venerdì 30 novembre 2007

I familiari dei morti in Iraq in tribunale contro i pacifisti

I familiari dei morti in Iraq in tribunale contro i pacifisti
per la "maglietta dei caduti"

Testata: Corriere della Sera
Data: 25 settembre 2007
Pagina: 21
Autore: Monica Ricci Sargentini
Titolo: «La «maglietta dei caduti» divide l'America»


Dal CORRIERE della SERA del 25 settembre. Un articolo su una vicenda, che, comunque si concluda da un punto di vista legale, giustifica da subito un chiaro giudizio morale.
Di condanna per il cinismo dei pacifisti che sfruttano il nome dei caduti in guerra ignorando i sentimenti dei loro congiunti.
Ecco il testo:

Alcuni la considerano una bandiera della libertà d'espressione, altri un ignobile mercimonio della memoria dei caduti. Una maglietta pacifista sta facendo litigare l'America. «Bush lied» è lo slogan rosso fuoco stampato sul davanti della t-shirt, «They died» la triste replica sul lato posteriore. «Bush ha mentito, loro sono morti». Loro sono i soldati americani caduti in Iraq, 3.734 nomi riportati in caratteri minuscoli sul capo in vendita su Internet. L'idea di usare la loro fine a scopi commerciali è stata di Dan Frazier, pacifista squattrinato con velleità imprenditoriali. Nel 2003 Frazier fonda CarryaBigSticker.com,
un sito che vende adesivi da attaccare sui paraurti delle macchine per protestare contro la guerra in Iraq. Il tempo passa, i morti aumentano e lo sticker diventa una t-shirt usata dai pacifisti durante i sit-in di protesta. Finché un giorno Margy Bons non la vede e si mette a piangere. Suo figlio, Michael Marzano, in Iraq ci ha lasciato la vita ma lui nella guerra ci credeva, non avrebbe mai condiviso il messaggio della maglietta. E così da Phoenix, in Arizona, Margie lancia la sua crociata «per proteggere la memoria dei caduti». E tante famiglie colpite dal lutto la appoggiano. Dall'Oklahoma al Texas la gente va su tutte le furie. Frazier viene sommerso dalle lettere di protesta, ha persino paura a rispondere al telefono. «Questo disgraziato — si legge sul sito Rightwinged. com — dovrebbe completare lo slogan e scrivere "Bush ha mentito, loro sono morti e io ho incassato".
Frazier va avanti, imperterrito, senza crisi coscienza: «Non smetterò certo di dormire — dice — perché cerco di campare facendo del bene». I genitori, allora, si rivolgono ai parlamenti locali. Chiedono una legge che impedisca al primo che passa di impadronirsi delle loro memorie. E vengono accontentati. Cinque Stati americani (Louisiana, Arizona, Texas, Oklahoma e Florida) s'inventano un nuovo crimine: uso non autorizzato dell'identità di un soldato deceduto. Con pene che arrivano a un anno di reclusione e multe salatissime. Il reato presto potrebbe diventare federale, un progetto di legge in tal senso è già stato presentato al Congresso. Ma per i parenti delle vittime è una vittoria di pirro. Tanta pubblicità inaspettata giova al pacifista- imprenditore. Le vendite si impennano insieme al risentimento di molti americani verso una guerra «sbagliata». Nel 2005 una maglietta costava dieci dollari, oggi il prezzo è più che raddoppiato. Frazier fiuta l'affare e lo cavalca. Il suo prodotto diventa una battaglia di principio. «Un sacco di soldati — dice al Los Angeles Times — sono morti pensando di combattere per i valori americani come la democrazia e la libertà d'espressione. E ora i loro cari vogliono toglierci quei diritti». Un colpo da maestro che coglie nel segno perché sposta il terreno dello scontro sul piano politico. Il messaggio comincia a passare sui blog liberal: «Le nostre magliette anti-guerra sono illegali » è la pubblicità lanciata dal fondatore di CarryaBigSticker. com. E poi la ciliegina sulla torta: per ogni t-shirt venduta un dollaro viene donato a un'associazione di beneficenza per aiutare le famiglie dei caduti. «La mia sensazione — dice al Los Angeles Times Jennifer Urban, docente di legge alla University of Southern California — è che Frazier stia usando i nomi per fare una dichiarazione politica e questo ricade sotto la protezione del primo emendamento della Costituzione, quello che garantisce, a ragione, alcuni diritti fondamentali, tra cui la libertà di espressione. Capisco che possa essere triste per le famiglie dei caduti».
Per ora, tra l'altro, Frazier non si è arricchito. Nel 2006 ha denunciato al fisco 23,500 dollari di entrate lorde. Quest'anno i guadagni saranno maggiori ma non certo milionari. «Non voglio mancare di rispetto alle famiglie — dice —. Ma l'uso dei nomi è una delle armi più potenti del movimento pacifista, non possono togliercela. Smetteremo di vendere le magliette quando l'ultimo soldato sarà tornato a casa». Intanto dall'Iraq i militari non ringraziano. Anzi. Accendono il computer e scrivono a CarryaBigSticker. com: «In caso di morte vi diffido dall'usare il mio nome». Un'azione preventiva inutile secondo Frazier: «Non ne hanno diritto — dice —. Che succederebbe se cominciassimo a togliere tutti i nomi delle vittime dell'Olocausto dai memoriali?». Lo stesso vale per il muro che, a Washington, ricorda i 58.256 caduti in Vietnam. Ma in quel caso, ribattono gli interessati, non c'è fine di lucro. E che dire, allora, del vignettista Mike Luckovich che, nel 2005, sotto la parola
Why? ha scritto a mano i nomi di 2000 soldati morti in Iraq. A lui hanno dato il premio Pulitzer. E l'Atlanta Journal Constitution ora vende le ristampe. La versione deluxe
costa solo 239,95 dollari.

http://www.informazionecorretta.it/main.php?mediaId=2&sez=120&id=22042

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