sabato 23 maggio 2009, 07:00
L’ipocrisia - Il Cav dice quello che pensano tutti (anche a sinistra)
di Peppino Caldarola
So che mi diranno che sono diventato berlusconiano. Non è vero. Se fosse vero lo direi. Più semplicemente non ne posso più di polemiche iniziate quando i miei primi figli erano all’università e che continuano ora che hanno messo su famiglia. L’ultima è di queste ore. Berlusconi ha attaccato il Parlamento, dicono. Il presidente Fini ha preso le difese delle Camere, l’opposizione ha gridato al «regime». Persino il mite Antonello Soro, capogruppo Pd al Parlamento, ha rilasciato dichiarazioni come fossimo al giorno dopo l’assassinio di Matteotti. Ferrero e Diliberto hanno convocato sit in e il capo del partito più antidemocratico che esista, Antonio Di Pietro, ha chiamato alla sollevazione contro il fascismo. Dobbiamo aver paura?
Mi piace partire dai fatti e sono andato a cercarmi le frasi di Berlusconi su un giornale non berlusconiano. Così le riferisce il Corriere della Sera. La prima è questa: «Non ho poteri, perché la Costituzione è stata scritta dopo il Ventennio, tutto il potere è andato al Parlamento, pletorico, 630 deputati, ne basterebbero 100 come il Congresso americano». La seconda è questa: «Diranno che offendo il Parlamento, ma questa è la pura realtà: le assemblee pletoriche sono inutili. Alcuni parlamentari non si vedono mai, perché imprenditori, professionisti hanno cose più importanti da fare che stare lì dentro per un giorno con le mani dentro la scatoletta del voto e votare centinaia di emendamenti». Questo sarebbe l’attacco al Parlamento.
Ho pensato alla mia esperienza durata sette anni e ai discorsi che facevo con i tanti colleghi di sinistra e di destra (non ho mai perso il vizio del dialogo). Dicevamo le stesse cose di fronte a giornate lunghissime in cui eravamo a disposizione di capigruppo per votare leggi che il più delle volte non si conoscevano. La frustrazione era tanta, per fortuna ben pagata così da alleviare il male dell’anima. L’aspetto paradossale di quest’ultima polemica sulla democrazia e sul Parlamento è che avviene come se tutti scoprissero oggi dalle parole di Berlusconi che il nostro sistema parlamentare è malato.Non c’è stato convegno, organizzato dai partiti del centrosinistra, in cui non si siano denunciati due limiti delle Camere. Il primo riguarda il fatto che hanno le stesse funzioni mentre nei Paesi civili, in quelli che hanno due Camere, la diversità di funzione e di rappresentanza spiega l’origine del bicameralismo. Il secondo riguarda il numero di deputati e senatori. Non c’è alcun dubbio che siano troppi. Oggi poi sono eletti non più sulla base di un collegio ma nominati dall’alto, quindi la loro funzione di rappresentanza si è ridotta quasi a zero. Se sottoponessimo le frasi di Berlusconi a qualunque presidente delle Camere del passato o a qualunque leader della sinistra, senza dire chi ne è l’autore, avremmo consensi entusiasti. Diciamo la verità: Berlusconi ha detto quello che pensano tutti e che è stato sancito da una convegnistica sulla materia che ha prodotto centinaia di migliaia di pagine. Allora dov’è il problema?
Berlusconi ha un modo colorito di parlare. È un affabulatore che va diritto al sodo e sa come affascinare una platea. Giovedì il suo discorso davanti a una platea di imprenditori ha ricevuto molti applausi, comprese le parti che hanno sollevato polemiche. Non credo che gli imprenditori italiani, applaudendolo, abbiano inneggiato al fascismo. Hanno altro da pensare. Più semplicemente hanno sottolineato il distacco che li separa da un Parlamento che non gode nell’opinione pubblica di una grande stima. E non ne gode proprio perché lavora in modo farraginoso, l’una Camera è lo specchio dell’altra, i parlamentari sono troppi.
Le stesse cose che ha detto Berlusconi si potevano dire in modo diverso. Tuttavia il problema è quello. Il giorno in cui si farà una Grande Riforma condivisa si ridurrà il numero dei parlamentari e si assegneranno compiti diversi alle Camere stabilendo forme diverse della rappresentanza. È tutto così banale, così scontato, così già scritto, così di pubblico dominio. Invece no. La costruzione del Mostro procede a mano a mano che si avvicina il voto di giugno. Il Cavaliere è malato, va con le minorenni, è un corruttore di avvocati, vuole abolire il Parlamento. Franceschini ha chiesto voti, significativamente, davanti alla platea di Annnozero, solo per riequilibrare l’enorme consenso del premier. Per anni abbiamo sostenuto, l’ha detto persino Veltroni prima della cura Di Pietro, che non bisogna più chiedere il voto «contro» ma «per». Si sono fatti congressi per invitare la gente di sinistra a lasciare gli ormeggi delle vecchie ideologie per passare a motivazioni positive. Tempo sprecato. In preda al panico il gruppo dirigente del Pd sta tirando la volata a Di Pietro. Fra qualche settimana al prossimo convegno del Centro per la Riforma dello Stato o della fondazione Italianieuropei, saremo chiamati a discutere di bicameralismo malato e di pletoricità della rappresentanza.
Roba da matti.
L’ipocrisia - Il Cav dice quello che pensano tutti (anche a sinistra)
di Peppino Caldarola
So che mi diranno che sono diventato berlusconiano. Non è vero. Se fosse vero lo direi. Più semplicemente non ne posso più di polemiche iniziate quando i miei primi figli erano all’università e che continuano ora che hanno messo su famiglia. L’ultima è di queste ore. Berlusconi ha attaccato il Parlamento, dicono. Il presidente Fini ha preso le difese delle Camere, l’opposizione ha gridato al «regime». Persino il mite Antonello Soro, capogruppo Pd al Parlamento, ha rilasciato dichiarazioni come fossimo al giorno dopo l’assassinio di Matteotti. Ferrero e Diliberto hanno convocato sit in e il capo del partito più antidemocratico che esista, Antonio Di Pietro, ha chiamato alla sollevazione contro il fascismo. Dobbiamo aver paura?
Mi piace partire dai fatti e sono andato a cercarmi le frasi di Berlusconi su un giornale non berlusconiano. Così le riferisce il Corriere della Sera. La prima è questa: «Non ho poteri, perché la Costituzione è stata scritta dopo il Ventennio, tutto il potere è andato al Parlamento, pletorico, 630 deputati, ne basterebbero 100 come il Congresso americano». La seconda è questa: «Diranno che offendo il Parlamento, ma questa è la pura realtà: le assemblee pletoriche sono inutili. Alcuni parlamentari non si vedono mai, perché imprenditori, professionisti hanno cose più importanti da fare che stare lì dentro per un giorno con le mani dentro la scatoletta del voto e votare centinaia di emendamenti». Questo sarebbe l’attacco al Parlamento.
Ho pensato alla mia esperienza durata sette anni e ai discorsi che facevo con i tanti colleghi di sinistra e di destra (non ho mai perso il vizio del dialogo). Dicevamo le stesse cose di fronte a giornate lunghissime in cui eravamo a disposizione di capigruppo per votare leggi che il più delle volte non si conoscevano. La frustrazione era tanta, per fortuna ben pagata così da alleviare il male dell’anima. L’aspetto paradossale di quest’ultima polemica sulla democrazia e sul Parlamento è che avviene come se tutti scoprissero oggi dalle parole di Berlusconi che il nostro sistema parlamentare è malato.Non c’è stato convegno, organizzato dai partiti del centrosinistra, in cui non si siano denunciati due limiti delle Camere. Il primo riguarda il fatto che hanno le stesse funzioni mentre nei Paesi civili, in quelli che hanno due Camere, la diversità di funzione e di rappresentanza spiega l’origine del bicameralismo. Il secondo riguarda il numero di deputati e senatori. Non c’è alcun dubbio che siano troppi. Oggi poi sono eletti non più sulla base di un collegio ma nominati dall’alto, quindi la loro funzione di rappresentanza si è ridotta quasi a zero. Se sottoponessimo le frasi di Berlusconi a qualunque presidente delle Camere del passato o a qualunque leader della sinistra, senza dire chi ne è l’autore, avremmo consensi entusiasti. Diciamo la verità: Berlusconi ha detto quello che pensano tutti e che è stato sancito da una convegnistica sulla materia che ha prodotto centinaia di migliaia di pagine. Allora dov’è il problema?
Berlusconi ha un modo colorito di parlare. È un affabulatore che va diritto al sodo e sa come affascinare una platea. Giovedì il suo discorso davanti a una platea di imprenditori ha ricevuto molti applausi, comprese le parti che hanno sollevato polemiche. Non credo che gli imprenditori italiani, applaudendolo, abbiano inneggiato al fascismo. Hanno altro da pensare. Più semplicemente hanno sottolineato il distacco che li separa da un Parlamento che non gode nell’opinione pubblica di una grande stima. E non ne gode proprio perché lavora in modo farraginoso, l’una Camera è lo specchio dell’altra, i parlamentari sono troppi.
Le stesse cose che ha detto Berlusconi si potevano dire in modo diverso. Tuttavia il problema è quello. Il giorno in cui si farà una Grande Riforma condivisa si ridurrà il numero dei parlamentari e si assegneranno compiti diversi alle Camere stabilendo forme diverse della rappresentanza. È tutto così banale, così scontato, così già scritto, così di pubblico dominio. Invece no. La costruzione del Mostro procede a mano a mano che si avvicina il voto di giugno. Il Cavaliere è malato, va con le minorenni, è un corruttore di avvocati, vuole abolire il Parlamento. Franceschini ha chiesto voti, significativamente, davanti alla platea di Annnozero, solo per riequilibrare l’enorme consenso del premier. Per anni abbiamo sostenuto, l’ha detto persino Veltroni prima della cura Di Pietro, che non bisogna più chiedere il voto «contro» ma «per». Si sono fatti congressi per invitare la gente di sinistra a lasciare gli ormeggi delle vecchie ideologie per passare a motivazioni positive. Tempo sprecato. In preda al panico il gruppo dirigente del Pd sta tirando la volata a Di Pietro. Fra qualche settimana al prossimo convegno del Centro per la Riforma dello Stato o della fondazione Italianieuropei, saremo chiamati a discutere di bicameralismo malato e di pletoricità della rappresentanza.
Roba da matti.
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