Sorpresa: anche l'Europa ha condannato Prodi
Enrico Paoli
Pubblicato il giorno: 30/07/09
Per aver diffuso informazioni falseI fatti risalgono al biennio 2002-2003. La sentenza della Corte di Giustizia Europea, che condanna Romano Prodi, all'epoca dei fatti presidente della Commissione Ue, porta la data dell'8 luglio del 2008.Poco più di un anno fa. Eppure di quella sentenza, nella quale il nome di Romano Prodi non viene mai fatto, ma si cita esplicitamente il «presidente della Commissione», non ne ha mai parlato nessuno. Come se fosse roba di un'altra epoca.la condannaRomano Prodi viene condannato dalla terza sezione del Tribunale della Corte di Giustizia europea per aver fornito al Parlamento Europeo notizie false e non documentate; aver emesso comunicati che mettevano in dubbio l'onorabilità di alti dirigenti che non si erano sottomessi alle sue imposizioni (tanto che vengono rimossi e, non potendoli licenziare, lasciati senza incarico sino alla pensione) e per aver tentato di ostacolare la giustizia. I fatti che hanno portato alla condanna si riferiscono a una contorta vicenda relativa all'Eurostat (ovvero l'ufficio Statistico delle Comunità Europea, travolto da un scandalo nel 2004 che ha visto il direttore generale Michel Vanden Abeele -sostituito poi dall'attuale Günther Hanreich - dichiarare che il governo greco aveva falsificato le statistiche economiche e finanziarie in modo che la Grecia potesse entrare nell'euro-zona). Una polemica innescata dalla lettera di una funzionaria che si riteneva discriminata. L'inchiesta viene aperta dai giudici europei e condotta materialmente dall'Olaf, l'organismo di controllo interno alla Commissione, per capire se tali irregolarità fossero state effettuate su iniziativa di dirigenti o addirittura dallo stesso responsabile della Commissione, Prodi. Un dettaglio, questo, sul quale i giudici della Ue sono arrivati ad una conclusione sufficientemente chiara e lineare.La sentenza«Ugualmente, per quanto concerne il discorso del Presidente della Commissione», si legge a pagina 50 della sentenza, capitolo 404, «non potrà essere negato che con le sue dichiarazioni davanti al Parlamento ha attentato alla reputazione e all'onore dei richiedenti e che, da allora, esiste un legame di casualità diretto fra queste dichiarazioni e questo pregiudizio». Insomma, con le sue parole il presidente della Commissione ha creato un danno a coloro che hanno dato avvio al procedimento. Non solo. La sentenza parla anche di «rimbalzo delle responsabilità», nonché di «fughe di notizie», depistate verso giornali amici. Per capire meglio quest'ultimo capitolo d'accusa occorre rifarsi al paragrafo della sentenza che analizza l'intervento del presidente della Commissione del 25 settembre 2003. Pagina 41 della sentenza, capitolo 326. «Certamente, in questo discorso, il presidente della Commissione sottolinea la mancanza di trasparenza e comunicazione fra il direttore generale di Eurostat e il membro della commissione che esercita la tutela», si legge nel dispositivo, «perciò, lascia intendere che l'implicazione nelle irregolarità del direttore generale di Eurostat, come quella di un altro alto funzionario, è indubbia». Insomma, Prodi prova a scaricare su altri le proprie responsabilità. «In queste circostanze, c'è modo di considerare che, con questo discorso, il presidente della Commissione non ha pienamente rispettato i diritti fondamentali dei richiedenti e, particolarmente, il principio della presunzione d'innocenza», si legge a pagina 42 della sentenza, capitolo 331. Da qui le ragioni della condanna: « Un tale comportamento costituisce una violazione sufficientemente caratterizzata e ben precisa di questo principio (cioè di presunzione d'innocenza ndr)». Alla fine del procedimento la Commissione guidata da Prodi è stata condannata a versare ai due funzionari 56 mila euro e al pagamento delle spese processuali. Il testo integrale della sentenza è pubblico e si può ottenere dal cancelliere della corte Europea.
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