mercoledì 29 aprile 2009

Israele? Per i suoi nemici non è uno Stato ebraico

Il Giornale, 29 aprile 2009
Oggi compie 61 anni, ancora non lo vogliono chiamare per nome e dicono che non aveva diritto a nascere. Ha perso 22.570 soldati in guerra, 3.000 cittadini in attentati terroristici, ma la popolazione non ha abbandonato le case di pietra, i vicoli, i ristoranti di Gerusalemme, né sono rimasti spopolati spiagge e pub di Tel Aviv; nessuno ha smesso di frequentare le scuole o le università; l’high-tech è settore di eccellenza, la musica della Filarmonica fra le più apprezzate del mondo, la medicina, la fisica, l’agricoltura producono premi Nobel, l’Alta Corte è un esempio di correttezza. Eppure, secondo alcuni, a 61 anni lo Stato ebraico è lì per caso, paracadutato in un’area con cui non ha niente a che fare, solo per realizzare un vasto disegno colonialista e razzista, oppure, secondo altri, è stato edificato per riparare ai sensi di colpa degli Europei dopo la Shoah, che per altro non è esistita.Insomma, deve sparire: lo dicono Ahmadinejad, Hamas, gli Hezbollah, e altri lo pensano. Ad Abu Mazen, Netanyahu propone di ricominciare a discutere su «due Stati per due popoli» purché il rais riconosca Israele come Stato Ebraico, ma egli ha ripetuto anche lunedì che non accetta, e il motivo è evidente: non vuole permettere che ciò diventi un ostacolo per il «diritto al ritorno» o per l’idea di Israele come «Stato dei suoi cittadini». Arafat a Camp David rifiutò la Spianata delle Moschee pur di non riconoscere quella che è un’affermata verità storica registrata in tanti testi musulmani, ovvero che sotto la Spianata giacciono le memorie del Grande Tempio ebraico di Erode distrutto nel 70 d.c. dai Romani. Flavio Giuseppe descrisse da cronista le fiamme e la rovina.Il popolo ebraico mise le sue radici in Israele più di 4000 anni fa, il re David ne unificò le dodici tribù e fece di Gerusalemme la città ebraica per eccellenza, mai abbandonata del tutto anche in tempi di letali persecuzioni, sempre presente nelle preghiere. Nell’Ottocento (ben prima della Shoah) gli ebrei tornarono ad esservi maggioranza. Intanto, quale che fosse il signore del tempo, crociati, arabi, ottomani, anche Tiberiade, Rafah, Gaza, Ashkelon, Jaffa, Cesarea, Safed, Haifa, Nablus, videro sempre, nei secoli, gruppi di ebrei attaccati alle loro pietre. Un popolo con la sua lingua e le sue usanze a casa e nella grande diaspora. Nella diaspora nacque il sionismo, il movimento che ha riportato gli ebrei a casa, ma questo mentre Ben Yehuda proprio da Gerusalemme ricostruiva per intero la lingua ebraica parlata sui testi biblici. È nell’Ottocento e nei primi anni del Novecento (Tel Aviv fu fondata nel 1909) e non dopo la Shoah che il sionismo si organizza, si fonda l’Università di Gerusalemme, la Filarmonica di Tel Aviv, si muore di malaria bonificando le paludi, si fonda la scuola d’Arte Betzalel di Gerusalemme, Toscanini dirige la Filarmonica di Tel Aviv, si organizza l’immigrazione clandestina nonostante un’opposizione europea (altro che sensi di colpa!) che affonda o respinge le navi che portano i profughi anche durante la Shoah... Gli ebrei vivono la loro storia di irredentismo come tanti altri popoli, e nel 1917 la dichiarazione Balfour è il primo documento che riconosce il loro diritto all’autodeterminazione. Lontano dalla Shoah. E Churchill diceva che nessun popolo come quello ebraico è legato alla Palestina. Anche l’immagine dell’arabo ignaro penalizzato dall’imperialismo, è falsa: basta pensare a Haj Amin Al Hussein, leader palestinese amico molto attivo di Hitler, ai nazisti nascosti in Egitto, all’odio antisemita che mise in fuga dai Paesi arabi 800mila ebrei. Essi trovarono un approdo, appunto, nello Stato ebraico.È interessante: quelli che lo negano, paradossalmente, creano l’evidente indispensabilità della sua esistenza.
Fiamma Nirenstein

lunedì 27 aprile 2009

La resistenza? Sì, la nostra

di Marcello Veneziani
Pubblicato il giorno: 26/04/09
Dopo tanti anni forse ci siamo liberati davvero
Che bello, da ieri 25 aprile, l'Italia non ha più dogane, è finita la guerra civile. Finalmente insieme a celebrare la Liberazione. Finalmente non c'è più nessun portatore di handicap sulla Resistenza; niente più barriere architettoniche per postfascisti, sultani e populisti. La Resistenza non incontra più resistenza. Vedendo Berlusconi e i gli ex-missini celebrare il 25 aprile mi sono ricordato di mio cugino Eugenio da Lucera, e poi di Togliatti.
Mio cugino Eugenio, detto dai miei fratelli Faruk per la sua somiglianza fin nella carnagione e nelle lenti scure con il re d'Egitto in esilio, era un democristiano e un anticomunista spiritoso.
In quel tempo il comunismo sembrava a un passo dal potere, con grande paura dei benpensanti, e in un pranzo di famiglia Faruk teorizzò che l'unico modo per imbrigliare il comunismo era iscriversi tutti al Pci, borghesi e anticomunisti, missini e moderati. Così lo avremmo imborghesito, corroso e rammollito dall'interno.
Ieri Berlusconi è stato un perfetto allievo di mio cugino Faruk quando si è impossessato della Resistenza e ha auspicato dal podio il passaggio dalla festa della liberazione alla festa della libertà. Vedrete, col passare degli anni, la farà diventare la festa ufficiale del Popolo della libertà. Un genio. Ma è stato superato in spirito eugenico da Pierfurby Casini che celebrando il 25 aprile, ha auspicato di unire tutte le forze politiche in una nuova Resistenza contro le calamità naturali, una specie di guerra di Liberazione di tutti i partiti contro il terremoto. Nella lotta partigiana contro il sisma si distinguerà tra un nazismo sussultorio e un fascismo ondulatorio? Girone d'andata
Ma era esaltante soprattutto vedere Napolitano parlare di Resistenza con il consenso mefistofelico di Ignazio La Russa, che sa essere spiritoso anche quando è serio e al fianco del presidente sembrava che mimasse Rascel quando faceva il Corazziere. Un ex comunista e un ex missino insieme, pappa & ciccia: questa è la felicità di una democrazia mansueta, pacificata e cerimoniosa.
Mi sono ricordato che avevo visto anche la partita del girone d'andata, quando Napolitano celebrava commosso l'invasione comunista di Praga e Budapest e gli anticomunisti annuivano felici.
Ecco la vera ideologia italiana, il mimetismo; la teoria di Faruk ha trionfato.
Però vedendo Berlusca e gli ex-missini celebrare la Resistenza mi sono ricordato anche di Togliatti che nel '36, di fronte al largo consenso al fascismo, teorizzò l'entrismo, ovvero l'idea di far entrare i comunisti nel partito fascista per condizionarlo, corroderlo e magari scardinarlo dall'interno. Quella teoria, naturalmente, diventò un alibi per l'opportunismo ma coglieva l'indole italiana alla perfezione. Ritorcerla ora agli eredi del mittente, mi sembra giusto, istruttivo e divertente.
Però finita la festa, ricomposta la serietà del paese, mi chiedo e vi chiedo: cosa resta della politica dopo questo 25 aprile, non ci sono più divisioni al seguito della resistenza?
No, una differenza c'è, eccome. E l'hanno tracciata il Capo dello Stato e il Capo del Governo. Napolitano, dal suo punto di vista giustamente, ha detto e ripetuto ieri che lo spirito della Resistenza rivive poi nella Costituzione. E così ha ripetuto la sinistra intera, Fini e Franceschini, e così ha tuonato dalla sua guardiola il vecchio custode della Costituzione, Oscar Scalfaro.
La difesa della Costituzione è la nuova linea del Piave della sinistra e dei suoi affluenti. La Costituzione non si tocca, dicono a Berlusconi e lo accusano di essere eversore, sultano e populista nel volerla ritoccare. È il loro totem e tabù.
E Berlusconi risponde che lui rispetta la Costituzione ma non la considera la Bibbia, la ritiene anzi modificabile. E al discorso di fondazione del PdL, ha detto, rispondendo alla sinistra e a Fini, che «al patriottismo della Costituzione» lui preferisce «il patriottismo della nazione, anzi della tradizione» (mandandomi in orgasmo non solo perchè condivido la tesi ma perchè l'ho scritta esattamente in quei termini, al punto che mentre parlava Berlusconi anticipavo la sua stessa progressione, «patriottismo della nazione, anzi della tradizione»).
Si, è quello lo spartiacque politico-culturale e istituzionale tra quel che un tempo erano la destra e la sinistra.
Da una parte c'è la rispettabile difesa di una carta e delle sue regole, scaturite dall'accordo tra i partiti: e lì c'è Habermas e c'è Kelsen, c'è l'idea protestante della norma scritta e impersonale, l'illuminismo e il formalismo giuridico, ma c'è anche lo spirito della Resistenza, del Cln e del compromesso storico. Dall'altra c'è invece l'idea che le carte siano da rispettare ma non da imbalsamare e da adorare; perché l'Italia non è nata con la Resistenza e dietro le costituzioni ci sono i popoli e le persone, le loro esperienze di vita, i loro costumi, la loro storia, la loro civiltà e le loro tradizioni. A cominciare dalle tre tradizioni che Berlusconi ha poi citato, con mio accresciuto orgasmo, perché le citavo anch'io: la tradizione cristiana, romana ed ellenica, ovvero la polis greca e la sua filosofia, lo Stato romano e il suo diritto, la civiltà cristiana e la religione cattolica.
Farsa e naufragioEcco dove si potrebbe ritrovare oggi la differenza culturale tra i due poli, la diversa fonte d'ispirazione primaria: la norma e la tradizione, il patto costituzionale e l'esperienza di una civiltà, il sogno di un paese normale e la vita di un paese reale.
Mi auguro che dopo la farsa e il naufragio di destra e sinistra, antifascismo e anticomunismo, ci resti questa diversità su cui fondare in modo serio il bipolarismo d'oggi tra due culture civili e politiche che si rispettano, si riconoscono, ma si contrappongono.

venerdì 24 aprile 2009

Debiti con l'Islam

23 Apr 2009 06:00 AM
Dai manuali scolastici abbiamo appreso che, mentre l’Europa gemeva nell’oscura barbarie, la civiltà araba era nello splendore. Dai numeri “arabi” ai logaritmi, tutto quel che comincia per al- (algebra, alchimia, alcool, albicocca…) lo dobbiamo all’islam. Non solo: dato il millenario contrasto tra Roma e Bizanzio, gli europei poterono conoscere l’antica sapienza greca solo ritraducendola dall’arabo. Ora, però, un libro di Sylvain Gouguenheim, docente di storia medievale all’Ecole Normale Supérieure di Lione (Aristote au mont Saint-Michel: les racines grecques de l’Europe chrétienne, ed. Seuil), ribalta tutto: fu la presa di Costantinopoli nel 1453 da parte dei turchi a far fuggire in Europa una valanga di intellettuali greci, che fecero conoscere i classici al mondo latino. Il libro ha creato scalpore perché fa passare dall’idea che si debba moltissimo all’islam all’idea che non gli si debba proprio niente. Al di là dello scandalo mediatico (l’autore è stato sottoposto in Francia a una specie di linciaggio politicamente corretto), il filosofo francese Rémi Brague ha cercato di riequilibrare il giudizio (tradotto da A. M. Brogi per «Vita e Pensiero», gennaio 2009). In effetti, c’è ancora chi pensa che la prima università al mondo sia stata quella di Fez, la Qarawiyin, fondata nell’859 (dunque, le università non sarebbero un’invenzione della Chiesa). In realtà era una moschea c. d. “generale” (jâmi’a: termine che designa, sì, le università nel mondo islamico, ma solo nell’evo contemporaneo) e vi si insegnava l’esegesi coranica, le tradizioni sul Profeta, il diritto islamico (fiqh) e quel tanto di “scienza” che serviva a calcolare i nomi di Allah e la direzione della Mecca. Una leggenda da sfatare riguarda la famosa «casa della sapienza» di Baghdad (IX secolo): i traduttori dei testi greci in arabo erano quasi tutti cristiani nestoriani ed essa era «innanzitutto per uso interno, per la precisione una sorta di fucina di propaganda a favore della dottrina politica e religiosa sostenuta dai califfi dell’epoca, in particolare il mu’tazilismo». Un altro mito concerne l’iberico Al-andalus, mito nato più che altro per astio antispagnolo. «Si è cominciato con la “leggenda nera” sulla conquista del Nuovo Mondo. Diffusa dagli scrivani al soldo dei concorrenti commerciali di spagnoli e portoghesi, tra cui la Francia, consentiva loro di legittimare la pirateria di Stato (detta “guerra corsara”)». Per quanto riguarda la dominazione musulmana in terra iberica, il mitico Al-andalus, più che una coesistenza armoniosa «era un sistema paragonabile all’apartheid sudafricano», a tutto danno di ebrei e cristiani. La prima traduzione in latino del Corano la fece Pietro il Venerabile, abate di Cluny, nel XII secolo, ma si dovette attendere il XV e il cardinale Nicolò Cusano perché quel testo fosse studiato (e l’avvento della stampa, un secolo dopo, perché fosse conosciuto). Dunque, scarsa o nessuna “osmosi” tra le due culture. Le arti visive (pittura e scultura) del mondo greco transitarono in Europa senza intermediazione araba, perché l’islam vietava le immagini (anzi, l’eresia iconoclasta nel mondo bizantino fu dovuta al “contagio” della fortissima pressione islamica). Dice Brague che «dell’eredità greca è passato attraverso l’arabo solo ciò che riguardava il sapere in matematica, medicina, farmacopea eccetera. In filosofia (…) solo Aristotele e i suoi commentatori». Ma tutto il resto dovette attendere i «manoscritti importati dagli eruditi bizantini che fuggivano dalla conquista turca». E «tutto il resto è nientemeno che la letteratura greca»: Omero, Esiodo, Pindaro, Eschilo, Sofocle, Euripide, Erodoto, Tucidide, Polibio, Epicuro, Platone, Plotino, Ermete Trismegisto, «arrivati da Costantinopoli alla Firenze dei Medici, dove Marsilio Ficino tradusse in latino tutte le loro opere». I passaggi precedenti non sono che «una goccia d’acqua in confronto all’inondazione rovesciatasi sull’Europa a partire dal XV secolo. Essa ha riguardato tutto ciò che era disponibile in greco. E’ sfociata in una vera ellenomania durata parecchi secoli, dal Rinascimento italiano agli umanesimi e classicismi di tutta Europa». Ancora: «L’ellenismo in terra d’islam ha riguardato solo individui come i “filosofi” (falâsifa), intellettualmente dei geni ma socialmente dei dilettanti privi di collegamenti istituzionali. Solamente in Europa ha assunto la forma di fenomeno». Di più: «Solo in Europa si è imparato il greco in maniera sistematica» e lo si è fatto diventare addirittura «materia obbligatoria nell’insegnamento secondario». Del resto, non ci si può appropriare del sapere senza prima esserne divenuti capaci, senza essersi resi ricettivi in tal senso, cosa che l’Europa fece (rinascita giuridica, sulla scia della Lotta per le Investiture; rinascita letteraria con s. Bernardo, filosofica con s. Anselmo, riscoperta del diritto romano grazie alla Chiesa): «lo dimostra la stessa ricezione di Averroè». Infatti, «dopo la caduta degli Almohadi ai quali era stato legato, il suo ambiente d’origine lo dimenticò in fretta» ma «l’Occidente ha raccolto quel gioiello dalle “pattumiere” dell’islam». Brague si chiede infine se, in ogni caso, sia davvero giusto parlare di “debito”. L’Europa ha ricevuto dalla Cina la seta, il tè, la porcellana e la carta (quest’ultima attraverso il mondo arabo, come i numeri e lo zero, nati in India), e dalle Americhe il granturco, il tabacco, il cioccolato. Ma «nessuno si sognerebbe di dire che abbiamo un debito nei confronti degli aztechi, e tanto meno che dobbiamo parlare con infinito rispetto dei sacrifici umani che praticavano, per il solo fatto che mangiamo i pomodori». Insomma, non è vero che la civiltà occidentale non deve nulla a quella islamica. E’ anche vero, tuttavia, che non le deve granché. Solo che, oggi come oggi, non è politicamente corretto dirlo.
Rino Camilleri
Il Timone, aprile 2009

giovedì 23 aprile 2009

Chi sta barando sui gas serra?

giovedì 23 aprile 2009, 07:00
Il G8 sul clima Vi svelo chi sta barando sui gas serra
di Antonino Zichichi
L’Italia presiede a Siracusa il G8 sul clima e torna al centro dell’attenzione nel mondo la responsabilità dei Governi su scelte che incidono pesantemente nell’economia mondiale.Ricordiamo che finora nessuno è riuscito a stabilire con rigore scientifico il legame tra attività umane e aumento della temperatura media dell’atmosfera (Global Warming). Le uniche certezze sono le misure sulla concentrazione crescente della percentuale di anidride carbonica (CO2) e di altri gas a effetto serra (com’è il metano) nell’atmosfera. Il problema da risolvere sono le origini di questo incremento. Infatti nel bilancio globale ci sono «sorgenti» e «pozzi» naturali per questi gas-serra. L’atmosfera è come un grande mantice che assorbe ed espelle anidride carbonica. Questo meccanismo è azionato da tre pompe: l’oceano globale (superficie liquida della Terra che è due volte più vasta di quella solida), la Terra solida (piante e suolo) e l’uomo. Le tre pompe hanno potenze diverse. Le prime due sono molto più potenti di tutte le attività umane. Si calcola che l’oceano globale immette nell’atmosfera circa il 48% di CO2; il respiro del suolo ne immette il 24%; quello delle piante ancora il 24%. Le attività umane, inclusa la deforestazione, contribuisce al livello del 4%. Passiamo all’assorbimento. L’oceano globale assorbe poco più del 50%. La fotosintesi ne assorbe poco meno del 50%. Nel bilancio tra immissione e assorbimento di CO2 rimane un «surplus» che corrisponde a circa tre miliardi di tonnellate di CO2. Attenzione: questo surplus è nel bilancio globale. È quindi importante conoscere bene le «sorgenti» e i «pozzi» naturali di CO2 e gas-serra. Ed ecco una novità su cui imperversa il silenzio dei media. Nessuno finora aveva pensato che potessero partecipare al bilancio dei gas-serra anche le calotte polari. Trovare che sotto le calotte polari i batteri possano essere attivi a 40 gradi sotto zero è una assoluta novità.Due scienziati americani, Vladimir Romanosky dell’Università di Alaska e Nicolai Panikov dell’Istituto Tecnologico del New Jersey hanno scoperto che sotto le calotte è come se i batteri si mettessero a dormire, continuando però a produrre anidride carbonica e metano. Questa scoperta apre un fronte nuovo nella ricerca delle sorgenti naturali di gas-serra. Le zone permanentemente ghiacciate della superficie terrestre (un quinto del totale) erano considerate come efficientissimi pozzi per i gas a effetto serra. Se le scoperte di Panikov e Romanosky venissero confermate, questi pozzi diventerebbero potenti sorgenti, riducendo a livelli minimi l’effetto delle attività umane.C’è un’altra novità su cui i media tacciono. Come tutti sanno quest’ultimo inverno ha visto un forte abbassamento della temperatura ed enormi precipitazioni d’acqua e neve in diverse zone del mondo inclusa l’Europa il cui clima dipende fortemente dall’estensione settentrionale del cosiddetto Gulf-Stream che arriva fino alle fredde acque della Groenlandia. In un articolo su Nature GeoScience un gruppo di specialisti americani e francesi dimostra che nell’ultimo inverno le correnti marine - dopo avere circolato sulla superficie atlantica scaldandosi - ritornano a inabissarsi nelle acque fredde della Groenlandia. Questo fenomeno determina l’equilibrio climatico in quanto contribuisce alla ridistribuzione del calore tra le regioni polari ed equatoriali. Si è rimesso in moto un meccanismo di inabissamento delle acque superficiali e calde dell’Atlantico che era scomparso da molti anni senza che se ne capissero i motivi. La scomparsa dell’inabissarsi delle correnti oceaniche potrebbe spiegare il Global Warming mentre il loro ritorno a inabissarsi spiega il freddo dell’ultimo inverno. Ecco un altro esempio di fenomeni che mettono in crisi le origini del Global Warming.
La Scienza del clima è un campo di ricerche con un enorme numero di problemi ancora da capire. Portare nel cuore della Scienza queste tematiche, togliendole dalle mani di coloro che ne hanno fatto strumento indispensabile per soddisfare ambizioni che nulla hanno a che fare con la verità scientifica, sarebbe la prova di una nuova grande alleanza tra Politica e Scienza. Che ce ne sia bisogno lo testimoniano le tematiche in gioco, le cui conseguenze si valutano in miliardi di dollari e coinvolgono la responsabilità di tutti i Governi del mondo. Quando il presidente Berlusconi invitò la Comunità Europea a una seria riflessione sulle origini del Global Warming forse conosceva già queste novità scientifiche, che hanno nei Seminari di Erice sulle Emergenze Planetarie un punto di riferimento cui fa capo la comunità scientifica internazionale impegnata su queste tematiche.*Presidente World Federation of Scientists
http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=345806

mercoledì 22 aprile 2009

25 aprile

Grazie America, finalmente il vero 25 aprile
Renato Farina
Pubblicato il giorno: 22/04/09
Berlusconi andrà al cimitero militare di NettunoFa bene Berlusconi ad andare a celebrare la Liberazione e la Resistenza. Ma bisognava scegliere bene il posto. L'ha fatto: Nettuno. Così saldiamo un debito di riconoscenza che saldare è impossibile. Non c'entra Bush, adesso c'è Obama. C'entra quel sacrificio, la bandiera, quel tipo di civiltà che non è solo hamburger e ketchup, ma è saper morire per gli altri, prendersi piombo in corpo per gente che se ne dimenticherà subito. Bè, Berlusconi no, noi no.C'erano un paio di idee nella testa di Berlusconi. A Milano - la sua città - è impossibile. Lì il corteo dal 1994 in poi è un circo di gente che vorrebbe riaprire la macelleria messicana di piazzale Loreto per appenderci lui al gancio.Occorreva allora un luogo nuovo, dove i manifestanti ufficiali vanno poco, e il 25 aprile non ci pensano neanche a recarsi lì, perché dice tutta la verità su quel che è accaduto in Italia. Le verità belle e sottaciute. Di recente aveva scoperto che in Abruzzo una brigata di partigiani italiani, con uniformi angloamericane, e senza più dipendere dal re, avevano espugnato un po' di quel territorio e cacciato i tedeschi. Ma non esiste un luogo simbolico che esprima quelle azioni patriottiche. Andrà allora al cimitero militare di Nettuno dove riposano i soldati americani morti a un passo da Roma. Ci si ricorda del festoso arrivo dei liberatori con i loro carri armati e le caramelle e il cioccolato ai bambini, ma non il sangue versato pochi chilometri lontano dall'Urbe. I soldati americani e polacchi accettarono di mettere a rischio le loro vite in una battaglia violentissima contro le truppe tedesche e quelle della Repubblica sociale, unite nel volere l'occupazione nazista dell'Italia.la testa del capoBerlusconi con questa scelta non vuole contrapporre nella sua testa alleati e partigiani. Non è il tipo. Delinea però una gerarchia che prima di essere una preferenza sentimentale è un fatto. Semplicemente esprime quanto ha avuto in cuore sin da piccolo e che gli storici sempre più mettono in risalto: decisivi per la nostra liberazione furono gli americani. Per fortuna furono gli americani. Ditelo ai polacchi la cui liberazione dal nazismo fu opera dei sovietici. Soldati eroici, certo, quelli con la stella rossa. I quali dopo aver massacrato 22mila ufficiali polacchi a Katyn con un colpo alla nuca, massacrarono i nazisti: non si fermarono lì però, e massacrarono qualsiasi velleità di libertà a Varsavia, a Praga, a Bucarest, Sofia, Tallin, Vilnius eccetera.Meno male che furono gli americani e non i partigiani comunisti a liberarci. Eroici pure i comunisti, vero, verissimo: ma se avessero avuto loro il pallino del destino, ci avrebbero fatto di sicuro rimpiangere il fascismo e avrebbero gareggiato con il nazismo. Se non fossimo stati sotto l'ala di Roosevelt-Truman e di Churchill, ci saremmo trovati con pochi silos e molti gulag. La liberazione senza America sarebbe sfociata nella sua negazione, una liberazione staliniana. Palmiro Togliatti infatti respinse la strada rivoluzionaria non perché fosse un brav'uomo (a Mosca aveva partecipato a purghe sanguinarie contro i suoi stessi compagni italiani) ma per il realismo di Stalin dopo la spartizione di Yalta: perché c'era l'America. E nonostante questo in diverse province del Nord Italia si sperimentò la selezione della specie, eliminando la classe dirigente non comunista per mesi, per anni dopo il 25 aprile. Per fortuna c'era l'America vicina a noi.Anzio. Quanti morti. Berlusconi ha raccontato al Congresso in Washington e poi ancora nel discorso di fondazione del Popolo della Libertà quando suo padre lo accompagnò bambinetto ad un cimitero militare americano e gli fece giurare di rispettare e di amare quella bandiera per riconoscenza a chi aveva levato dal petto di questo Paese il tallone del totalitarismo.Avrei in mente un paio di altri posti, magari per l'anno prossimo. Uno sta in Friuli e sono le Malghe di Porzûs. Grazie a un'iniziativa parlamentare che punta all'unanimità dei consensi (il voto sarà nei prossimi giorni) e per decisione eccellente del ministro dei Beni culturali Sandro Bondi questo sito boscoso diverrà monumento nazionale, luogo simbolico della Resistenza e della Liberazione.i cattolici assassinatiQui partigiani della Brigata Osoppo, i fazzoletti verdi cattolici, liberali, socialisti furono sterminati con azione premeditata dalla locale Brigata Garibaldi, poiché si opponevano non solo ai nazifascisti ma non volevano che il Friuli passasse nelle grinfie dei comunisti jugoslavi. Tra i cattolici assassinati c'era il fratello coraggioso di Pier Paolo Pasolini (il quale negli anni 60 sostenne con una certa meschinità che il suo Guido sarebbe comunque diventato comunista). Sandro Pertini concesse la grazia inopinatamente all'ideatore di questa strage fraterna oltretutto mai pentito. Poi i comunisti ammisero le colpe, e ci fu una riconciliazione con uno dei preti che aveva inventato questi "fazzoletti verdi".Oppure a Torino c'è la casa di Edgardo Sogno, medaglia d'oro della Resistenza, partigiano monarchico, calunniato in vita perché anticomunista. Un 25 aprile partecipai anch'io alla manifestazione organizzata da Francesco Forte. C'era la polizia intorno: i comunisti e gli anarchici non volevano questa celebrazione.Va bene Nettuno, ci inchiniamo al sacrificio di quei vecchi ragazzi americani per i nostri figli.

Fosse per l'ONU lo Stato di Israele sarebbe già morto

di Fausto Carioti
Pubblicato il giorno: 22/04/09
LA CONFERENZA
La conferenza delle Nazioni Unite sul razzismo si è conclusa con la solita condanna di Israele. Niente da prendere sul serio, visto il tribunale che ha emesso la sentenza. Nel dicembre del 2005, nel quartiere generale dell'Onu, durante l'annuale "Giornata internazionale di solidarietà con il popolo palestinese" era apparsa una mappa del Medio Oriente. Lo stato di Israele non vi appariva da nessuna parte. Cancellato. Quella cartina aveva il grande pregio della sincerità: fosse per l'Onu, Israele sarebbe già scomparso da un pezzo.Strozzato nella culla, per la precisione. Lo stato d'Israele nacque il 14 maggio del 1948, mentre ancora si stavano ritirando le truppe inglesi. Gli israeliani avevano dato il via libera alla costruzione di una nuova nazione araba già nel 1947, accettando la risoluzione Onu numero 181, che proponeva di instaurare, accanto allo stato israeliano, uno stato palestinese e un'amministrazione internazionale per la città di Gerusalemme. Furono gli stati arabi a respingere l'intesa. Mentre l'Onu stava a guardare, milizie provenienti da Transgiordania, Egitto, Siria, Libano e Iraq, aiutate da unità dell'Arabia Saudita e dello Yemen, aggredirono la «entità sionista». La risoluzione con cui - otto giorni dopo - le Nazioni Unite chiesero di cessare il fuoco non ebbe alcun effetto, e lo stesso avvenne per i tre appelli successivi. Il 28 maggio la città vecchia di Gerusalemme cadde nelle mani della Legione araba transgiordana. L'Onu si era rifiutata di assumerne la difesa prima che terminasse il mandato inglese, lasciando la strada aperta agli aggressori. Così, nonostante nel loro atto costitutivo sia scritto che scopo delle Nazioni Unite è «prendere efficaci misure collettive per prevenire e rimuovere le minacce alla pace», l'impegno fu tradito alla prima occasione. Il nuovo stato riuscì a sopravvivere solo grazie ai propri soldati. Nel 1949, siglato l'armistizio con gli arabi, il primo ministro David Ben Gurion commentò: «Se non fosse stato per la nostra opposizione contro gli aggressori che agivano sfidando le Nazioni Unite, la Gerusalemme ebraica sarebbe stata spazzata via dalla faccia della terra».I profughi palestinesiChiusi ambedue gli occhi dinanzi alle ripetute violazioni dei diritti umani compiute ai danni degli ebrei nella parte di Gerusalemme controllata dai giordani, l'Onu fu prodiga di attenzioni per i palestinesi. I quali poterono ottenere lo status di rifugiati anche se non erano stati residenti "abituali" in Palestina, come previsto dal diritto internazionale, ma vi avevano vissuto solo per un paio d'anni. Inoltre continuarono ad essere considerati rifugiati anche dopo aver ottenuto una nuova nazionalità. Furono quindi affidati all'Unrwa (United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees), agenzia distinta dall'alto commissariato Onu per i rifugiati e dotata di un budget proprio. Infine, lo status di rifugiato divenne ereditario.Come scrive Carlo Panella, se si fosse applicata la definizione che vale per i profughi del resto del mondo, quelli palestinesi del 1948 e del 1967 oggi sarebbero circa centocinquantamila. «Invece, a causa del triste privilegio che riguarda l'ereditarietà di status, i profughi palestinesi, tra ufficiali e ufficiosi, sono diventati nel 2006 tre milioni e mezzo, forse più». Una pistola carica puntata su Israele: nel 1961 il presidente egiziano Gamal Abd el-Nasser spiegava che «se i rifugiati tornano in Israele, Israele cesserà di esistere».Ricade sull'Onu anche la responsabilità della guerra dei Sei Giorni. Il conflitto fu reso possibile dalla decisione dell'allora segretario generale, il birmano Sithu U Thant, di obbedire a Nasser, che gli aveva intimato di rimuovere le forze delle Nazioni Unite dalla penisola del Sinai, al confine meridionale di Israele. In questo modo, il 22 maggio del 1967, l'Egitto poté bloccare lo stretto di Tiran e il porto di Eilat, impedendo l'accesso al mare a Israele e dichiarando guerra al nemico.Sionismo e razzismoInsomma, è vero che Israele vede nemici dappertutto. Ma è vero pure che ha nemici giurati ovunque, anche dove non ne dovrebbe avere. Iniziando proprio dalle Nazioni Unite. Nel novembre del 1975, ad esempio, l'assemblea generale dell'Onu adottò la risoluzione 3379, con la quale stabilì che «il sionismo è una forma di razzismo». Segretario generale dell'organizzazione era l'austriaco Kurt Waldheim, il quale - si scoprirà nel 1986 - durante la seconda guerra mondiale era stato membro della Wehrmacht, le forze armate della Germania nazista. La risoluzione fu cancellata nel 1991, ma il canovaccio non è cambiato. Dore Gold, ambasciatore di Israele presso le Nazioni Unite dal 1997 al 1999, ha fatto i conti: «L'assemblea generale adotta una ventina di risoluzioni anti-israeliane ogni anno».All'interno dell'assemblea dell'Onu operano poi il Comitato per l'esercizio dei diritti inalienabili dei palestinesi, la Divisione per i diritti dei palestinesi e il Comitato speciale per investigare sulle pratiche di Israele riguardo ai diritti dei palestinesi e degli altri arabi dei territori occupati. Insieme, lamenta il governo israeliano, «spendono più di cinque milioni di dollari l'anno per promuovere quella che può essere considerata a tutti gli effetti propaganda anti-israeliana». La mappa priva dello stato di Israele esposta durante la "Giornata internazionale di solidarietà con il popolo palestinese" era roba loro.Ma è tutta l'Onu a funzionare in questo modo. La Commissione per i Diritti Umani, che come scrisse il New York Times era composta da «alcuni dei regimi più impegnati a violare questi diritti» (tanto che ha dichiarato fallimento nel 2006), ha dedicato a Israele quasi il trenta per cento delle sue risoluzioni di condanna. E nel Palazzo di Vetro è normale vedere la Commissione per lo Status delle Donne - tra i cui membri figurano stati islamici nei quali la lapidazione delle adultere, le mutilazioni genitali femminili e il divieto alle donne di guidare un'automobile sono prassi corrente - approvare risoluzioni contro Israele per il trattamento riservato alle donne palestinesi.Per decenni, Israele è stato l'unico paese impossibilitato a entrare in quegli organismi dell'Onu, come il consiglio di Sicurezza, per i quali era richiesta l'appartenenza a un gruppo regionale. Questo perché i paesi arabo-musulmani si sono sempre opposti all'inserimento di Israele nel loro gruppo, quello degli stati asiatici, al quale la geografia lo avrebbe assegnato. Così nel 2000 Israele è stato costretto ad entrare, con lo status di affiliato, nel Weog (Western European and Others Group), il gruppo dei paesi europei e delle altre democrazie di stampo occidentale. Ma i problemi restano, perché Israele può partecipare solo ai lavori del Weog che si svolgono a New York, non a quelli di stanza a Ginevra. Il risultato è che Israele continua a non poter far parte di numerosi organismi delle Nazioni Unite, come l'Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale.Gli aiuti ai terroristiPersino i terroristi ricevono dalle Nazioni Unite un trattamento migliore. Gold ha elencato per nome 46 miliziani di Hamas, della Jihad islamica e delle brigate dei martiri di Al-Aqsa legati da stretto rapporto, di studio o di lavoro, con l'Unrwa. Insegnanti di questa stessa agenzia sono stati scoperti a propagandare il suicidio tra i giovani della striscia di Gaza. E non si contano i casi in cui ambulanze e altri veicoli dell'Onu sono stati usati dai mujaheddin per assaltare posti di blocco israeliani o trasportare armi. Ingenuo, del resto, pensare che possa opporsi ai terroristi un'organizzazione che non riesce a dare una definizione ufficiale della parola «terrorismo».Gli stati arabo-musulmani, infatti, hanno una posizione di leadership nel G77, il gruppo di 130 Paesi «in via di sviluppo» che include le peggiori dittature del pianeta: Iran, Siria, Pakistan, Corea del Nord, Cuba… Queste nazioni rappresentano la larghissima maggioranza dei membri dell'Onu e, votando in blocco, tengono in pugno l'assemblea. Così i regimi islamici riescono facilmente a far approvare tutte le risoluzioni contro il governo di Gerusalemme e a far respingere quelle che condannano gli aggressori di Israele. Il risultato è proprio quello che tanto faceva indignare Oriana Fallaci: «L'Onu? Che Onu?!? L'Onu è la summa di tutte le ipocrisie, il concentrato di tutte le falsità».

lunedì 20 aprile 2009

Durban 2: perchè tanto odio ?

Durban 2: perche' tanto odio?

Oggi in Israele avranno inizio le solenni cerimonie per ricordare la Shoa' e questa sera in tutte le case di Israele verranno accese le candele che illumineranno le nostre finestre ininterrottamente fino a domani sera, quasi fosse un messaggio che l'un l'altro ci mandiamo: Ricorda sempre, sempre cio' che e' stato!
Oggi in Svizzera , a Ginevra, avra' inizio la saga dell'odio antiebraico e i festeggiamenti di Durban 2 saranno aperti da Mahmud Ahmadinejad, il presidente iraniano, novello Hitler mediorientale.
Fa ridere il pensiero che l'Europa che minaccia di arrestare generali israeliani per aver fatto la guerra contro il terrorismo palestinese, l'Europa che ha tentato di processare Ariel Sharon al tribunale dell'Aja, questa Europa oggi accoglie con tutti gli onori un uomo che parla di distruggere un paese membro dell'ONU e che nega la Shoa'.
Quest'uomo, questo criminale che fa impiccare donne e gay nel suo paese, che vorrebbe ammazzare ogni ebreo del mondo, aprira' la sessione della seconda conferenza contro il razzismo e l'islamofobia, in favore e promozione dell'antisemitismo.
Quest'uomo, questo criminale e' stato ricevuto dal presidente svizzero in persona.
Che dire? Complimenti alle Nazioni Unite per essere ormai un'organizzazione islamofascista.
Complimenti alla Svizzera che gia' mi stava sulle scatole dopo aver saputo che, durante la Shoa', accettava solo gli ebrei che potevano pagarsi la salvezza, gli altri andassero pure nei campi della morte.
Onore invece agli stati che si sono chiamati fuori da questo festival dell'odio: Italia, Olanda, Germania, Nuova Zelanda, Australia, Canada, Usa e , naturalmente, Israele.
Speriamo che altri se ne aggiungano o che lascino la conferenza all'apparire del demonio iraniano.
Inghilterra e Francia parteciperanno per non venir meno alla nomea di stati piu' antisemiti d'Europa e dobbiamo ringraziare gli dei che in Italia non sia al governo la sinistra che certamente avrebbe partecipato in nome degli affettuosi abbracci tra Prodi e Ahmadinejad e dell'amicizia tra Dalema e hezbollah.
Il mondo arabo sara' presente compatto e gonfio di odio, insieme agli immancabili Neturei Karta, il piccolo , per fortuna, gruppo di ebrei antisionisti e amici di tutti gli arabi che desiderino annientare Israele, amici fraterni e personali di Ahmadinejad.
Al di la' delle presenze e del boicottaggio di Durban 2 quello che preoccupa e' che oggi, nel 21 secolo, a 64 anni dall'assassinio di 6 milioni di ebrei, mentre l'aria d'Europa e' percorsa ancora dagli spiriti di 1.500.000 di bambini ebrei ammazzati, mentre turisti europei piangono uscendo dal mausoleo dei bambini allo Yad vaShem di Gerusalemme, in questa stessa Europa , altri europei trovano normale accettare il fascismo islamico.
Ieri sera Ahmadinejad ha dichiarato al presidente svizzero Hans-Rudolf Merz che Israele e' l'incarnazione del male e Hans Rudolf Merz non ha reagito.
Israele ha richiamato l'ambasciatore svizzero e Bibi Netaniahu ha dichiarato " Sei milioni di persone sono state assassinate in Europa che pare che non abbia imparato niente. Mentre noi commemoreremo i nostri milioni di morti , loro accoglieranno l'uomo che nega la Shoa' e che vuole cancellare Israele dalla mappa del mondo."
Vergogna alla Svizzera.
Vergogna all'ONU.
Vergogna al genere umano.
In Israele un'orchestra di bambini palestinesi che era andata a suonare per i sopravvissuti della Shoa' a Holon , vicino a Tel Aviv, e' stata sciolta dall'ANP e la loro direttrice, un'araboisraeliana, e' stata licenziata ed espulsa dai territori.
Questa e' la voglia di pace palestinese.
Chi ci ama , questa sera, accenda una candela e pensi che se 64 anni fa ci fosse stata Israele, nessuno avrebbe potuto ammazzare un solo ebreo e oggi forse non esisterebbe un mostro come Ahmadinejad.
Mentre a Ginevra questa sera ci saranno manifestazioni contro Israele, odio e ancora odio, giovani e meno giovani colla bava alla bocca e le bandiere palestinesi sventolanti, a Gerusalemme un ragazzo di 16 anni suonera' un vecchio violino custodito a Yad va Shem e appartenuto a Motele Schlein un piccolo partigiano ebreo di 12 anni assassinato dai nazisti.
Ognuno ha i suoi valori e i suoi eroi, noi abbiamo la Vita, Israele e i nostri Figli.
Loro hanno odio, livore, accanimento e morte.


Deborah Fait
www.informazionecorretta.com

We shall overcome

Israel we are with you !