venerdì 30 novembre 2007

Gli 007 avevano avvisato dei rischi ma il governo li ha voluti ignorare

«Gli 007 avevano avvisato dei rischi ma il governo li ha voluti ignorare» di TOMMASO MONTESANO
«Quello che sta accadendo in AfghanistanROMA era purtroppo prevedibile. Ma il governo, per non perdere l'appoggio della sinistra radicale, necessario per la sua sopravvivenza, è costretto a negare l'evidenza». Ovvero che a Kabul è in atto un'escalation che per Sergio De Gregorio, presidente della commissione Difesa del Senato, prelude «all'irachizzazione del conflitto». Scenario di fronte al quale l'assetto del nostro contingente è «inadeguato dal punto di vista dei sistemi d'arma e da quello della composizione numerica». Senatore, l'attacco di ieri poteva essere sventato? «Una serie di analisi dei servizi di sicurezza europei e americani, e uno studio di un autorevole istituto britannico, ci avevano avvertiti del rischio di una "irachizzazione" del conflitto afghano». Sarebbe a dire? «Primo: ci avevano messo in guardia sul fatto che le armate talebane erano state superate nella capacità offensiva da cellule integraliste islamiche che fanno capo direttamente ad Al Qaeda. Secondo: che potenze straniere, Iran in testa, avevano provveduto ad armare sia i talebani che le cellule qaediste per poterli utilizzare come strumento di minaccia verso l'Occidente nel momento della trattativa sul nucleare. Terzo: che lo scenario di tipo iracheno si stava spostando in Afghanistan». I report sono stati portati all'attenzione del governo? «Dopo queste segnalazioni, il sottoscritto ha cominciato a parlare in commissione Difesa di preoccupazione per l'irachizzazione del conflitto». E Palazzo Chigi cosa ha deciso? «Ha risposto più volte spiegando che la situazione era sì critica e preoccupante, ma non c'era il rischio di scivolare verso uno scenario di tipo iracheno. L'ultima volta è successo martedì scorso, quando un sottosegretario ha riferito per conto del ministro dopo l'aggressione, a suon di razzi, al nostro aeroporto di Herat. Eravamo attoniti». Perché? «Perché siamo sprovvisti, tra l'altro, di uno strumento di risposta rapida che si chiama "Sky shields", un sistema elettronico-radaristico con potenza di fuoco che individua le minacce, le localizza e risponde prima che i razzi arrivino al suolo. Molte altre cose, però, potrebbero esserci utili». Ad esempio? «Voglio dire che il problema non è comprare "Sky shields", ma rafforzare i sistemi d'arma in senso offensivo e il contingente dal punto di vista numerico, che oltre ai 250 uomini in più in occasione dell'assunzione del comando a Kabul, dovrebbe prevedere un incremento di altre 500 unità. Non è che andiamo in guerra, sia chiaro, ma è la guerra che sta cercando noi e il nostro contingente deve essere pronto ad affrontare uno scenario simile. Peccato che la sinistra radicale, l'ultima volta la settimana scorsa in commissione, chieda sempre di ripensare la missione». Gli stati maggiori condividono la necessità di rafforzare il contingente? «Attualmente si dicono capaci di contrastare le minacce, ma il problema è il basso profilo che la politica sta chiedendo alle Forze armate. Alzare il profilo della potenza militare significa essere autorizzati a rispondere, quindi a combattere. Le Forze armate sono vittime di una politica per la quale anche pronunciare la parola "guerra" rappresenta un problema. Siamo stati costretti a cambiare perfino il linguaggio delle Forze armate. Guai a pronunciare la parola "combat", ad esempio». Per evitare imbarazzi a sinistra? «È evidente: per evitare di cadere in Parlamento sull'Afghanistan. Oltretutto il governo non rispetta gli impegni. Nell'allungare i tempi della missione da sei mesi a un anno, abbiamo imposto all'esecutivo di riferire in Parlamento. In genere, però, il governo evita di affrontare dibattiti che potrebbero essere pericolosi per la tenuta della maggioranza. Adesso, però, bisogna uscire dall'equivoco e affrontare un dibattito sul futuro della missione: dobbiamo chiedere o una riunione congiunta delle commissioni Esteri o Difesa, o discuterne in aula». A gennaio il Parlamento dovrà pronunciarsi sul rifinanziamento. Che succederà? «Il governo si dilanierà. Avrà il cappio al collo della sinistra radicale, che chiede il pagamento di prezzi ideologici di fronte a questioni nelle quali invece c'è bisogno di mostrare i muscoli». SERGIO DE GREGORIO p Una serie di analisi dei servizi di sicurezza europei e americani, e uno studio di un autorevole istituto britannico, ci avevano avvertiti del rischio di una "irachizzazione" del conflitto afghano. Palazzo Chigi ha risposto più volte spiegando che la situazione era sì critica e preoccupante, ma non c'era il rischio di scivolare verso uno scenario di tipo iracheno. L'ultima volta è successo martedì scorso
http://www.libero-news.it/libero/LP_showArticle.jsp?edition=25%2F11%2F2007&topic=4921&idarticle=89657261

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