venerdì 30 novembre 2007

Così muore un soldato italiano - Daniele Paladini, maresciallo capo del 2° reggimento pontieri dell'Esercito, rimasto ucciso nell'attentato kamikaze

Così muore un soldato italiano di RENATO FARINA
Aveva appena sentito ridere i bambini. Si inaugurava un ponte. E alle inaugurazioni c'è sempre molta vita, e circolano dolcetti. I ponti poi sono belli. Il maresciallo Paladini ha una figlioletta dell'età di quei bambini; stessi occhi meridionali, verdi come i suoi. Paladini sente uno strano scarpinare, si gira e dal greto del fiume vede salire un uomo, un ragazzo sale con rabbia. Ha fretta di ammazzare e di spaparanzarsi in Paradiso con 73 vergini, questo maledetto figlio di Allah, e maledetto chi lo ha mandato lì. Il maresciallo gli si butta addosso, riesce a placcarlo un attimo prima che salti tra i bambini. Cerca di bloccargli le mani. Di impedire che tiri quella cordicella, che prema quel tasto, insomma ti tengo le mani, stai buono stronzo. Il suo capitano e altri due commilitoni fanno scudo come possono con i giubbotti antiproiettile. Il kamikaze porta a termine il suo lavoro di amante della morte, di assassino di bambini. Ne muoiono quattro, poveri fanciulli che ridevano. Le loro sorelle grandi, senza velo, qualche lavorante afgano. Nove morti. E un soldato italiano caduto. Si capisce tutto dell'Afghani stan, da questo fatto. Chi siano i nemici e dove stia l'umanità. I talebani-alqaedisti odiano chiunque non si sottometta al potere loro e del loro islam. I bambini si mescolano a chi ha costruito un ponte e vorrebbe tirar su quelle piccole essenziali cose che servono a vivere bene, a incontrare la gente, ad andare più in fretta e più sicuri dal campo alle case: niente da fare, sei morto. Stritolatori di bambini
E questi stritolatori di bambini e di soldati che costruiscono ponti al loro futuro sarebbero dei resistenti? Sarebbero gente perbene da lasciar scorrazzare? Ci piacerebbe sentire il parere dei Gino Strada per i quali bisognava lasciarli stare, che sarà mai il burqa e la lapidazione delle parrucchiere, l'asilo fornito a Bin Laden? Ah, se solo non ci fossero i soldati italiani sarebbe una pace meravigliosa. È pace dove comandano i mandanti dei kamikaze? Lascereste in mano un popolo a chi sbrindella i bambini a scopo educativo? Li uccide per farli riflettere? Certo, possiamo decidere tranquillamente di andarcene dall'Afghanistan, dicendo che non vale la pena morire per Ka- bul. Sarebbe questa miseria umana il pacifismo? Lasciare le creature in balìa degli sgozzatori in nome di Allah? Si può essere neutrali in questa situazione? Il Mullah Travaglio
Eppure in Italia ci governa una coalizione dove buona parte ritiene che si debba lasciare libero campo al dominio talebano, essendo questa impresa militare loro avversa una roba della Nato, dunque americana, dunque cattiva. Memorabile al riguardo una lettera scritta da Marco Travaglio ad Annozero di Santoro, il 15 aprile scorso. Travaglio si firmava con invidiabile capacità di immedesimazione Mullah Omar, dipingendolo come un simpatico compagno di merendina, inerme e mite gironzolante in moto nei dintorni di Kandahar. Gli faceva dire: «Per me il Corano è una cosa seria». Testuale. Che brava persona. Per indurci a questa conseguenza politicomorale: lasciamolo lavorare sereno. È questa la bella civiltà dominante nella sinistra al potere? Di certo questi sono gli intellettuali di riferimento e la filosofia che giganteggia sull'Unità, da Santoro, tra i no global, nei blog. Ma anche ai vertici delle istituzioni. Davanti all'eroismo semplice di un soldato dilaniato per salvare più bambini che poteva, Fausto Bertinotti osa predicare ragioni di disimpegno. Come interpretare se no questa frase da retore della disfatta? «Continuo a pensare che l'Ue in primo luogo, l'Italia e le forze impegnate nella missione in Afghanistan siano sempre più indotte a dover fare una riflessione strategica sul fine che con quella missione si persegue e sul come esso vada perseguito». Fare ponti e difendere i bambini come fine di una missione non basta? Per fare i ponti e difendere i bambini qualche volta è necessario dar guerra ai terroristi, poco caro Bertinotti. O vogliamo chiamarli "resisten ti" come hanno sostenuto gip e giudici di Milano? Addestrati dalle nostre parti
Non dimentichiamo che kamikaze operanti in Afghanistan sono stati addestrati dalle nostre parti. Poche settimane fa un'operazione della Digos, dopo una brillante indagine guidata dal procuratore Armando Spataro, ha portato all'arresto tra Milano e Parma degli arruolatori di pseudomartiri. Ecco su questo bisognerebbe riflettere, presidente Bertinotti. Bisognerebbe dire soltanto, come l'ottimo Massimo D'Alema: «Atto ingiustificabile, si capisce perché sono lì i nostri». E una volta di più ci paiono appropriate le parole del ministro della Difesa Arturo Parisi: «È un attentato contro la vita, contro la vita innocente dei bambini, contro la ripresa della vita in un Paese segnato profondamente dalla morte, dalla cultura di morte che ha guidato il gesto dell'attentatore». Se quella cultura di morte vince in quel remoto Paese poi si gonfia, conquista, domina, si abbatte su di noi e i nostri bambini. Finché però ci sono persone come quel soldato, il maresciallo Paladini, pare impossibile possano vincere i terroristi e le loro quinte colonne tra noi, quelli cioè del meglio-islamiciche-morti, o quei miopi del lasciamo-che-si-ammazzinotra-loro-bambini-compresi. Mi vengono in mente, davanti alla foto così italiana di Paladini, i pompieri di New York caduti sotto le Torri, accorsi per aiutare i loro fratelli uomini, quando potevano starsene a casa e mettersi in malattia. Ma era impossibile, c'è qualcosa di più forte della tranquillità, del salvarsi la ghirba. Lì sta la nostra speranza.
Foto: EROE Daniele Paladini in alta uniforme, il maresciallo capo del 2° reggimento pontieri dell'Esercito, rimasto ucciso nell'attentato kamikaze Ansa
http://www.libero-news.it/libero/LP_showArticle.jsp?edition=25%2F11%2F2007&topic=4896&idarticle=89656638

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