sabato 1 novembre 2008

Ho paura di Obama


Ho paura di Obama e il colore della pelle non c’entra proprio niente.
Le presidenziali degli Stati Uniti ci riguardano e come.
Quando cade un vaso a Washington, il rumore ed i cocci giungono sino a noi. Se, poi, è Wall Street a perdere la brocca, allora sono cavoli nostri, perché al di là dell’Atlantico possiedono la mirabile abilità di redistribuire sugli alleati perdite e quant’altre sciagure scaturite dalle loro creatività finanziarie.
La progressiva svalutazione del biglietto verde, giunto poco fa quasi sulla soglia di due dollari per un euro, serviva a farci ampiamente e in eccesso concorrere - ed è stato giusto - alle spese militari che gli Usa sostengono nella difesa dell’ordine pubblico mondiale, in specie contro Al Qaeda e il terrorismo.
Personalmente pendo per John McCain, in nome della continuità della politica estera americana, ma soprattutto perché considero Obama pericoloso per se stesso, per gli altri di casa sua e per il resto del mondo, a cominciare dalla vecchia cara Europa e lo Stato di Israele.Israele, lo ribadisco per chi non l’abbia ancora messo a fuoco, è l’avamposto dell’Occidente in un territorio ostile e difficile, dove terroristi, fondamentalisti, forsennati e guerrafondai conservano una forte potenzialità suasiva sulle popolazioni islamiche.
Coloro che invocano la distruzione di tale Fort Alamo - e non mi riferisco soltanto al presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad, che, appena eletto il 24 giugno 2005, mi vanto d’aver, primo in Italia, paragonato a Hitler -, non hanno in mente di spazzar via, selettivamente, soltanto la res publica del popolo di Mosè, bensì - secondo l’imperativo categorico predicato da tutti gli interpreti ufficiali del Corano - di ripartire da lì, per sradicare l’humus valoriale della cultura giudaico-cristiana e convertire all’Islam, con i mezzi commisurati al fine, cioè con la forza, tutti noi europei.A Barak Obama è sfuggita in tv l’espressione: «… my Muslim faith, la mia religione musulmana»; una gaffe, certo, e, tuttavia, inquietante più di un lapsus freudiano.
D’altro canto, il leader democratico è stato educato da cattivi maestri ferocemente antisemiti ed anti-americani: dopo le torri gemelle, il suo massimo pedagogo, Jeremiah A. Wright Jr, esultò, affermando: «L’America ha ciò che si merita… Israele è una parola sporca, un Paese razzista, responsabile dell'11 settembre per condizionare il conflitto israelo-palestinese». Sull’Aids, inoltre, blaterò che era Bush a spargerlo per eliminare i neri.
Non a caso, dunque, Obama dimostra un’attenzione particolare per gli afroamericani di fede islamica, nonché l’implicita e, talora, esplicita disponibilità a «dialogare» con tutti i nemici acerrimi dei nostri modelli istituzionali ed esistenziali.
Da presidente, Obama non dovrà neppure esporsi in maniera conclamata a favore del mondo musulmano.
Gli basterebbe - e questo prevedo che farà - un atteggiamento, per così dire, equidistante, decidendo, in qualità di super partes, l’interruzione graduale del sostegno politico, morale e militare all’unica liberaldemocrazia del Medio Oriente.
Quanto tempo potrà resistere Israele abbandonata al suo destino dalla Casa Bianca?
Con Obama al timone, usque tandem reggerà il sogno realizzato del sionismo?
Tanto la UE continuerà a finanziare i nemici di Israele, pur sapendo perfettamente che questi denari non potranno incidere sulla qualità della vita delle popolazioni arabe, dato che da sempre finiscono o nei conti esteri della nomenklatura o in armi, esplosivi e indennizzi alle famiglie dei kamikaze.
Del pericolo mortale - questo è lo scandalo - non si avvedono certi ricchissimi israeliti di New York e di Hollywood, i quali, anzi, stravedono per Obama, appoggiandolo in maniera acritica e intollerante.
Nulla di nuovo, purtroppo, visto che negli anni 1937-1939, molti intellettuali imbecilli statunitensi, tra i quali Max Lerner , si batterono non a difesa degli israeliti sovietici massacrati dall’Nkvd, bensì contro i liberali americani, che già allora osavano denunciare gli orrori dello stalinismo.

Obama, votato dai Lerner comunisteggianti di oggi, è una mina vagante contro la civiltà giudaico-cristiana.

Giancarlo Lehner
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