lunedì 27 aprile 2009

La resistenza? Sì, la nostra

di Marcello Veneziani
Pubblicato il giorno: 26/04/09
Dopo tanti anni forse ci siamo liberati davvero
Che bello, da ieri 25 aprile, l'Italia non ha più dogane, è finita la guerra civile. Finalmente insieme a celebrare la Liberazione. Finalmente non c'è più nessun portatore di handicap sulla Resistenza; niente più barriere architettoniche per postfascisti, sultani e populisti. La Resistenza non incontra più resistenza. Vedendo Berlusconi e i gli ex-missini celebrare il 25 aprile mi sono ricordato di mio cugino Eugenio da Lucera, e poi di Togliatti.
Mio cugino Eugenio, detto dai miei fratelli Faruk per la sua somiglianza fin nella carnagione e nelle lenti scure con il re d'Egitto in esilio, era un democristiano e un anticomunista spiritoso.
In quel tempo il comunismo sembrava a un passo dal potere, con grande paura dei benpensanti, e in un pranzo di famiglia Faruk teorizzò che l'unico modo per imbrigliare il comunismo era iscriversi tutti al Pci, borghesi e anticomunisti, missini e moderati. Così lo avremmo imborghesito, corroso e rammollito dall'interno.
Ieri Berlusconi è stato un perfetto allievo di mio cugino Faruk quando si è impossessato della Resistenza e ha auspicato dal podio il passaggio dalla festa della liberazione alla festa della libertà. Vedrete, col passare degli anni, la farà diventare la festa ufficiale del Popolo della libertà. Un genio. Ma è stato superato in spirito eugenico da Pierfurby Casini che celebrando il 25 aprile, ha auspicato di unire tutte le forze politiche in una nuova Resistenza contro le calamità naturali, una specie di guerra di Liberazione di tutti i partiti contro il terremoto. Nella lotta partigiana contro il sisma si distinguerà tra un nazismo sussultorio e un fascismo ondulatorio? Girone d'andata
Ma era esaltante soprattutto vedere Napolitano parlare di Resistenza con il consenso mefistofelico di Ignazio La Russa, che sa essere spiritoso anche quando è serio e al fianco del presidente sembrava che mimasse Rascel quando faceva il Corazziere. Un ex comunista e un ex missino insieme, pappa & ciccia: questa è la felicità di una democrazia mansueta, pacificata e cerimoniosa.
Mi sono ricordato che avevo visto anche la partita del girone d'andata, quando Napolitano celebrava commosso l'invasione comunista di Praga e Budapest e gli anticomunisti annuivano felici.
Ecco la vera ideologia italiana, il mimetismo; la teoria di Faruk ha trionfato.
Però vedendo Berlusca e gli ex-missini celebrare la Resistenza mi sono ricordato anche di Togliatti che nel '36, di fronte al largo consenso al fascismo, teorizzò l'entrismo, ovvero l'idea di far entrare i comunisti nel partito fascista per condizionarlo, corroderlo e magari scardinarlo dall'interno. Quella teoria, naturalmente, diventò un alibi per l'opportunismo ma coglieva l'indole italiana alla perfezione. Ritorcerla ora agli eredi del mittente, mi sembra giusto, istruttivo e divertente.
Però finita la festa, ricomposta la serietà del paese, mi chiedo e vi chiedo: cosa resta della politica dopo questo 25 aprile, non ci sono più divisioni al seguito della resistenza?
No, una differenza c'è, eccome. E l'hanno tracciata il Capo dello Stato e il Capo del Governo. Napolitano, dal suo punto di vista giustamente, ha detto e ripetuto ieri che lo spirito della Resistenza rivive poi nella Costituzione. E così ha ripetuto la sinistra intera, Fini e Franceschini, e così ha tuonato dalla sua guardiola il vecchio custode della Costituzione, Oscar Scalfaro.
La difesa della Costituzione è la nuova linea del Piave della sinistra e dei suoi affluenti. La Costituzione non si tocca, dicono a Berlusconi e lo accusano di essere eversore, sultano e populista nel volerla ritoccare. È il loro totem e tabù.
E Berlusconi risponde che lui rispetta la Costituzione ma non la considera la Bibbia, la ritiene anzi modificabile. E al discorso di fondazione del PdL, ha detto, rispondendo alla sinistra e a Fini, che «al patriottismo della Costituzione» lui preferisce «il patriottismo della nazione, anzi della tradizione» (mandandomi in orgasmo non solo perchè condivido la tesi ma perchè l'ho scritta esattamente in quei termini, al punto che mentre parlava Berlusconi anticipavo la sua stessa progressione, «patriottismo della nazione, anzi della tradizione»).
Si, è quello lo spartiacque politico-culturale e istituzionale tra quel che un tempo erano la destra e la sinistra.
Da una parte c'è la rispettabile difesa di una carta e delle sue regole, scaturite dall'accordo tra i partiti: e lì c'è Habermas e c'è Kelsen, c'è l'idea protestante della norma scritta e impersonale, l'illuminismo e il formalismo giuridico, ma c'è anche lo spirito della Resistenza, del Cln e del compromesso storico. Dall'altra c'è invece l'idea che le carte siano da rispettare ma non da imbalsamare e da adorare; perché l'Italia non è nata con la Resistenza e dietro le costituzioni ci sono i popoli e le persone, le loro esperienze di vita, i loro costumi, la loro storia, la loro civiltà e le loro tradizioni. A cominciare dalle tre tradizioni che Berlusconi ha poi citato, con mio accresciuto orgasmo, perché le citavo anch'io: la tradizione cristiana, romana ed ellenica, ovvero la polis greca e la sua filosofia, lo Stato romano e il suo diritto, la civiltà cristiana e la religione cattolica.
Farsa e naufragioEcco dove si potrebbe ritrovare oggi la differenza culturale tra i due poli, la diversa fonte d'ispirazione primaria: la norma e la tradizione, il patto costituzionale e l'esperienza di una civiltà, il sogno di un paese normale e la vita di un paese reale.
Mi auguro che dopo la farsa e il naufragio di destra e sinistra, antifascismo e anticomunismo, ci resti questa diversità su cui fondare in modo serio il bipolarismo d'oggi tra due culture civili e politiche che si rispettano, si riconoscono, ma si contrappongono.

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