domenica 16 dicembre 2007

Non raffigurare Maometto: tabù immaginario


Nella storia dell'islam il volto del Profeta raffigurato in preziose miniature
Non raffigurare Maometto: tabù immaginario
Gli islamisti
Alla base dell'atteggiamento intransigente di molti musulmani, che viene trasformato in carburante ideologico dai terroristi che assaltano le ambasciate e le chiese, che aggrediscono gli occidentali e i cristiani, c'è il convincimento che Mohammad (Maometto) sia una figura sovrumana. Che sia assolutamente proibito raffigurarlo e che, pertanto, le vignette incriminate sarebbero doppiamente blasfeme, sia perché lo ritraggono sia perché lo diffamano. Ebbene tutto ciò è falso. E, peggio ancora, qualora l'attuale crisi internazionale finisse per accreditare questa interpretazione fanatica dell'islam a suon di minacce, condanne a morte e attentati, gli estremisti vincerebbero una battaglia importante nella guerra in atto volta a imporre il loro potere oscurantista e violento nei Paesi musulmani e in seno alle comunità musulmane d'Occidente. «Sono solo un essere umano, sono di buono o di cattivo umore come ogni altra persona», dice di sé Mohammad secondo un hadith, un detto, contenuto nella raccolta «Sahih» di Muslim. E il Corano recita: «Tanto strano è dunque per gli uomini che Noi abbiam rivelato a un uomo come loro di ammonire il suo popolo?» (Sura X, 2). D'altro canto è proprio il rigido monoteismo su cui si basa l'islam ciò che lo porta a disconoscere il mistero cristiano della Trinità e a riconoscere a Gesù la sola natura umana.
E lo stesso vale per Mohammad. Ecco perché il volerlo immaginare un essere sovrumano serve ai fanatici islamici a ridurre o eliminare il ruolo della ragione e della critica umana nell'interpretazione del testo sacro. Un caso emblematico è appunto quello che concerne il divieto di raffigurare gli esseri viventi. Essendo solo Dio il Creatore della vita, l'individuo che fa una rappresentazione di un essere vivente tenterebbe di sfidare e di competere con Dio. A sostegno di tale tesi viene citato un hadith del profeta, secondo cui a «un individuo che ritrae un essere vivente gli verrà chiesto di infondergli la vita» e costui «verrà torturato fino al Giorno del Giudizio». Secondo gli integralisti islamici i termini «forma», «dare forma», «il formatore» che compaiono nel Corano sono attribuibili soltanto a Dio. Uno dei 99 attributi divini è «Musawwer al-kainat», il Formatore delle creature.
Sono cinque i versetti del Corano che accrediterebbero il divieto di raffigurare gli esseri viventi. Il versetto 24 della sura LIX recita: «Egli è il Dio creatore, plasmatore, formatore di ogni essere. Gli appartengono per diritto i più bei nomi. Tutto il creato, in cielo e in terra, canta osanna: egli è il potente, il saggio». Ma sull'interpretazione dei versetti non vi è consenso tra i giureconsulti islamici. Alla base di questa disputa c'è il contrasto più generale sull'interpretazione del Corano. Per gli integralisti islamici le parole del Corano vanno accettate letteralmente e hanno un valore assoluto, universale, eterno. Viceversa gli islamici modernisti e illuminati, più inclini a considerare il Corano un testo sacro creato, dove quindi la parola di Dio è stata creata da Dio stesso ma viene dopo Dio, sostengono che le parole del Corano devono essere calate nel loro contesto storico, culturale, sociale e letterario. Di certo Mohammad è stato ritratto ampiamente dai pittori e dai miniaturisti musulmani arabi, persiani e turchi anche con il volto scoperto.
Secondo Al Hassan bin Ahmad, noto come Abu Ali Alfarisi, morto nel 987, l'atroce punizione per gli autori delle arti figurative verrebbe inflitta solo a coloro che ritraggono Dio con sembianze umane. Il teologo modernista Mohammad Abduh (1849-1905), che fu il mufti d'Egitto, ha sostenuto che il divieto delle arti figurative non è assoluto e che «le immagini e le statue sono lecite fintantoché non intaccano la sacralità del culto di Allah». È un dato di fatto che i califfi islamici omayyadi (661-750) e abbasidi (750-1258) non vietarono le arti figurative. Un recente esempio di come i musulmani siano divisi su questo tema l'ha fornito il film «Il messaggio», realizzato nel 1976 dal regista siriano Mostafa Aqqad, ucciso lo scorso novembre in un attentato terroristico ad Amman. Il film è stato proiettato in quasi tutti i Paesi musulmani, ma non in Egitto e in Arabia Saudita per l'opposizione delle autorità religiose locali al fatto che Hamza, lo zio del profeta, interpretato da Anthony Quinn, compaia a volto scoperto. Il dato di fatto è che l'islam si coniuga al plurale. Gli integralisti, gli estremisti e i terroristi che hanno alimentato una campagna d'odio contro l'Occidente e il cristianesimo non rappresentano l'insieme dei musulmani. I contenuti delle vignette su Mohammad possono essere discutibili e al limite impugnati in tribunale. Ma nulla giustifica questo delirio ideologico e questa violenza cieca. Noi in Occidente abbiamo tutto il diritto di sceglierci e di accreditare i fautori dell'islam moderato e illuminato, il cui messaggio è più consono e compatibile con i nostri valori e la nostra civiltà. Per quale mania masochista dobbiamo rassegnarci all'interpretazione estremista dell'islam e sottometterci all'arbitrio dei predicatori d'odio e dei burattinai del terrore?
Magdi Allam
06 febbraio 2006
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2006/02_Febbraio/06/maometto.shtml

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