martedì 28 ottobre 2008

Ancora sulla Riforma Gelmini

Per rispondere alle assolute falsità “sparate” in questi giorni dalla sinistra e riprese da tanti studenti che forse non sanno queste cose.
Scoprirebbero che i “tagli” chiedono sostanzialmente solo l’applicazione da parte delle regioni dei decreti “Bassanini” e “Berlinguer” ovvero scelte della sinistra che allora furono accettate, ma oggi vengono politicamente strumentalizzate dal PD, dalla piazza e da chi allora stava zitto e oggi protesta.
Sono “tagli” in termini assoluti? Complessivamente no, perché gli investimenti per la scuola non solo non scendono ma addirittura crescono perché - con i risparmi in alcune voci - si cerca di aumentarne altre.
D’altronde la demagogia la si vede dai manifesti. Ricordate che appena due mesi fa i muri d’Italia denunciavano con un manifesto del PD la presunta imminente chiusura di 1000 commissariati di Polizia per la nuova legge sulla sicurezza?
Non solo non ne è stato chiuso uno soltanto, ma oggi i sindaci e le forze dell’ordine hanno più mezzi e strumenti per combattere la criminalità e l’immigrazione clandestina.
Tornando alla scuola, ricordate che (in Piemonte) solo tre settimane fa si diceva (e si scriveva tre volte al giorno su LA STAMPA ) “chiuderanno centinaia di scuole montane” ecc.ecc.?
Non è vero verranno semmai “accorpate” solo dal punto di vista amministrativo.
Lo stesso vale per i “100.000 insegnanti licenziati”.
NON E’VERO, non verrà licenziato NESSUNO ma bisogna pur capire che nelle scuole elementari oggi in Italia c’è un insegnate ogni 9 alunni e in Europa ogni 12 mentre questo ciclo scolastico che prima era considerato eccellente a livello europeo oggi è ad un livello molto più basso, come da indagine OCSE.
Chi poi critica e urla per i “tagli” all’Università vada a scoprire i NUMERI del fallimento attuale dell’Università Italiana, con 37 corsi di laurea CON 1 (UNO!) SOLO STUDENTE, oppure le 327 facoltà con meno di 15 alunni.
Ci rendiamo conto degli sprechi? Perché non è un caso che NESSUNA università italiana sia tra le prime 150 del mondo e la prima italiana (Bologna) sia solo al 194° posto… Forse qualcosa da rivedere c’è.
Ho letto anche documenti seri di insegnanti preoccupati di evidenti ingiustizie e di mancanza di risorse.
Cose vere, da verificare e discutere con serietà perché il decreto Gelmini senz’altro non è perfetto e andrà man mano verificato ma rendiamoci conto che il momento che attraversiamo è unico: il mondo economico e finanziario è al panico, siamo un paese con il decifit pubblico al 104%, OGNI ITALIANO SPENDE PER LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE 4.346 EURO ALL’ANNO ( i tedeschi 3.150 !).
Marco Zacchera

SAN BRUNETTA TAUMATURGO

Verrà presto festeggiato San Brunetta, santo taumaturgo, guaritore e maestro di miracoli. Per luglio si poteva pensare ad una eccezione, per agosto a minori vacanze, ma la lettura dei dati sulla diminuzione dell’assenteismo nella pubblica amministrazione italiana nel mese di settembre è singolare e conferma la capacità miracolante del ministro.
Come altrimenti giudicare il fatto che i dipendenti dell’Ospedale Cardarelli di Napoli (che sono ben 5.764) rispetto all’anno scorso hanno ridotto le proprie malattie dell’ 80% e che addirittura ASL del Nord (Chioggia) o del Sud (Caltanissetta) i cui dipendenti sono rispettivamente 1.314 e 1.388 abbiano avuto meno assenze per malattia entrambe del 91% ?
Questa strana epidemia al contrario colpisce anche l’Agenzia delle Entrate con – solo a settembre – ben 13.400 giornate di malattia in meno rispetto al 2007, idem al Ministero dei Beni culturali (- 40.8%) mentre al ministero dell’Università e Ricerca il calo delle assenze è addirittura del 73%, poco più del ministero dell’Agricoltura (- 61%) e avanti così.
Seguono le regioni, dove vince il Molise ( - 73% di assenze) secondo il Lazio (- 67%) che porta la Puglia alla conquista solo della medaglia di bronzo (- 61%).
Anche nelle province e nei comuni è scoppiata la salute che – da Torino a Roma a Napoli – ha portato un calo medio delle assenze di oltre il 34%. A Genova i risanati sono il 55% e più si va a sud più risorgono i Lazzaro: a Caltanissetta il 72% della gente è tornata a lavorare.
Il record italiano spetta comunque al comune di Canicattì Bagni, in provincia di Siracusa: le assenze sono calate del 98% e visto che i dipendenti sono solo 56 viene da chiedersi quanti lavorassero l’anno scorso.
In controtendenza l’ASL di Bolzano: 4047 giorni di assenza a settembre rispetto ai 3.795 del 2007., ovvero + 6,6%.
Adesso qualcuno dice “Non serve a nulla portare a lavorare la gente con la paura, tanto chi vuole non lavora lo stesso…” Vero, ma a parte il fatto che se la gente non vuole lavorare la colpa non è del ministro e compete alla coscienza delle singole persone – oltre ad ingenerare il sospetto di truffa allo Stato - resta il fatto che molti abusi passati sembrano essere obbiettivamente documentati.
Al di là delle facili battute ribadiamo il concetto: non si può generalizzare, i malati veri vanno tutelati ed assistiti, non c’è dubbio che molta gente faccia ieri come oggi il proprio dovere, servono incentivi seri per produttività e raggiungimento dei risultati. Cose sacrosante, ma intanto chi faceva il “furbo” forse oggi – toccato nel portafoglio – lo fa un po’ di meno e questo per Brunetta resta comunque un bel risultato soprattutto per rispetto a chi il proprio dovere, magari silenziosamente, lo ha fatto da sempre.

Riforma della scuola e demagogia della sinistra

SCUOLA E UNIVERSITA’

TEMPO PIENO
Con l’introduzione del maestro unico e l’eliminazione delle compresenze si libereranno più maestri per aumentare il tempo pieno
In 5 anni ci saranno 5.750 classi in più con il tempo pieno.
Con la media di 21 alunni per classe, in cinque anni 82.950 alunni in più avranno il tempo pieno.

TEMPO PIENO
Con l’introduzione del maestro unico e l’eliminazione delle compresenze si libereranno più maestri per aumentare il tempo pieno.

TEMPO PIENO
La sinistra dice che nelle scuole elementari verrà abolito o diminuito il tempo pieno. E’ assolutamente falso.

E’ vero invece che con il maestro prevalente e l’eliminazione delle compresenze (cioè due insegnanti per una stessa ora di lezione) ci saranno più maestri per aumentare il tempo pieno.

Quindi: già dal 2009-2010, 49.350 ragazzi in più usufruiranno del tempo pieno.
In cinque anni 3.950 classi avranno il tempo pieno.

NUMERO DEGLI ALUNNI

Dice la sinistra: gli alunni saranno 30 per classe. Assolutamente falso

Gli alunni saranno in media 18 per classe e potranno arrivare al massimo a 26 per classe.

MAESTRO UNICO

La sinistra afferma che con il maestro prevalente non sarà più approfondito l’inglese e diminuirà la qualità dell’insegnamento.

Invece la realtà è che al maestro prevalente saranno affiancati un insegnante di inglese e uno di religione.

E per di più occorre osservare che in tutti i Paesi d’Europa esiste il maestro prevalente.

L’anomalia dei tre maestri è solo italiana.

E quando fu introdotta, la sinistra si schierò con la stessa veemenza di oggi per impedire la riforma dei tre insegnanti.

INGLESE
Lo studio delle lingue alle elementari non subisce alcuna variazione

RAZIONALIZZAZIONE DEL PERSONALE
Verranno licenziati 87.000 insegnanti: falso!

Non ci sarà nessun licenziamento. Si razionalizza il numero degli insegnanti rispetto al fabbisogno, non assumendone ulteriori.

E’ vero invece che in Italia c’è un docente ogni 9 alunni, in Europa uno ogni 13.

E’ vero anche che in Italia nella scuola ci sono 1 milione e 350.000 dipendenti e sono troppi.

INSEGNANTI DI SOSTEGNO

La sinistra afferma che diminuiscono gli insegnanti per i diversamente abili.

Al contrario, la realtà è che gli insegnanti di sostegno sono oggi 93.000 e rimarranno 93.000 anche in futuro.

SCUOLE DI MONTAGNA

La sinistra dice

Chiuderanno le scuole di montagna: falso!

Perché nessuna scuola sarà chiusa. Sarà invece unificato il personale amministrativo con un unico preside e un unico segretario per due scuole vicine (come previsto precedentemente dal governo di centrosinistra)

VOTO DI CONDOTTA
La sinistra dice
Si viene bocciati con il 7 in condotta: falso.

Vero: solo in casi assolutamente gravi (come il teppismo, il bullismo, la violenza all’interno della stessa scuola) si può essere bocciati con il 5 in condotta, ma perché questo possa essere possibile ci dovrà essere il consenso e il via libera del consiglio di istituto e di quello di classe.

L’UNIVERSITA’ ITALIANA: QUELLO CHE LA SINISTRA NON DICE

- L’università italiana produce meno laureati del Cile
- Non c’è un’università italiana tra le migliori 150 del mondo
- Ci sono 37 corsi di laurea con 1 solo studente
- 327 facoltà non superano i 15 iscritti
- Ci sono 5 università importanti con buchi di bilancio enormi (e sono i luoghi dove si protesta maggiormente) che avrebbero portato, se fossero state aziende, al licenziamento in tronco di chi le ha gestite per tanti anni
- Si sono moltiplicate cattedre e posti per professori senza tener conto delle reali esigenze dei ragazzi, aumentando la spesa in maniera inaccettabile
- 94 università più 320 sedi distaccate in posti non strategici
- In Italia abbiamo 5500 corsi di laurea, in Europa la metà
- 170.000 materie insegnate rispetto alle 90.000 della media europea
- Nel 2001 i corsi di laurea erano 2444, oggi 5500
- Negli ultimi 7 anni sono stati banditi concorsi per 13.232 posti da associato ma i promossi sono stati 26.000. Nel 99,3% dei casi sono stati promossi senza posti disponibili facendo aumentare i costi di 300 milioni di euro
- I ragazzi sono sottoposti ad un carico di ore di lezione triplo rispetto alla media europea per trovare giustificazione a corsi fatti solo per dare cattedre

NESSUNA TRASPARENZA NEI BILANCI
La sinistra non dice che
L’università italiana è ridotta malissimo e non c’è trasparenza nei bilanci

Il Governo al contrario vuole conoscere tutti i bilanci delle università e avviare controlli in 5 di queste con buchi in bilancio (Siena, Firenze, Pisa, Camerino, Urbino).

I bilanci devono essere comprensibili e pubblicati su internet

UNA PROTESTA SOLO POLITICA
- La protesta di questi ultimi giorni è una protesta politica che ha come obiettivo la lotta al governo Berlusconi, con la regia della sinistra e dei centri sociali

- Gli universitari bruciano in piazza un decreto che riguarda la scuola e non c’entra niente con l’università

n Tanto spazio mediatico a proteste che coinvolgono qualche migliaio di persone. Nessuno parla delle decine di migliaia di ragazzi che continuano a studiare a casa e a frequentare i corsi.


La manifestazione al Circo Massimo


martedì 28 ottobre 2008, 07:00
IL VICOLO CIECO DEI RIFORMISTI PER FINTA
di Gianni Baget Bozzo

«È risorto»: ha intitolato Il Riformista il commento alla manifestazione romana del Pd.

E il direttore de Il Mulino così ravviato e colto, Edmondo Berselli, ha scritto su Repubblica un elogio del populismo di sinistra.

Che Repubblica potesse giungere a valutare come positivo il populismo, è un evento mediatico, per anni questa parola è stata assegnata solamente ai berluscones come censura. Fu la parola comune della scomunica del partito intellettuale al grande movimento di popolo espresso nel volto di un uomo. Cosa straordinaria, e persino inquietante, ma infine realtà.

Veltroni ha definito la manifestazione come l'atto di una «piazza riformista», ma i riformisti ebbero le piazze solo con Craxi e a Milano e furono allora riunioni a favore del governo e non contro di esso. La «piazza riformista» è, per essenza, una piazza governativa.

Ma il testo più commovente è quello pubblicato nel consueto messaggio domenicale di Eugenio Scalfari. Scalfari dichiara la sua passione disarmata, quasi infantile, che lo spinge a visitare la piazza prima della manifestazione come uno spazio sacro, pregando da laico che il popolo la riempia. E poi gridando la sua gioia quando la televisione gli restituisce una piazza piena: non importa di quanti, basta l’immagine del video. Ma in genere tutti si sono compiaciuti perché la piazza aveva un volto, perché il pubblico, assai inferiore al milione, e non di meno era là.

Il timore comune era proprio che la lunga storia comunista si fosse dissolta, che il sacro soggetto con cui si è identificata la cultura politica italiana finisse senza oggetto: e che Berlusconi e Bossi fossero il Paese reale che prendeva vistosamente le distanze dal Paese intellettuale, dalla stampa e dalla letteratura politica.

Che una forza politica che controlla regioni, province e comuni di tanta parte d’Italia e ha a disposizione la Cgil non potesse riempire il Circo Massimo era impossibile.

Ma la piazza del 25 ottobre non è la piazza di Cofferati, quando egli schierò contro il governo Berlusconi la forza del sindacato allora potente e motivato.

Oggi Cofferati non potrebbe più produrre quella marcia su Roma e Nanni Moretti non potrebbe più animare i girotondi.

Oggi Cofferati, rimosso dal partito, lascia la poltrona di sindaco di Bologna e la Cgil è un’organizzazione emarginata dagli altri sindacati.

Ma la piazza di Veltroni non era riformista e non lo è il Partito democratico.

La grande crisi aperta dalle banche americane che fa degli Stati e dei governi i decisori dell’economia, dovrebbe interessare un partito riformista, che avrebbe chiesto l’unità nazionale e interrotto ogni polemica con il governo nell’interesse del Paese. Come hanno fatto, a suo tempo, i laburisti inglesi, socialdemocratici tedeschi e i socialisti spagnoli.

Ma il Pd non è in grado di fare questo e non lo ha fatto.

D’Alema e Bersani sono rimasti inclusi nella linea di Veltroni, mentre ad essa ancora si oppone Parisi e il gruppo dei costituzionalisti.

I rifondaroli benedicono la piazza e Liberazione annuncia con reverenza che «parla Veltroni». La manifestazione è stata fatta contro il governo come illegittimo e non democratico e Parisi e Di Pietro vi hanno raccolto firme per il referendum sul lodo Alfano.

L’alternativa riformista è stata cancellata dal tempo nel Pds, sin dalla sua nascita alla Bolognina, quando Occhetto respinse la linea socialdemocratica offerta da Craxi e preferì una linea radicale che manteneva la rivendicazione del suo monopolio a sinistra propria del partito comunista.
Ci si meraviglia che Berlusconi sia così duro verso il Pd e verso le manifestazioni scolastiche da esso appoggiate e promosse.

Egli sa ormai da decenni che D’Alema è sconfitto e che la linea di Veltroni, il partito radicale che mantiene la differenza comunista, è vincitrice. Il Pd rimane antiberlusconiano per principio e quindi può giustificarsi solo con una lotta frontale contro il governo.

Su questo Pd, che non è più né riformista né rivoluzionario muove la pressione sia della Lega che di Di Pietro, cioè di una nuova destra che porrebbe problemi alla democrazia perché costruita solo sulla protesta, mentre il Paese chiede un governo.

Speriamo che Berlusconi se la cavi e cavi il Paese dalle tenebre esteriori.

bagetbozzo@ragionpolitica.it

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=301631

giovedì 23 ottobre 2008

Bravo Presidente Berlusconi

AMICHE/ AMICI LIBERALI,"SPIRITI LIBERI"ALLA C.A.: DIRETTORI, CAPO-REDATTORI MASS-MEDIA E TESTATE GIORNALISTICHE,BRAVO PRESIDENTE!
Basta con queste "sinistre" in salsa cubana, vetero marxiste menzoniere! Basta "okkupazioni" , basta scontri!
RIDICOLI, semplicemente ridicoli, come al solito, i giovani d'oggi strumentalizzati dai soliti loschi figuri sinistri, reduci del 68!
Occupare è reato, bene ha fatto Berlusconi ad intervenire, un po' duramente ma non si può continuare sempre a far finta di niente, a permettere tutto a pochi facinorosi.
Le regole vanno rispettate, le leggi fatte rispettare.
Ma noi "Spiriti Liberi" che facciamo, stiamo a guardare?
Stupisce il silenzio assordante della "maggioranza silenziosa".
Dobbiamo reagire, impedire che, complice la difficile situazione economica, sicuramente non voluta da questo Governo, l'Italia venga "incendiata" .
Non è una lotta tra generazioni che si annuncia, come qualcuno vorrebbe farci credere, ma tra chi vuole il cambiamento e chi è per difendere lo "status quo", tra chi vuole costruire, e chi vuole difendere i "privilegi" di casta, tra un centro-destra vincente e una sinistra che continua a guardare al passato, con tanta nostalgia.
Ma quei tempi, non torneranno. L'Italia risorgerà, malgrado le Cassandre, malgrado chi continua a remare contro. Perchè noi non ci stiamo, perchè noi vogliamo il cambiamento, perchè noi, Uomini Liberi, sapremo difendere le nostre LIBERTA'.
Basta"occupazioni" , sono illegali, non sia consentito a pochi (i soliti noti!) di impedire il diritto allo studio di molti, nè tanto meno spargere menzogne a piene mani. Perchè le bugie si sa, hanno sempre le gambe corte, oggi più che mai!
Non è ancora "carnevale", per fortuna, quindi niente maschere in giro per le nostre città e nelle nostre piazze.
Tornate a studiare o andate a lavorare.
Compatti e coesi possiamo e dobbiamo dare un segnale forte al paese, il nostro paese, prima che sia troppo tardi, prima che accada l'irreparabile!
Per intanto, FIRMA LA PETIZIONE PRO - GELMINI!
Ciao, grazie, a presto.
Dott. Galgano PALAFERRI
Pres. C.d.L. Città di Torino L.Einaudi

A difesa della riforma Gelmini

Mi è giunta proprio questa mattina la comunicazione che il Sen. Enzo GHIGO ha annullato la "MANIFESTAZIONE NAZIONALE GAZEBO A DIFESA DELLA RIFORMA GELMINI" prevista per sabato 25 ottobre 2008.
Comprendo che nel Centro-Destra si sia poco avvezzi a scendere in piazza a manifestare, meglio lavorare!Però credo ci sia un limite a tutto e che non si possa continuare a far finta di niente lasciando che loschi figuri sinistri mistifichino la realtà, insultino un ministro della repubblica, strumentalizzino i bambini oltre ogni limite di decenza.
Dicendo un mucchio di falsità, come ampiamente documentato dalla stampa indipendente e obbiettiva.
Per intanto, pur con i nostri limiti organizzativi, confermiamo per sabato prossimo, nostri Gazebo a difesa della LIBERTA'.
E, per intanto lanciamo un GAZEBO VIRTUALE sul web invitando a FIRMARE e sottoscrivere questa PETIZIONE sottoscrivendo così Manifesto Pro-Gelmini, che riproduciamo.
SI ALLA RIFORMA DELLA SCUOLA,DIFENDIAMO LA RIFORMA, CAMBIAMO LA SCUOLA. PER DAVVERO!
La scuola italiana, come da tutti riconosciuto e ammesso, è in crisi: trasformata (salvo eccezioni) in uno 'stipendificio' , costa molto, paga poco gli insegnanti, non fornisce ai giovani gli strumenti necessari per competere sul lavoro e per integrarsi nella società.
C’è bisogno di reintrodurre il merito, rivalutare l’importanza del rispetto e della conoscenza delle regole, di rinnovare i contenuti.
Il Ministro GELMINI ha iniziato a riformare la scuola, a fare ciò che è assolutamente necessario per ridare dignità agli insegnanti e prospettive vere ai giovani.
Purtroppo la sinistra, oramai arroccata su posizioni conservatrici e capace solo di dire no a ogni cambiamento, sta cercando di boicottare la politica del governo e usa le armi della disinformazione, della distorsione dei fatti, della demonizzazione.
Si pensi che cosa la sinistra sta dicendo sul maestro unico, presentato come un ritorno al passato, addirittura al fascismo: si può anche dissentire sul maestro unico, ma ci deve essere un senso della misura, un minimo di obbiettività, sapendo che in quasi tutta Europa c’è il maestro unico e che esso ha caratterizzato la nostra scuola elementare fino a 15 anni fa.
Abbiamo allora voluto dare il nostro contributo a sostegno della politica del Ministro GELMINI invitando tutti a esprimere il loro consenso e il loro appoggio nel rito che abbiamo attivato: www.forzagelmini.com
Mentre la sinistra organizza scioperi e manifestazioni di piazza, all’insegna della demagogia, dell’intolleranza e della disinformazione, chiediamo a tutti coloro consapevoli della necessità di cambiare, di innescare una sorta di catena a sostegno del Ministro GELMINI e della riforma della scuola.
Libertà di insegnamento, Libertà di credere in un'Italia non più asservita ai sindacati, Libertà di imparare, Libertà di crescere, Libertà di scegliere... ...!
Meno Stato più Libertà, meno Stato più Individuo, meno menzogne, più verità.
Galgano PALAFERRI
Coordinatore Nazionale UpL Liberali (e Laici) nel PdL (e nel Centro-Destra)
www.upl.ilcannocchiale.it - upl@hotmail. it

venerdì 17 ottobre 2008

Avrai - Claudio Baglioni

Il napoletano è ufficialmente lingua



"MO’ PUTIMMO PARLÀ…"

Il napoletano è ufficialmente lingua

Nella seduta del 14 ottobre 2008, il Consiglio regionale della Campania ha approvato il disegno di legge d’iniziativa provinciale, rubricato "Tutela e valorizzazione della lingua napoletana": il napoletano è, dunque, ufficialmente lingua.

Della presentazione del d.d.l., il cui testo il Consiglio provinciale aveva licenziato nella seduta del 22 marzo 2006, questa testata diede già notizia, nel numero del 24 marzo successivo, e, del resto, non poteva mancare una considerazione siffatta, per un’espressione idiomatica caratterizzata, da un lato, da peculiarità grammaticali e sintattiche e, dall’altro, da un proprio patrimonio letterario, che affonda le radici, addirittura, nel secolo XV.

A supporto dell’esame del d.d.l. si sono svolti, nel frattempo, convegni sui germanismi, sugl’ispanismi e sui francesismi nella lingua napoletana, curati dal gruppo di studio che, coordinato dal consigliere provinciale Luigi Rispoli e dal giornalista Umberto Franzese, vede la partecipazione, insieme con chi scrive queste righe, di personalità di spicco del panorama culturale napoletano, fra le quali, Francesco d’Episcopo (nella foto), Renato de Falco, Carlo Iandolo, don Matteo Coppola, Franco Lista, Ettore Capuano.
Al danno, dunque, arrecato al patrimonio linguistico dei napoletani dalla repressione dei localismi, introdotta dall’Unità nazionale, danno che non era riuscito a riparare il Parlamento, presso il quale era naufragato il d.d.l. presentato dai parlamentari Sergio Cola e Vincenzo M. Siniscalchi, ha dato, finalmente, rimedio la Regione Campania.

Resta da attendere, ora, la concreta attuazione della disciplina dettata dal parlamentino regionale, sia attraverso la redazione d’un regolamento d’esecuzione, sia attraverso la creazione d’appositi organismi, ai quali dovrà essere demandata l’effettiva tutela della lingua napoletana, da realizzarsi, secondo i principi introdotti dal provvedimento normativo, lungo i due canali paralleli della “codificazione” dell’espressione idiomatica e dell’“educazione all’uso”, sia parlato, che scritto, della stessa. Finalmente, «mo’ putimmo parlà’».

Sergio Zazzera
http://www.ilbrigante.com/modules.php?name=News&file=article&sid=15977

martedì 14 ottobre 2008

Quando i bambini si “mangiano” i (post) comunisti…

SE COFFERATI PREFERISCE IL FIGLIO ALLA POLITICA….
13.10.2008
Quando i bambini si “mangiano” i (post) comunisti…
Nel “caso Cofferati” c’entra Dio. Dopo spiegherò il perché.
Prima la notizia: il sindaco di Bologna non si ricandida perché sceglie di stare col figlio piccolo. In sostanza il bambino si è dolcemente “mangiato” il (post) comunista.
Il piccolo Edoardo (neanche un anno di età) ha sciolto l’anima dell’antico compagno, del leader della classe operaia, di colui che aveva in mano la sinistra italiana e, una volta sciolto il papà come un gelato al sole, se l’è bevuto dandogli una splendida e convincente lezione: non è vero che tutto è politica (l’antico dogma sessantottino) e non è vero che la politica è tutto (il dogma comunista). Anzi, la vita che sta fuori dalla politica – per esempio un figlio - è molto, molto più grande e importante.
E’ più bello veder crescere Edoardo che veder decrescere il Partito democratico.
Meglio farsi “mangiare” (il proprio tempo, le proprie giornate) dal proprio bellissimo bimbo, che dal partito.
Solo qualche anno fa sarebbe stata una bestemmia. Il riflusso nel privato era una deriva piccolo borghese che non sarebbe mai stata perdonata. Il problema di Cofferati forse è che ama la musica e tutta la storia comincia da lì.
Il vecchio Lenin aveva avvertito. Un giorno disse testualmente: “E’ l’ora in cui non è più possibile sentire la musica, perché la musica fa venire desiderio di accarezzare la testa ai bambini, mentre è venuto il momento di tagliargliela” (se qualcuno dubitasse della citazione fornisco il riferimento bibliografico: M. Gor’kij, “Lenin”, Editori Riuniti, Roma 1975, pp. 67-68).
Cofferati deve aver ascoltato troppa musica. E il bambino ha fatto perdere la testa a lui.
A suo modo l’episodio segna un’epoca: la riabilitazione a Sinistra del padre di famiglia.
L’ideologia vedeva in questa figura il simbolo del “piccolo borghese”. Péguy proclamò, al contrario, che il padre di famiglia era il vero eroe del nostro tempo. Perché simbolo dell’amore gratuito e della speranza.
Ma l’ideologia non sopportava i padri. Doveva imporre un padrone, il Partito. Era una sorta di religione atea, che pretendeva di amministrare e dominare tutta l’esistenza degli individui. Si pretendeva di ficcarci dentro tutta la realtà. Siccome c’era sempre qualcosa che dentro quella gabbia non ci stava, si provvedeva a cancellarlo dalla storia. Per esempio Dio.
Un’altra cosa eccedente era il mondo degli affetti e si censurò sia l’amore che la famiglia come ferrivecchi borghesi che sarebbero stati travolti e superati nella “società” comunista.
Nel periodo staliniano il partito si frappose pure fra marito e moglie e si aveva terrore di essere denunciati addirittura dai familiari.
I figli diventarono sostanzialmente proprietà del partito e specialmente in certi momenti o certi paesi, penso alla Cambogia di Pol Pot o alla Cina della “rivoluzione culturale” o alla Corea del Nord, si andò perfino al di là dell’orrenda frase di Lenin.
L’ideologia era disumana. Ma che significasse pure schizofrenia – perché troppe cose importanti restavano fuori - era chiaro fin dai tempi del vecchio Marx. Il quale scriveva il 21 giugno 1856 alla moglie: “Io mi sento di nuovo un uomo, perché provo una grande passione, e la molteplicità in cui lo studio e la cultura moderna ci impigliano, e lo scetticismo con cui necessariamente siamo portati a criticare tutte le impressioni soggettive e oggettive, sono fatti apposta per renderci tutti piccoli e deboli e lamentosi e irresoluti. Ma l’amore, non per l’uomo di Feuerbach, non per il metabolismo di Moleschott, non per il proletariato, bensì l’amore per l’amata, per te, fa dell’uomo nuovamente un uomo”.
Una lettera emblematica. Dove si vede che, a rispondere alla domanda più importante della vita, quella che Leopardi formulava così: “e io che sono?”, non era l’ideologia, ma l’amore, il volto di un “tu”.
Nella lettera di Marx emergeva la schizofrenia fra il mondo dell’utopia e la realtà dove si muovono creature desiderose di amare e di essere amate, esseri umani capaci di male, incapaci di essere se stessi, ma sorpresi di trovare il proprio io e la propria felicità negli occhi della donna amata.
Don Giussani commentava le parole di Marx così: “come si può reggere una antropologia, come si può immaginare una concezione della storia che non nasca, investa e spieghi ciò che l’uomo fa ogni giorno?”.
Infatti non ha retto. E’ crollata. Anche la nuova stagione dell’ideologia, quella scatenata dal ’68, naufragò proprio nell’oceano che separa l’utopia dalla drammaticità della vita quotidiana concreta dove – in attesa dell’utopico paradiso comunista – si cercavano le scorciatoie dei paradisi artificiali delle droghe o si sprofondava nella disperazione, alla ricerca del senso dell’esistenza.
Si corse ai ripari teorizzando che anche il “personale” aveva un valore politico (era l’ideologia radicale). Ma si era incapaci di dare risposta davanti alla scoperta del male e anche al male di vivere.
Resta – come epitaffio di quella generazione – una lettera di un militante, pubblicata sul giornale “Lotta Continua” il 30 settembre 1977, all’indomani dell’ennesimo suicidio di un compagno. Diceva: “nel 1968 si affermava che ‘tutto è politica’. Lo si diceva dando alla frase semplicemente il significato opposto a quello che ha ora l’espressione ‘il personale è politico’. Voleva dire che per fare una rivoluzione si doveva rinunciare ai nostri bisogni personali, voleva dire nascondere i nostri sentimenti”.
Una volta allontanatasi la “rapida vittoria” iniziò il dolore di “riscoprire insieme le nostre individualità represse, ritrovare l’umiltà per parlare dei propri problemi” e diventò “facile rendersi conto di essere soli, a volte disperati”.
La lettera continuava così: “Questa morte non è il frutto del caso. Egli è morto anche perché siamo stati ‘disumani’, tutti noi, Roberto incluso, vittime di un certo modo di fare politica. Disumano è stato mandare allo sbaraglio i compagni davanti alle fabbriche; è stato il modo in cui si sono trattati i compagni ‘silenziosi’… disumani sono stati i piccoli e grandi leader depositari del sapere e del potere; disumani sono stati i nostri rapporti ai cancelli con gli operai che per noi erano di volta in volta o fonti di notizie o lettori dei nostri volantini o persone cui spiegare la rivoluzione… Fra i tanti motivi che ci spingono a modificare il nostro comportamento politico e personale, c’è anche il desiderio che nessun compagno sia costretto più ad andarsene così; c’è il desiderio che tra la nostra splendida teoria piena di futuri paesi delle meraviglie e la nostra ‘squallida’ pratica quotidiana non si lasci più aperto un varco così grande dove un uomo possa perdersi”.
Vi è stato un poeta comunista, Louis Aragon, per il quale l’incontro (due mesi dopo aver tentato il suicidio, a Venezia) con la donna della sua vita, Elsa Triolet, ha significato uscire dalla disperazione e trovare la ragione dell’impegno politico. Elsa simbolizzava ogni amore, compreso quello per la patria e per gli sfruttati.
Ma la più bella delle poesie a lei dedicata s’intitola “Non esistono amori felici”. E basta la prima strofa per capire:
“Nulla appartiene all’uomo. Né la sua forza/ Né la sua debolezza, né il suo cuore. E quando crede/ di aprire le braccia, la sua ombra è quella di una croce/ e quando crede di stringere la felicità la stritola./ La sua vita è uno strano e doloroso divorzio./ Non esistono amori felici”.
E’ come se mancasse sempre il centro di gravità, qualcosa che sia capace di dare senso a tutto (senza censurare niente), all’essere padre e al fare politica, all’innamorarsi e all’impegno sociale, alla bellezza della musica, al vivere e al morire, qualcosa che dia valore pure al soffrire, che vinca il male personale e il male del mondo, senza la violenza dell’utopia e senza il cinismo della legge del più forte. Un “centro” che non sia travolto dal tempo che passa.
Devo ancora dirvi che c’entra Dio.
Ma di cosa abbiamo parlato finora?
Antonio Socci
Da “Libero”, 11 ottobre 2008