martedì 26 maggio 2009

Obama Obama .....

Usa, si riaccende il dibattito sulle politiche antiterrorismo

Roma, 25 mag (Velino) - In America si è riacceso il dibattito su Guantanamo, sulla detenzione dei terroristi e sui metodi di interrogatorio della Cia, e in generale sulle politiche anti-terrorismo e la sicurezza nazionale. La settimana scorsa il Senato Usa ha negato a Obama i fondi richiesti per chiudere Guantanamo e trasferire alcuni dei più pericolosi detenuti in prigioni americane. In un discorso pronunciato giovedì scorso il presidente ha cercato di spiegare cosa intende fare. Dopo pochi minuti, intervenendo a un incontro organizzato dal think tank neoconservatore "American Enterprise Institute", l'ex vicepresidente Dick Cheney ha replicato, difendendo l'operato dell'amministrazione Bush e attaccando le scelte di Obama sulla sicurezza nazionale. La diretta tv dei due discorsi, uno dietro l'altro, ha creato un effetto-dibattito.
Obama ha spiegato di voler mantenere la sua promessa di chiudere Guantanamo, anche se rimane aperto il problema di dove trasferire i 241 terroristi ancora detenuti. Cinque le possibili soluzioni indicate dal presidente. Quelli che hanno organizzato o partecipato ad attentati, saranno giudicati da tribunali federali e detenuti in penitenziari di massima sicurezza. Alcuni verranno processati da tribunali militari "perché hanno violato le leggi di guerra"; altri saranno rilasciati; una cinquantina "saranno consegnati ad altri paesi". Tra questi, due dovrebbero finire in Italia. Si è parlato di due tunisini che gli Stati Uniti avrebbero chiesto all'Italia di prendere in consegna: Riadh Nasri e Moez Fezzani, indagati nel 2007 dalla Procura di Milano perché accusati di essere stati i punti di riferimento di una cellula italiana di Al Qaeda. "Una richiesta da considerare con spirito positivo - ha dichiarato il ministro degli Esteri Frattini - ovviamente valutando i singoli casi che non conosciamo sulla base di un quadro europeo, perché in Europa c'è un regime di libera circolazione Schengen e quindi non possiamo prendere una persona e imprigionarla". L'Italia comunque non avrebbe ancora ricevuto alcuna richiesta ufficiale, ha chiarito oggi un portavoce della Farnesina. Intervistato dalla Cnn, Berlusconi ha aggiunto che l'Italia "farà il possibile per dare una mano agli Stati Uniti", ma che l'intenzione è quella di comportarsi "come gli altri Paesi europei" e "in base alle nostre leggi". Ci sono infine i casi più difficili da risolvere, come ha ammesso Obama, di coloro che non possono essere processati ma pongono una "chiara minaccia alla nazione". Il presidente ha assicurato che non verranno rilasciati, aggiungendo solo che l'amministrazione lavorerà con il Congresso per elaborare un appropriato regime legale. Nei confronti di essi si prospetta comunque una detenzione a tempo indeterminato senza processo, cioè uno status per lo meno molto simile a quello vigente a Guantanamo.
Se Obama ha rivendicato una "nuova direzione rispetto agli otto anni precedenti", e se c'è chi lo accusa, come Cheney, di mettere in pericolo la nazione, c'è anche chi, invece, dice che nella sostanza le sue politiche non sono molto distanti da quelle di Bush. Così la pensa, per esempio, il Wall Street Journal: "Nella retorica, il suo discorso si sforzava di dichiarare una direzione morale nettamente nuova. Nella sostanza, tuttavia, è sembrato più una riabilitazione dei sette anni trascorsi". Rimane l'uso delle commissioni militari, seppure con alcuni "abbellimenti procedurali come copertura politica", in pratica riconoscendo che è "difficile" processare alcuni terroristi davanti a tribunali civili, "perché molte delle prove contro di loro o sono segretate per motivi di sicurezza nazionale o non sono state prese all'epoca sui campi di battaglia". Riguardo i circa 50 detenuti da trasferire in altri paesi, "gli europei che hanno contrastato così veementemente Guantanamo negli anni di Bush si sono improvvisamente accorti che questi detenuti sono pericolosi". Mentre Obama non ha ancora chiarito cosa intende fare con coloro che non possono essere processati ma che pongono una "chiara minaccia alla nazione". "Il che - conclude il Wsj - ci riporta a Guantanamo". Anche perché secondo un rapporto del Pentagono, citato dal New York Times, "non meno di un settimo dei detenuti rilasciati da Guantanamo sono tornati alla jihad". Il "vero caos" non è quello che Obama dice di aver ereditato, ma quello creato da lui, annunciando la chiusura di Guantanamo "senza avere un piano su cosa fare dei detenuti più pericolosi, e dove metterli", soprattutto "ora che ha scoperto che i suoi alleati della prima ora al Congresso e gli europei non vogliono avere nulla a che fare con essi".
Per Gerald Seib, Obama e Cheney hanno pronunciato in realtà quattro discorsi. Uno l'ha pronunciato Cheney, "un feroce attacco a coloro che hanno criticato i metodi di interrogatorio e di detenzione dei terroristi autorizzati dall'amministrazione Bush". Obama invece ha pronunciato "tre discorsi intrecciati in uno". Il primo, per rispondere alle critiche da destra, secondo cui è troppo "morbido" nei confronti del terrorismo e sta mettendo in pericolo l'America. Il secondo, per rispondere alle critiche da sinistra, secondo cui è rimasto troppo vicino alle politiche di Bush. Il terzo, rivolto "agli americani nel mezzo", ai quali Obama ha assicurato che "sta cercando un sensato punto d'equilibrio che tenga fuori gioco i sospetti terroristi pur continuando ad onorare i valori americani". La "fondamentale differenza" tra i discorsi di Obama e Cheney, osserva Seib, riguarda "la possibilità stessa che esista una via di mezzo nella lotta contro gli islamisti radicali". Obama "ha descritto la ricerca di una strategia appropriata come un dibattito tra chi a sinistra non fa sconti riguardo le sfide uniche poste dal terrorismo e chi a destra sostiene che qualsiasi cosa va fatta per combatterlo". E secondo Obama "entrambe le parti sono in buona fede dal loro punto di vista, ma nessuna delle due ha ragione". Per Cheney, Obama e i democratici "possono essere confortati dalle critiche che provengono da entrambe le estremità dello spettro politico. Se a sinistra sono scontenti di alcune decisioni, e i conservatori di altre, può sembrar loro di essere sulla via di un compromesso appropriato. Ma nella lotta contro il terrorismo, non c'è via di mezzo, e le mezze misure vogliono dire mezza sicurezza. La triangolazione è una strategia politica, non una strategia di sicurezza nazionale".
Secondo David Brooks, del New York Times, Obama e Cheney sono stati "complici nell'alimentare un mito". È solo un "mito", infatti, "che abbiamo vissuto un periodo di otto anni delle politiche anti-terrorismo Bush-Cheney e che ora siamo entrati nel periodo totalmente diverso della politica anti-terrorismo Obama-Biden". Si tratta di "una completa distorsione della realtà". Il periodo Bush-Cheney è durato solo due o tre anni. Durante i quali l'amministrazione "ha tentato di tutto per scoprire e prevenire le minacce" e i funzionari "credevano di operare nella legalità, ma hanno fatto cose che ora molti di noi trovano moralmente inaccettabili e controproducenti". Dal 2005 circa è cominciato il "periodo Bush-Rice-Hadley". "Gradualmente, un certo numero di funzionari dell'amministrazione tentarono di fermare gli eccessi del periodo Bush-Cheney. Non l'hanno sempre spuntata, sono stati spronati dalle decisioni dei tribunali e dalla pubblica indignazione, ma la graduale evoluzione della politica è stata evidente", sottolinea Brooks. Già durante il secondo mandato di Bush l'amministrazione stava cercando di porre fine all'esperienza di Guantanamo e la pratica del waterboarding non è più stata usata dal 2004. "Quando Cheney denuncia il cambiamento nella politica di sicurezza, in realtà non sta attaccando Obama, ma la seconda amministrazione Bush... L'insediamento di Obama non ha segnato uno spostamento nella sostanza della politica anti-terrorismo, ma un cambiamento nella credibilità pubblica di quella politica". Una conferma di questa lettura viene da Jack Goldsmith, ex consulente legale dell'amministrazione Bush, nell'articolo su "The New Republic" intitolato "The Cheney Fallacy". Goldsmith elenca una serie di politiche - Guantanamo, la sospensione dell'habeas corpus, le commissioni militari, le cosiddette rendition, gli interrogatori e così via - mostrando come nella maggior parte dei casi, la politica di Obama sia in continuità o rappresenti una graduale evoluzione rispetto alla politica dell'ultimo Bush: "La differenza fondamentale tra le amministrazioni Obama e Bush riguarda non la sostanza della politica anti-terrorismo, quanto piuttosto la sua presentazione. L'amministrazione Bush si è data a lungo la zappa sui piedi, a detrimento della legittimazione e dell'efficacia delle sue politiche, disinteressandosi delle procedure e della presentazione. L'amministrazione Obama, al contrario, è seriamente concentrata su di esse". Obama, conclude quindi David Brooks, "ha ripreso molto delle politiche che lo stesso Bush aveva abbandonato, le ha rese credibili agli occhi del paese e del mondo. Le ha mantenute e riformate in modo intelligente. Le ha inserite in un contesto più convincente. Facendo ciò non ci ha resi meno sicuri, ma più sicuri. Nel suo discorso Obama ha spiegato le sue decisioni in modo dettagliato e coerente. Ha ammesso che alcuni problemi sono difficili e non sono di facile soluzione. Ha trattato gli americani da adulti, e ha avuto il loro rispetto".
Anche secondo Charles Krauthammer nella sostanza Obama sta adottando le tanto vituperate politiche di Bush: "Se l'ipocrisia è il tributo che il vizio paga alla virtù, allora l'inversione di rotta su misure anti-terrorismo in passato denunciate sono il tributo che Obama paga a George W. Bush. In 125 giorni Obama ha adottato con modifiche solo marginali un'ampia parte dell'intero programma di Bush accusato di essere illegale". L'ultima "inversione di rotta" ha riguardato la riesumazione delle commissioni militari. Su Guantanamo, sono i "compagni democratici di Obama che hanno ben presto scoperto la sensatezza della scelta di Bush". I senatori democratici non sono in linea di principio contrari, ma si oppongono alla chiusura "finché il presidente non chiarisce dove intende mettere i detenuti". Secondo alcuni, in ogni caso non sul suolo americano. E ciò non lascia aperte molte altre possibilità, visto che "i paesi di origine non li vogliono" e gli europei sono "recalcitranti". "Osservatori di tutte le parti politiche sono sbalorditi da quanta parte della politica di sicurezza nazionale di Bush sta per essere adottata" da Obama. "Cosa dimostra tutto ciò?", si chiede Krauthammer: "La demagogia e l'ipocrisia dei democratici? Certo, ma a Washington, l'opportunismo e il cinismo non fanno notizia. C'è qualcosa di più grande in gioco - un innegabile, irresistibile, interesse nazionale che, alla fine, al di là della cattiva politica, si afferma da sé. La genialità della democrazia è che l'alternanza al potere obbliga l'opposizione a diventare responsabile quando va al governo. È ciò che sta accadendo sotto i nostri occhi. Le politiche di Bush nella guerra al terrore non dovranno aspettare gli storici per ottenere giustizia. Obama la già sta facendo giorno dopo giorno". Obama sta "correggendo qui e là le politiche dell'amministrazione Bush e sta cercando di fornire ad esse un più solido fondamento legale", osserva anche Clive Crook, sul Financial Times. "Questa ricalibratura è significativa e saggia, ma in nessun modo si tratta dell'approccio interamente nuovo" che tutti si aspettavano. Secondo Crook, Obama "è nel giusto, ma deve ai suoi sostenitori delle scuse per averli fuorviati. E deve delle scuse anche a George W. Bush per aver detto che l'approccio della precedente amministrazione era un'offesa ai valori americani, mentre le sue politiche sarebbero state del tutto consonanti con essi". Una volta entrato in carica, Obama "ha scoperto che il problema è molto più complicato". Che il terrorismo "non è un'ordinaria impresa criminale" e sconfiggerlo richiede "misure straordinarie". "Di fatto - conclude Crook - Obama ha ammesso che su questo l'amministrazione Bush aveva ragione".

(Federico Punzi) 25 mag 2009 17:03
http://www.ilvelino.it/articolo.php?Id=857841

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