcosa. Torniamo al ’94. Dopo pochi mesi fu chiaro che l’uomo di Arcore era tutto meno che un purista del mercato. Prima cosa, nella sua compagine di governo troneggiavano (ancora oggi) partiti simil-nazionalisti con legami molto radicati con le classi medio-basse, e avversi al concetto di leadership finanziaria sovranazionale incontrastata. Secondo, e ancor più cruciale, Berlusconi non dava segno di voler trasformare la ricca Italia in una trincea del capitalismo speculativo d’assalto, col minor numero di regole possibili, e paradiso degli investitori selvaggi. E mai lo ha fatto. L’Italia dei tre mandati del Cavaliere rimane ancora oggi un Paese tradizionalista nel Capitale, nelle banche, zeppo di zavorre statali, poco profittevole (questo fra parentesi ci ha salvato dal crack finanziario USA, ma agli investitori frega nulla di noi cittadini e dei nostri risparmi, nda). L’ipotesi è dunque che nella stanza dei bottoni i famelici Padroni del Vapore si siano spazientiti dopo anni di frustrazione dei loro piani per l'Italia, ergo l’attacco del Times. Vediamo i fatti.Siamo nel 2004, la prestigiosa e influente fondazione di destra neoliberale Stockholm Network di Londra pubblica un rapporto dove si legge “Alberto Mingardi e Carlo Stagnaro (due teorici ultra Liberisti italiani, nda) sono delusi dalla differenza fra la retorica del Libero Mercato di Silvio Berlusconi e la sua reale capacità di fornire le tangibili riforme dell’ostinata burocrazia statale italiana” (1). Parole che trovano eco su decine di pubblicazioni della destra economica europea, sigle troppo oscure per questo contesto, ma tutte improntate a un senso di delusione verso le politiche economiche di Silvio. Passano due anni e il noto Economist (che non è quel bastione di progressismo che alcuni sciocchi qui pensano, nda) scrive: “L’Italia necessita urgentemente di riforme radicali, ma la coalizione di Berlusconi, che in teoria doveva essere dedita al Liberismo economico, ha fatto quasi nulla nei suoi 5 anni al governo” (2). Da notare che siamo nel 2006, a poco dall’avvento del governo Prodi, che riceverà in quegli anni il plauso di una ridda di fanatici del Libero Mercato, come il Fondo Monetario Internazionale, e il motivo c’è: Prodi alla Commissione Europea fu uno dei falchi del Liberismo economico, e nella stanza dei bottoni sapevano bene a quel punto che per ottenere le radicali riforme del lavoro e della finanza, in Italia era sui dalemiani che bisognava puntare, visti i tentennamenti di Silvio. Dopo pochi giorni esce il tedesco Der Spiegel: “L’amministrazione Berlusconi non ha mai mantenuto le promesse di taglio alle tasse, ulteriori privatizzazioni, e riforme strutturali necessarie per aumentare la competitività e privare le burocrazie del potere”. (3)Dopo pochissimo dall’elezione di Prodi, l’università di Harvard negli USA indice un seminario ultra neoliberal sull’economia italiana, presente anche Gianfranco Pasquino (ops!). Nella pubblicazione degli atti si leggono le parole di Alberto Alesina, professore ‘Nathaniel Ropes’ di politica economica nel prestigioso ateneo, che dopo aver ricordato i compiti futuri del bravo Prodi, dice: “L’Italia ha problemi gravissimi, ha bisogno di una iniezione di libero mercato con riforme economiche neoliberali… fra cui ridurre le tasse, tagli all’impiego pubblico e alle pensioni, rafforzare il settore dei servizi, e rendere più facili i licenziamenti”. (4) Cioè una pessima pagella, a suo dire, dei precedenti anni di Berlusconi, che anche l’Economist continuava a definire “assai scarsi di riforme delle insostenibili pensioni e dell’inflessibile (sic) mercato del lavoro”, da parte di un leader “mai veramente interessato alle riforme” (5). Il fuoco di sbarramento contro il ‘disobbediente’ Cavaliere è a questo punto massiccio. Le bordate arrivano anche dagli USA, e proprio guarda caso allo scadere del breve mandato Prodi. Il Wall Street Journal, voce dei falchi fra i falchi della finanza di destra, scrive a pochi giorni dalle elezioni del 2008 che “Berlusconi ci ha deluso in economia durante il suo ultimo mandato”. La vicenda Alitalia sta infuriando, cioè, sta infuriando gli investitori esteri assetati di affari sul cadavere della nostra linea aerea, mentre Berlusconi osa ipotizzare una cordata italiana per il salvataggio. Scrive il WSJ: “Berlusconi la scorsa settimana se n’è uscito contro la vendita di Alitalia, e questo è un segnale di mancanza di dedizione alle riforme”…. “Air France-KLM volevano garanzie che i sindacati e i politici non bloccassero le dolorose ristrutturazioni (per i lavoratori, nda)” E dopo due righe di plauso per il compiacente Veltroni, il quotidiano dà l’affondo: “Berlusconi aveva promesso tagli alle tasse, riforme del mercato del lavoro e liberalizzazioni, ma ha fallito in tutto… Egli si è rivelato più un nemico corporativo del Libero Mercato che un Liberista economico disposto a fare ciò che è necessario” (6)Alitalia non va giù agli investitori internazionali, e infatti non poteva mancare la regina dei loro quotidiani, il Financial Times, che tenta nel settembre del 2008 di mandare un richiamo all’insubordinato Cavaliere, suggerendogli di “… seguire l’esempio della Thatcher, e di sfidare i sindacati a scoprire le carte, così da far scoppiare l’ascesso (sic) di 30 anni di relazioni sindacali italiane irresponsabili e dannose” (7). E ancora: “Nonostante la sua immagine da imprenditore neoliberale, Berlusconi, dicono i critici, si trova a suo agio a fare il dirigista statale, con l’Alitalia in primis. La compagnia viene consegnata a un gruppo italiano e sottratta ai compratori stranieri” (8) E che il Financial Times avesse anch’egli dichiarato una guerra permanente a Berlusconi, anche se con metodi decisamente più ortodossi di quelli del Times, lo dimostra quanto ha scritto poche settimane fa, con toni sprezzanti: “Il suo primo governo nel 1994 non ha combinato nulla. I suoi cinque anni al potere dal 2001 al 2006 sono stati noti per aver fallito di nuovo nell’introdurre in Italia le riforme Liberiste così essenziali al Paese per essere competitivo nell’eurozona” (9).Ricordo a questo punto, per chi si fosse perso, che questo coro martellante che pronuncia sempre le parole magiche ‘riforme’ e ‘Liberismo’, altro non chiede se non la solita ricetta precedentemente descritta: privatizzazioni a raffica, tagli fiscali ai ricchi, botte ai sindacati, flessibilità ultras per i lavoratori, riduzione del ruolo del governo, deregulation selvaggia, socializzazione delle perdite e privatizzazione dei profitti (come peraltro leggibile nelle dichiarazioni riportate). La ricetta, cioè, che di noi persone e del nostro sangue versato se ne fotte, e che pretende solo una cosa: Unlimited Corporate Profits. Ne è un esempio brillante una delle raccomandazioni del Fondo Monetario Internazionale (leggi il Tesoro USA) fatte all’Italia allo scadere del 2008, altro rimbrotto al Cavaliere. E’ profferta con un linguaggio omeopatico, ma la si può leggere fra le righe: “Gli autori apprezzano in Italia gli sforzi per diminuire la disoccupazione (nota dell’autore: si preoccupano dei nostri senza lavoro?). Gli autori incoraggiano una seconda tornata di riforme del mercato del lavoro, per rafforzare il legame fra redditi e produttività (nda: vale a dire il valore e la qualità di vita della persona misurato unicamente in termini di contributo al profitto altrui). Gli stipendi devono adeguarsi alle differenze regionali (nda: gabbie salariali, su cui il FMI insiste da tempo), il lavoro a tempo indeterminato deve essere più flessibile (nda: già praticamente non più in offerta, qui si chiede che sostanzialmente scompaia), in tandem con una rete di ammortizzatori sociali maggiorati (nda: ci risiamo, socializzare i danni e privatizzare i profitti, cioè lo Stato paga per la disperazione dei lavoratori, le aziende licenziano e si ri-quotano in borsa).” (10) Questa abiezione sociale è ciò che realmente si cela dietro alla parola ‘riformismo’ (Rutelli, Prodi e D’Alema + seguaci prendano nota).Ma torniamo a Silvio Berlusconi. L’ultimo avvertimento gli giunge proprio dal Times il 7 maggio 2009, e in toni inequivocabili: “Nei suoi due maggiori mandati Berlusconi ha fallito nelle riforme così disperatamente urgenti in Italia… La UE e l’OECD continuamente rivelano l’eccessiva regolamentazione del business (in Italia, nda)… I lavoratori statali rimangono protetti… e le sue sbandierate riforme del sistema pensionistico sono state minimali… le tasse rimangono alte, e la resistenza del suo governo a tagliare la spesa pubblica è enorme” (11).v Tre settimane dopo, il possente quotidiano britannico perderà di colpo la sua celebrata compostezza dopo 224 anni, e dalle sue pagine partirà un attacco sgangherato e volgare a Silvio Berlusconi. Vi si leggerà che è “un clown”, “un buffone sciovinista”, un playboy patetico, la cui performance con le signorine e nei confronti degli italiani curiosi della vicenda Noemi è inaccettabile, per il bene della democrazia e del mondo intero. Certo, come no.E così, di nuovo, l’Italia antagonista di sinistra si è fatta infinocchiare degli isterismi dei D’Avanzo, Travaglio e Santoro, Grillo e compagnia, ha di nuovo eletto a suo paladino l’ennesimo baraccone di destra neoliberale (dopo Freedom House), e insiste nell’ignorare che ciò che gli sta corrompendo la vita non è il lodo Alfano, o Emilio Fede, né il burattino Berlusconi, ma sua maestà Il Burattinaio, leggi Liberal Economics and Corporate Power. Eppure Clinton ce l’aveva detto: “It’s the economy, stupid”.Nota a margine per l’Egregio direttore del Times:“Sir, non mi risulta che negli anni cha vanno dal 1997 al 2007 il Suo giornale abbia mai usato termini così aggressivi per Mr Tony Blair, PM, mentre si rendeva corresponsabile di crimini contro l’umanità (Turchia, Timor, Ex Yugoslavia, Iraq, Palestina, Afghanistan…) e di alto tradimento della patria mandando a morire truppe britanniche su basi mendaci, oltre ad aver ridotto le classi disagiate della Gran Bretagna a livelli di povertà “pre-Vittoriana” (The Guardian), tanto che l’organizzazione Medecins du Monde ha dovuto aprire delle tende-cliniche di strada in diverse periferie urbane britanniche. Gradirei una spiegazione, Sincerely Yours, Paolo Barnard"Paolo BarnardFonte: www.paolobarnard.infoLink: http://www.paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=11617.06.2009
Note:1) Stockholm Network, THE STATE OF THE UNION: MARKET-ORIENTED REFORM IN THE EU IN 2004
2) The Economist 7/01/2006
3) Der Spiegel 30/01/2006
4) April 20, 2006, Harvard Gazette
5) The Economist, Apr 3rd 2008
6) WSJ MARCH 25, 2008
7) Financial Times, Sep 22 2008
8) FT, October 18 2008
9) FT, May 28 2009
10) INTERNATIONAL MONETARY FUND ITALY: Staff Report for the 2008 Article IV Consultation. Prepared by Staff Representatives for the 2008 Consultation with Italy. January 7, 2009
11) The Times, 07 May 2009
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=6012

mercoledì 17 giugno 2009

Giustizia

Grazie ad Amanda il mondo sa che la giustizia da noi fa pena
Nicholas Farrell
Pubblicato il giorno: 14/06/09
Le accuse degli Usa al pm
Certo che mi tocco i marroni, ma se non sbaglio vedo una piccola luce in fondo al tunnel. Forse, la stampa estera si sta rendendo conto di una verità: un giudice italiano non è necessariamente un giudice normale, anzi.Per far capire questo ai giornalisti stranieri ci voleva il caso di Amanda Knox, la studentessa americana accusata col suo ex, Raffaele Sollecito, dell'omicidio di Meredith Kercher. Hanno chiesto i miei colleghi: ma le prove contro questa ragazza, dove sono? Hanno concluso: le prove sono poche, e non ci convincono. Poi si sono chiesti: allora, come mai, nonostante la mancanza di prove convincenti, Amanda è in galera da 18 mesi? Nel caso di Silvio Berlusconi, d'altronde, non si sono comportati così. Da 15 anni il Cavaliere è stato la vittima di un'incontinenza giudiziaria a livelli industriali, ma nel suo caso i giornalisti stranieri hanno creduto, da brave pecore, ai giudici. Hanno deciso: non c'è fumo senza carne e dunque Berlusconi è non solo "inadatto" (parola di The Economist) e "Triste Bavoso" (parola di The Observer) e "Clown" pericoloso (parola di The Times), ma da galera. Ora, grazie al processo Knox, sono stati costretti a fare una riflessione sul sistema giudiziario italiano. A esempio un articolo recente, apparso sul New York Times, scritto da Timothy Egan, premio Pulitzer 2001, è intitolato "Un'innocente all'estero". Egan, che ha vissuto in Italia, è convinto: qualsiasi giuria normale avrebbe già bocciato l'accusa contro la Knox perché «strapiena di buchi» e «deficienze». Per lui l'assassino è Rudy Guede, il vagabondo africano condannato in un processo separato a 30 anni. Scrive: «Subito dopo il delitto è scappato in Germania. Le sue impronte e il suo Dna sono stati trovati nella camera della Kercher e sul suo corpo... Lì doveva finire tutto». Contro Knox e Sollecito invece non ci sono prove. Spiega: «Ma se Knox e Sollecito avessero ucciso la Kercher, come mai non c'è traccia di loro sul corpo?». Ma dopo è stato trovato un coltello nell'appartamento di Sollecito col Dna della Knox sul manico e un Dna sulla lama che «forse» è quello della vittima. E poi il Dna di Sollecito sul reggiseno di Mez. Ma come?, dice Egan: «Hanno scoperto questo sei settimane dopo l'omicidio, è una prova sospetta, la scena del crimine è contaminata».Poi - ma guardate un po' - il giornalista americano ce l'ha col pm Giuliano Mignini! Perché? Perché ha minacciato l'autore americano Douglas Preston venuto in Italia per scrivere un libro sul caso del Mostro di Firenze, un caso riaperto da Mignini stesso. Preston è stato interrogato da Mignini a Firenze, all'improvviso per tre ore, come possibile colpevole! Le sue telefonate sono state intercettate e il pm voleva una confessione di spergiuro e ostacolo alla giustizia. Preston si è rifiutato. A quel punto Mignini gli dice: «Lascia l'Italia subito». Preston, spaventato, è tornato in America. Egan definisce Mignini «un potente pm sotto inchiesta per cattiva condotta professionale, che qualsiasi giuria avrebbe dovuto ricusare».Nel caso Knox, come in altri, si inquina qualsiasi processo qui in Italia perché tale processo si fa prima, durante e dopo tramite le tv e i giornali. In un paese anglosassone, invece, è tutto diverso. Per primo, non si può tenere in galera più di un paio di giorni una persona senza imputarla, e per imputarla le prove concrete ci vogliono. Secondo, non si può processare una persona in tv e sulla stampa prima del processo come succede sempre qui in Italia. Si può semplicemente raccontare il nome, l'età, l'indirizzo e il lavoro dell'imputato; e l'accusa nei suoi confronti. Per motivi ovvi. Se non si fa così c'è rischio d'inquinamento.Una parola su Berlusconi, detto da me Silvio il Magnifico, perché magnifico lo è. Il Cavaliere è stato martellato dai giudici da 15 anni, ma mai condannato. Prendiamo l'ultimo processo, quello di Mills. L'avvocato inglese è stato condannato a 4 anni e mezzo perché aveva, secondo il Tribunale, preso una tangente di 600mila dollari da Berlusconi. Ma anche qui, come nel caso Knox, non c'è una prova che collega Mills e quei 600 mila dollari a Berlusconi, salvo una nota scritta da Mills al suo commercialista poi negata.Bastava conoscere la provenienza di quel denaro per capire l'identità del mittente, no? Che ne so, una firma su un assegno, o il nome della banca che l'aveva spedito, o il nome del conto bancario rilevante, no? L'ha fatto il pm? No, per quanto mi risulta. Ma Mills è stato condannato lo stesso. Morale: potrebbe anche essere vero che Knox abbia ammazzato Mez e Berlusconi abbia corrotto Mills. Ma dove sono le prove convincenti? Non ci sono. E una magistratura degna di questo nome in loro assenza non si dovrebbe muovere. Punto.

La lettera al Capo dello Stato

Napolitano, occhio ai giudici
Il senatore a vita Francesco Cossiga scrive al presidente della Repubblica sui dimissionari del Consiglio Superiore della magistratura.
Signor Presidente,
mi permetto di indirizzarLe questa lettera per cercare, anche se certo Lei non ne ha assolutamente bisogno, di esporLe alcune mie considerazioni in merito alle dimissioni rassegnate da tre membri del Consiglio Superiore della Magistratura per protesta contro le dichiarazioni del Ministro della Giustizia che ha posto in luce come tutte le nomine da parte del Consiglio dei capi degli uffici di procura siano "lottizzate" tra le varie correnti presenti in questo organo.
I tre membri del Csm hanno addirittura affermato che l’on. Angelino Alfano li aveva accusati di aver commesso dei gravi reati! In base alla mia esperienza in materia istituzionale, vissuta sui libri, sulla mia attività parlamentare e di governo e sulla semplice lettura dei giornali (non faccio neanche accenno alla mia esperienza al Quirinale, disastrosa a giudizio di tutti e mio - per il Paese, e a mio avviso anche per me…) ritenevo che fosse chiaro che l’attribuzione di tutti gli incarichi di natura giudiziaria di competenza del Consiglio Superiore della Magistratura, e non solo quelli relativi agli uffici di pubblico ministero fossero assegnati, magari con riserva di "compensazione" nel turno successivo di nomine, in modo strettamente proporzionale alla forza delle correnti presenti nell’organo. Proprio per questo le sinistre - dopo che l’Assemblea Costituente aveva respinto la proposta avanzata dal Partito Comunista di far eleggere i giudici e i pubblici ministeri dal Popolo, come già avveniva in molti Cantoni della Confederazione Elvetica e Stati degli Stati Uniti d’America - si batterono per l’introduzione del sistema proporzionale per l’elezione dei membri togati del Consiglio Superiore.
E per quella che è la mia esperienza, certo non commendevole assolutamente come quella degli amici Scalfaro e Ciampi, anche in sede di Sezione per i Giudizi Disciplinari le condanne (rare….) e le assoluzioni (quasi di rito!) erano per così dire trattate fra le correnti. E così come è per tutti naturale che in sede di formazione degli organi direttivi del Parlamento (presidente, vice-presidente, questori e segretari) e per la formazione dei Governi, le direzioni dei Partiti prendano le relative decisioni vincolanti, così è noto che le analoghe decisioni assunte formalmente dal Consiglio Superiore, lo sono dietro le precedenti e vincolanti designazioni delle correnti politico-sindacali della magistratura associata; e poiché l’Associazione Nazionale Magistrati è egemonizzata dalla "magistratura militante" che la governa secondo i canoni del "centralismo democratico", alla "magistratura militante" è assicurata una certa egemonia. Dal che si può dedurre che, parlando in termini di "sociologia istituzionale" il Consiglio Superiore è una "struttura servente" dell’Associazione Nazionale Magistrati.
Sul piano della storia costituzionale si potrebbe dire che a ciò si è arrivati nella linea di un’evoluzione istituzionale costante, specie dopo che io, per fortuna del Paese, lasciai il Palazzo del Quirinale per andare a farmi giudicare dal tribunale dei ministri davanti ai quali fui chiamato a rispondere dei reati di formazione di banda armata e tentativo di sovvertire l'ordine costituzionale (reati dai quali fui assolto perché i membri del tribunale sentenziarono che ero stato ed ero un perfetto cretino che non aveva mai contatto nulla…). L’Associazione Nazionale Magistrati è riuscita per la debolezza della politica a far attribuire ai membri del Consiglio Superiore la prerogativa dell’insindacabilità: e a chi davanti alla Corte Costituzionale ha obiettato che si trattava di materia costituzionale, questo giudice politico ha risposto che il fatto che la stessa prerogativa fosse stata attribuita ai membri del Parlamento e della stessa Corte con norme costituzionali, non si opponeva che potessero essere attribuite anche con legge ordinaria, perché non si trattava altro che di deroghe alle norme sulla punibilità disciplinata dalle norme ordinarie contenute nei codici penale e di procedura penale.
Su questa linea il Consiglio Superiore si è auto attribuito competenze non previste da alcuna norma di costituzionale o anche solo ordinaria: quella di esprimere il proprio avviso su atti legislativi del Parlamento, quella di censurare con propri atti di controllo politico atti, comportamenti e indirizzi del Parlamento, del Governo e dei partiti quella di "aprire" e poi "decidere" "pratiche a tutela" di singoli magistrati che si sentano offesi da giudizi di politici e parlamentari anche espressi in sedi parlamentari e così via. Ma forse si stanno realizzando pure in Italia, con forza derogatoria anche rispetto alle norme costituzionali, quelle disposizioni di carattere non scritto ben note negli ordinamenti di "common law" e chiamate "convention", sulle quali ebbe a scrivere magistralmente quello che insieme a Blackstone è certamente il più grande costituzionalista anglosassone: Albert Venn Dicey, certo ben noto al suo figliolo ottimo giurista pubblicista. Sembra trattarsi ormai di un per così dire "trend" che riguarda anche le competenze di altri organi dello Stato: così un tempo era "proibito" ai presidenti di Senato e Camera dei Deputati lo svolgere politica attiva, prendere "parte" nei dibattiti parlamentari, esprimersi pubblicamente su materie all’ordine del giorno del Parlamento.
E per quanto riguarda l’ufficio cui tanto irresponsabilmente io fui chiamato nel 1985 e che tanto indegnamente ricoprii, era chiarissimo che l’unico potere del Capo dello Stato nei confronti del Parlamento, era quello di poter rinviare alle Camere una legge già approvata, e sempre con atto controfirmato dal Presidente del Consiglio, ma non di pronunciarsi su un provvedimento legislativo in corso di esame, o di parlare pubblicamente in materie politiche: economia, finanza, politica estera se il suo dire non fosse stato concordato preventivamente con il ministro competente. E io per averlo fatto mi beccai, e giustamente! una proposta di "impeachment" da parte del Partito Comunista. Ma i miei erano tempi diversi: tempi nei quali si era più vicini allo spirito della Assemblea Costituente e per quanto mi riguardava tempi nei quali chi mi aveva votato, dai comunisti ai democratico cristiani, se ne era pentito dopo pochi mesi.
Ma il "trend" ha investito anche istituzioni amministrative, come ad esempio quella militare, nella quale per via di una "convention" ormai affermatasi con l’assenso del Governo, il comando operativo delle Forze Armate è trasmigrato dal Capo di Stato Maggiore della Difesa al Consigliere Militare della Presidenza della Repubblica, sottratto al potere di comando politico del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro della Difesa; ma questo è un altro discorso.
Con deferenza
Francesco Cossiga
13/06/2009
http://iltempo.ilsole24ore.com/

martedì 16 giugno 2009

Gli antidemocratici

martedì 16 giugno 2009, 07:00
Il commento: Gli anti democratici
di Paolo Granzotto

Si potrebbe pensare che le «scosse» vaticinate da D’Alema siano una manifestazione d’impazienza della sinistra, poco disposta ad attendere il 2013 per prendersi la rivincita, riappropriarsi del potere - che logora chi non ce l’ha - e liquidare una volta per tutte Silvio Berlusconi. Ma non è così. I progressisti e in particolare D’Alema, che ne è l’esponente giudicato più agile di mente, su quello che riserverà loro il futuro non sono così ottimisti. La sinistra non è allo sbando solo in Italia, ma in tutt’Europa, investita da una crisi di identità dalla quale, per mancanza di strumenti ideologici e culturali appropriati, non sa come uscirne. E nulla lascia credere che le cose possano migliorare nel tempo. Quindi non di impazienza si tratta, ma di sconforto. Stato d’animo che può virare nella disperazione. In fondo, l’interpretazione autentica delle parole di D’Alema col richiamo alle «scosse», è quella che ne ha data la sua intervistatrice, Lucia Annunziata: «Io penso che Massimo, in fondo, abbia riassunto un pensiero abbastanza diffuso nel centrosinistra».

Il pensiero di una spallata risolutrice, da assestare ora o mai più, per liberare il campo da colui il quale è tuttora considerato un abusivo, un attore che calcando illegittimamente la scena politica da troppo tempo la toglie a quanti sono convinti d’averne, per diversità antropologica, per superiorità di ideali e di sogni, la privativa. La tentazione se non proprio l’intento sarebbe dunque quello di un colpo di mano col quale scavalcare le istituzioni, il Parlamento, la Presidenza della Repubblica, la legge stessa: una scossa, appunto, che consenta alla sinistra di conquistare Palazzo Chigi senza dover passare per la consultazione popolare, fonte di tanti, di troppi dispiaceri.
C’è un precedente, d’altronde. Finito in sorpresa, ma molto ben congegnato. Tangentopoli. Ovvio che qui non si mette in discussione l’assoluta autonomia di pensiero, azione e giudizio del pool di Mani pulite, il quale si mosse, chi non lo sa, esclusivamente a fine di giustizia. Ma intanto spazzò via dalla scena politica la Democrazia cristiana e il Partito socialista, inoltre ammaccando a tal punto i partitini «laici» da ridurli al lumicino. Un repulisti che aprì alla sinistra vaste praterie dove galoppare in solitario, che le offrì, su un piatto d’argento, il potere e la sua gestione non condizionabile, per mancanza di concorrenti, da esiti imprevisti delle consultazioni. La sorpresa, quella che ruppe le uova nel paniere, fu la discesa in campo di Berlusconi. Fu un partito messo insieme in quattro e quattr’otto che ottenne un consenso immediato e di proporzioni inimmaginabili per chi stava cullandosi sugli allori di Mani pulite. Eppure, nonostante il fallimento la sinistra seguitò a ritenere la via giudiziaria la bocca di fuoco più efficace contesa politica: non un colpo di quell’arma è stato risparmiato a Berlusconi, doppiamente colpevole d’aver occupato un vuoto che tale doveva restare e di averlo occupato con un volume, in consensi elettorali, che ne superava la capienza. Solo recentemente sembrò alla sinistra che il moralismo pruriginoso potesse rappresentare un’arma migliore, comunque alternativa, per abbattere il nemico, costringerlo alle dimissioni gettando nell’elettorato liberale il seme del disincanto. Ma anche questa mossa è fallita, ed è fallita proprio per il disinteresse dell’opinione pubblica per questioni eppure urlate tra un gran fragore di grancassa dalla Repubblica e dai Michele Santori.

Con l’uno o l’altro strumento, si è sempre trattato di iniziative condotte al di fuori delle regole democratiche che esigono sia l’elettorato, il popolo sovrano, a stabilire chi debba e chi non debba governare. Con l’uno o con l’altro strumento sempre è emersa l’anima totalitaria e giacobina di una sinistra ora rappresentata da quel Franceschini che abbastanza spudoratamente si mise a giurare sulla Costituzione, testo che dovrebbe invece aver cura di aprire e leggere. Subito. Perché a sentire l’Annunziata, a sentire cioè Massimo D’Alema, nel centrosinistra monta una gran voglia di scorciatoie, di una bella «scossa». Che è solo un termine politicamente corretto per dire golpe.

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=359064

Analogie: Craxi - Berlusconi

Il ricordo: "Così colpirono anche mio padre"
[http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=359276]
di Stefania Craxi
Le parole del presidente Berlusconi al Convegno dei giovani industriali hanno suscitato indignate quanto ipocrite reazioni. La stampa nazionale, chiamata in causa a proposito del tentativo di eversione, ha negato invocando la libertà di stampa, ma ignorando che un giornalista incapace di distinguere fra verità e pettegolezzo non dovrebbe nemmeno esercitare la professione.
Ma è davvero inesistente il tentativo di eversione? La storia ci aiuta a capire, e la storia italiana dice che ogni volta che sulla scena si affaccia un leader capace di far funzionare la macchina dello Stato, togliendo potere alle lobbies, i tentativi di eversione si fanno avanti.
Vorrei invitare Paolo Franchi, che sul Corriere della Sera fa una specie di discorso di Antonio riconoscendo le ragioni di Berlusconi ma solo per rovesciargliele addosso, a ricordare - lui che quegli anni li ha vissuti - le molte e strette analogie con la storia di Bettino Craxi, contro il quale l’eversione c’è stata, tanto da costringerlo all’esilio ed alla morte precoce.
Stesso attacco concentrico stampa-magistratura (basti pensare a come è stata scritta ed a come è stata presentata dai giornali la sentenza Mills, come se Berlusconi, e non l’avvocato inglese, fosse stato condannato). L’anonimato dei poteri forti - ignoti ieri, ignoti oggi - che con i loro giornali menano le danze. La copertura politica all’eversione del Partito comunista ieri, del Partito democratico oggi. La violenta diffamazione personale, Craxi ladrone di tesori occulti, Berlusconi pedofilo, corruttore avido di beni pubblici.
Le uniche differenze stanno nel fatto che capofila contro Craxi era il Corriere della Sera, con La Stampa e La Repubblica al seguito, e oggi è stata invece La Repubblica a dirigere l’orchestra; l’altra differenza di gran peso, il diverso comportamento dei due presidenti della Repubblica, con Scalfaro parte attiva nella distruzione della Prima Repubblica (Napolitano non è Scalfaro). Saltiamo appena due o tre anni e andiamo al primo governo Berlusconi del ’94: che cos’è, se non un tentativo di eversione, l’avviso di garanzia portato al presidente del Consiglio a Napoli mentre presiedeva una conferenza internazionale contro la criminalità? Un avviso di garanzia pubblicato con titoli di scatola sulla prima pagina del solito Corriere della Sera ventiquattro ore prima di essere notificato al diretto interessato. Un avviso di garanzia per un reato dichiarato inesistente dalla stessa magistratura, naturalmente anni dopo.
E, continuando con gli interrogativi, che nome si dovrebbe dare alla garanzia data dal presidente Scalfaro a Bossi di non sciogliere le Camere consentendo così di compiere a man salva il ribaltone che avrebbe posto termine al governo Berlusconi? La triste verità è che il golpismo delle Brigate Rosse, anche se ha riempito le cronache di vittime innocenti, è un gioco da bambini rispetto al golpismo strisciante eternamente annidato sotto la politica italiana.
Silvio Berlusconi è un gran combattente; ha stravinto le elezioni e consolidato il potere del suo governo. Ma nessuno può illudersi di aver vinto per sempre un male che affonda le radici nella storia recente e passata del'Italia.
*Sottosegretario agli Esteri

lunedì 15 giugno 2009

Obama: politica estera disastrosa

Obama ha fatto campagna elettorale per Ahmadinejad, senza accorgersene: un disastro Scritto da Carlo Panella lunedì 15 giugno 2009Barack Obama va incredibilmente annoverato tra i grandi elettori che hanno assicurato ad Ahamadinejad la vittoria plebiscitaria di ieri. Vittoria sicuramente gonfiata dai brogli, ma con un tale margine da non permettere dubbi sulla sostanza: una sanguinaria dittatura, che ha in programma di cancellare Israele dalla faccia della terra, che impicca gli omosessuali, che terrorizza gli oppositori, riscuote in Iran uno straordinario consenso popolare. Obama, sicuramente, non voleva ottenere questo risultato, ma il suo dilettantesco discorso all'Islam dal Cairo, l'ha invece rafforzato. Obama si è presentato politicamente in ginocchio di fronte ad Ahamadinejad, ha chiesto scusa per le ingerenze statunitensi, ha detto cose incredibili –e false- sulla tolleranza dell'Islam, ha cancellato ogni pretesa che l'Iran si adegui alle richieste dell'Onu (dell'Onu, non degli Usa) e sospenda il programma di arricchimento nucleare, si è detto disposto a discutere. Soprattutto, Obama, non ha minacciato, si è voluto distinguere da Bush presentandosi solo e unicamente col volto amico, addirittura si è detto disposto a riconoscere le buone ragioni dell'Iran. Questo, a dieci giorni dal voto iraniano, dieci giorni in cui Ahmadinejad ha potuto portare a testimonianza lo stesso discorso di Obama per dimostrare –a ragione- agli iraniani, che la sua strategia è stata pagante, che disattendere le risoluzioni dell'Onu, rifiutare i controlli dell'Aiea, lanciare missili intercontinentali (che hanno senso solo se armati con una atomica), armare i Talebani afgani (questo ha rivelato il segretario Usa alla difesa, Gates), armare Hamas, aveva obbligato il nuovo presidente americano a abbassare la cresta, a riconoscere la potenza iraniana. Solo il cielo sa chi e che cosa abbiano convinto Obama a fare quel suo sciagurato discorso del Cairo, prima che Hamas e al Fatah avessero cessato di spararsi nei Territori, prima che la Siria avesse fatto un solo passo di appeasement, prima che a Teheran si fosse delineata una minima apertura.Avesse taciuto, avesse compreso quel che stava bollendo in pentola a Teheran (e dopo 30 anni dalla vittoria di Khomeini ci sarà pure qualche americano che abbia imparato a "leggere" quel paese), si fosse riservato la mossa del discorso all'Islam in tempi più maturi, Obama oggi non si troverebbe spiazzato.Soprattutto si sarebbe risparmiato di fare davanti al mondo la figura del provinciale –che è- che parla al popolo dell'Iran come parlerebbe al popolo della Virginia: tutta retorica, voli pindarici, frasi ad effetto e nessuna sostanza, solo appelli buonisti al solidarismo.In cinque mesi la "strategia del dialogo"di Obama ha dunque portato a questi risultati: la Corea del Nord è sull'orlo di una guerra con la Corea del Sud; in Iran il blocco oltranzista si è rafforzato a dismisura, con conseguenze a catena su Hamas e Hezbollah (che hanno salutato il trionfo di Ahmadinejad, come fosse loro), Abu Mazen subisce sempre più l'iniziativa terroristica di Hamas anche in Cisgiordania, mentre la semplice notizia del ritiro di buona parte del contingente Usa dall'Iraq, sta facendo rialzare la testa a quei terroristi che erano stati quasi tacitati. Ora, si dice a Washington, Obama correrà ai ripari, metterà in campo un "piano B".Il problema è che questa alternativa non esiste, che da tre anni il senatore di Chicago spiega al mondo le virtù salvifiche del dialogo e del buonismo, che ha vinto le elezioni su questa piattaforma ipocrita e che il "piano B" possibile è uno e uno solo: fare esattamente quel che fece George W. Bush.Obama ha già ricalcato le orme della precedente amministrazione in molti campi (l'ala liberal dei democratici glielo rimprovera ogni giorno), ma in politica estera era riuscito sinora a mantenere la sua immagine di "portatore di speranze". Ora che Ahmadinejad gli ha subito detto a brutto muso che di dialogo non si parla nemmeno e che se vuole parlare con lui deve accettare il nucleare e cessare di appoggiare Israele, Obama di deve trasformare in un uomo di Stato.
Possibilmente con idee vincenti.
(Il Tempo del 15 giugno)

domenica 14 giugno 2009

Cossiga scrive a Napolitano

GIUSTIZIA: COSSIGA, CSM INSIDACABILE PER ANM E POLITICA DEBOLE
(AGI) - Roma, 13 giu. - "L'Associazione Nazionale Magistrati e' riuscita per la debolezza della politica a far attribuire ai membri del Consiglio Superiore la prerogativa dell'insindacabilita': e a chi davanti alla Corte Costituzionale ha obiettato che si trattava di materia costituzionale, questo giudice politico ha risposto che il fatto che la stessa prerogativa fosse stata attribuita ai membri del Parlamento e della stessa Corte con norme costituzionali, non si opponeva che potessero essere attribuite anche con legge ordinaria, perche' non si trattava altro che di deroghe alle norme sulla punibilita' disciplinata da le norme ordinarie contenute dei codici penale e di procedura penale". E' una delle argomentazioni rivolte da Francesco Cossiga in una lettera a Giorgio Napolitano nella lettera in seguito alle dimissioni di alcuni membri del Csm in polemica con il ministro della Giustizia "che ha posto in luce come tutte le nomine da parte del Consiglio dei capi degli uffici di procura siano 'lottizzate' tra le varie correnti presenti in questo organo". Il senatore a vita ricorda tra l'altro che "le sinistre, dopo che l'Assemblea Costituente aveva respinto la proposta avanzata dal Partito Comunista di far eleggere i giudici e i pubblici ministeri dal Popolo, come gia' avveniva in molti Cantoni della Confederazione Elvetica e Stati degli Stati Uniti d'America, si batterono per l'introduzione del sistema proporzionale per l'elezione dei membri togati del Consiglio Superiore" e aggiunge che "anche in sede di Sezione per i Giudizi Disciplinari le condanne, rare..., e le assoluzioni, quasi di rito!, erano per cosi' dire trattate tra le correnti". Il Presidente emerito della Repubblica osserva che il Csm "si e' auto attribuito competenze non previste da alcuna norma di costituzionale o anche solo ordinaria: quella di esprimere il proprio avviso su atti legislativi del Parlamento, quella di censurare con propri atti di controllo politico atti, comportamenti e indirizzi del Parlamento, del Governo e dei partiti quella di 'aprire' e poi 'decidere' 'pratiche a tutela' di singoli magistrati che si sentano offesi da giudizi di politici e parlamentari anche espressi in sedi parlamentari e cosi' via". Cossiga annota anche che "era chiarissimo che l'unico potere del Capo dello Stato nei confronti del Parlamento, era quello di poter rinviare alle Camere una legge gia' approvata, e sempre con atto controfirmato dal Presidente del Consiglio, ma non di pronunciarsi su un provvedimento legislativo in corso di esame, o di parlare pubblicamente in materie politiche: economia, finanza, politica estera se il suo dire non fosse stato concordato preventivamente con il ministro competente. Ed io per averlo fatto mi beccai, e giustamente! una proposta di 'impeachment' da parte del Partito Comunista. Ma i miei erano tempi diversi". (AGI) Bal
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Il mondo vittima impotente dell'odio dei dittatori

domenica 14 giugno 2009, 09:56
Il mondo diventa vittima impotente dell’odio di piccoli e grandi dittatori
di Fiamma Nirenstein
Quale orribile risultato. Mettiamo pure che i brogli elettorali riducano la proporzione della vittoria di Ahmadinejad, mettiamo anche che gli scontri a Teheran possano modificare o condizionare la leadership iraniana. È molto difficile tuttavia evitare il pensiero che le preferenze per il futuro, ed anche ex, presidente iraniano, sono il doppio di quelle per Hossein Moussavi, la pallida stella di un cambiamento che tuttavia avrebbe avuto un carattere interno.
È anche interessante, e denota il consueto ottimismo pacifista, che la stampa di tutto il mondo e i vari leader mondiali abbiano seguitato a immaginare che Moussavi potesse vincere, nonostante fosse facile prevedere la vittoria di Ahmadinejad: il supremo ayatollah Khamenei, tutta la classe dirigente della Repubblica islamica hanno rinnovato semplicemente la scelta fatta a suo tempo, nel 2005, per l’uomo che avrebbe raddrizzato l’Iran dopo otto anni di tentennamenti del riformista Khatami. Khamenei, che durante la campagna ha tenuto un atteggiamento da Sibilla Cumana, tuttavia alla fine l’ha detto chiaramente: «Noi siamo favorevoli al candidato più capace di contrapporsi all’Occidente».
L’ha detto dopo il lancio del missile Sejil 2, duemila chilometri di gittata, fino a Tel Aviv o in Europa, e dopo che Ahamdinejad ha festeggiato le 7.000 centrifughe atomiche. Stavolta il gioco della scelta preordinata si è ripetuto all’ennesima potenza: non si è badato a spese neppure nella messa in scena della farsa della democrazia iraniana, perché si sapeva che Obama sedeva con un sorriso accattivante nella prima fila della platea. Così, il regime ha messo in scena una percentuale straordinaria di votanti, basandosi anche cinicamente sul desiderio di cambiamento affinché la porta sbattuta di fronte alla richiesta di colloquiare sul nucleare con gli Usa facesse un rumore assordante.
Il regime ha scelto l’uomo che lo ha detto più chiaro di tutti: il nucleare non è negoziabile, è un argomento chiuso. Ha scelto il leader che pavimenta, fisicamente, la strada per l’avvento del Mahdi, il messia sciita. Lo show di potenza di Ahmadinejad è quello del regime che non si vergogna di impiccare dissidenti, omosessuali, donne.
Non ci può far niente il variegato popolo iraniano, indubitabilmente antico e ammirevole mosaico di opinioni e di gruppi sociali. Perché ormai nel mondo la forza del peggiore è fortissima: Ahmadinejad trionfa perché, come ho letto in molti virgolettati degli elettori, “ha saputo riportare l’Iran alle gloria del mondo” oppure “ha messo in ginocchio l’Occidente” oppure “ha piegato il potere globale degli americani ed Israele”.
Non sono chiacchiere: la piramide occidentale dei diritti umani ha subito in questi anni, di fronte all’integralismo islamico, una flessione concettuale enorme. Il discorso mondiale si è incarognito e si è sgrammaticato al punto che l’Assemblea generale dell’Onu elegge presidente Ali Treki, ministro libico degli Esteri al tempo in cui gli uomini protetti da Gheddafi facevano saltare per aria sinagoghe, aerei e discoteche. Prima di lui è stato presidente il nicaraguense Miguel d’Escoto, contraddistintosi per un grande abbraccio a Ahmadinejad alla fine di un suo discorso in assemblea.
Vicepresidente di Treki è un sudanese, rappresentante di un Paese presieduto dal sanguinario Bashir, su cui pesa l’accusa di genocidio e che rivendica pubblicamente il diritto della Sharia a tagliare mani e piedi. Il siriano Bashar Assad inaugurò uno stile dicendo accanto a Papa Giovanni Paolo II, che rimase basito, che gli ebrei torturavano i palestinesi come avevano torturato Gesù. Il livello è questo, e noi li stiamo a sentire. Hassan Nasrallah, con cui l’Inghilterra vuole stabilire rapporti diplomatici e che il neoprimo ministro libanese Hariri seguita a tenere buono con promesse di lasciargli le armi e non fare la pace con Israele, in manifestazioni di massa chiama Israele con i nomi di tutti gli animali più schifosi e gli promette morte. Hamas tiene recite davanti a piazze enormi in cui fa ridere i bambini mostrando una caricatura delle sofferenze dell’ostaggio israeliano Gilad Shalit.
Le folle islamiche ormai, checché ne pensi Obama, sono molto sensibili al pensiero di umiliare l’Occidente, e si può temere che sia anche da ascrivere a questo, oltre ai fattori che elencavamo poc’anzi, la vittoria di massa di Ahmadinejad. Dominare, costringere i cristiani e gli ebrei a piegarsi, piace ai dittatori come Bashar Assad di Siria, come Bashir, e anche come il venezuelano Ugo Chavez o il "caro leader" nordcoreano Kim Jong Il. Piace agli hezbollah, a Hamas, che a sua volta ha usato lo strumento delle elezioni per stabilire una dittatura; e abbiamo visto che piace anche a Gheddafi, che con i suoi ritardi e i suoi discorsi profetico-furbeschi ha cambiato la grammatica del consueto, ragionevole e anche cortese discorso politico cui siamo, o dovremmo essere, adusi.
Piace a gran parte delle folle delirare con vittimismo e onnipotenza. Ahmadinejad, dopo il discorso dell’Onu del 2005 in cui di nuovo prometteva morte a Israele, intimava a Bush di convertirsi, negava la Shoah, disse che aveva chiaramente avvertito il crearsi di un alone di luce intorno al suo corpo, e che aveva anche notato che uno dei delegati lo aveva guardato fisso per 27-28 minuti senza mai battere le ciglia. Adesso noi dovremo guardarlo fisso per altri quattro anni, e sarà meglio che ci svegliamo dallo sbigottimento che dà il cercare di comunicare con uno, dieci, centomila personaggi confusi, scriteriati, violenti e determinati al nostro male. Sbattiamo le ciglia prego.
http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=358691