lunedì 3 dicembre 2007

Nella seconda Enciclica del Pontificato, Benedetto XVI come San Paolo: “Nella speranza siamo stati salvati”


Nella seconda Enciclica del Pontificato, Benedetto XVI come San Paolo: “Nella speranza siamo stati salvati”
Religione - sab 1 dic

di Bruno Volpe

Tratto dal sito PETRUS - Il quotidiano online sull'Apostolato di Benedetto XVI il 30 novembre 2007

CITTA’ DEL VATICANO - Nella speranza siamo stati salvati e, quindi, la speranza porta alla salvezza: questo il punto di partenza della seconda Enciclica di Benedetto XVI, ‘Spe salvi facti sumus", pubblicata nel giorno in cui la Chiesa cattolica ricorda insieme a quella ortodossa Sant’Andrea Apostolo, il fratello di Pietro che tra i primi seguì Gesù.

L’Enciclica - distribuita in 77 pagine e divisa in 11 capitoli - si apre con l’introduzione del Papa teologo, il quale ricorda all’umanità tutta, e non solo ai cattolici, che "la redenzione, la salvezza, secondo la fede cristiana, non è un semplice dato di fatto”. La redenzione, infatti, “ci è offerta nel senso che ci è stata donata la speranza, una speranza affidabile, in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro presente”.

E il presente, ammonisce Benedetto XVI, anche un presente faticoso, “può essere vissuto ed accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino". Nell’Enciclica, il Santo Padre illustra l'elemento distintivo e caratterizzante dei cristiani: "E’ il fatto che essi hanno un futuro", scrive il Pontefice, "e sanno che la loro vita non finisce nel vuoto”.

Quindi, “il messaggio cristiano non è solo informativo, ma performativo; il Vangelo non è soltanto una comunicazione di cose che si possono sapere, ma è una comunicazione che produce fatti e cambia la vita”. Tanto che, sottolinea il Papa, “la porta oscura del tempo del futuro è stata spalancata: chi ha speranza vive diversamente, gli è stata donata una vita nuova". La conoscenza del vero Dio, continua il Successore di Pietro, "riceve speranza".

E aggiunge: "Questo lo comprendevano bene i primi cristiani come gli Efesini che prima di incontrare Cristo avevano molti dei ma vivevano senza speranza e senza Dio". La speranza, dunque, "è un incontro reale con Dio, quasi non più percepibile". Benedetto XVI, a sostegno della tesi, cita Santa Giuseppina Bakhita, nata nel 1869 in Darfur, nel Sudan, che affermava : "Io sono definitivamente amata e qualunque cosa accada io sono attesa da questo Amore".

Il Gesù dell’Enciclica non è un "rivoluzionario", nè ha portato un “messaggio sociale rivoluzionario", ed è facile leggere in queste poche righe una critica alla teologia della liberazione. Cristo ci rende liberi, evidenzia il Santo Padre, in quanto "noi non siamo schiavi dell'Universo".

Il Pontefice analizza e condanna, tra i mali del nostro tempo, anche il frequente ricorso all'astrologia, citando San Gregorio Nazianzeno. L’astrologia, denuncia il Papa, è "una scienza ancora in auge oggi", ma non sono gli elementi del cosmo che governano il mondo, ma un Dio personale governa le stelle e l'Universo. "Cristo è il vero ‘filosofo’ che ci dice chi in realtà è l'uomo e che cosa egli deve fare per essere veramente uomo”. Cristo, rammenta Benedetto XVI, “ci offre una speranza che è insieme attesa e presenza, mentre il futuro è attirato dentro il presente e noi lo possiamo già percepire".

La ‘Spe salvi’ ricorda anche tutti e ciascuno coloro i quali effondono quotidianamente il sangue per la Fede. “La speranza permette a tanti cristiani di affrontare le persecuzioni ed il martirio opponendosi allo strapotere dell'ideologia e dei suoi organi d'informazione". Il Papa, poi, osserva amaramente che ancora molti nel mondo d’oggi rifiutano la Fede e non vogliono la vita eterna ma quella presente, cosicchè la Fede nella vita eterna sembra quasi un ostacolo: "L'attuale crisi della Fede - analizza il Papa - è soprattutto una crisi della speranza cristiana”.

Il Santo Padre scrive che nè le ideologie, nè una cieca fiducia nel progresso scientifico possono surrogare Dio e la speranza. “Due tappe essenziali della concretizzazione politica di questa speranza sono state - ricorda Ratzinger - la Rivoluzione francese, l'Europa dell'Illuminismo e il marxismo: la rivoluzione proletaria ha lasciato dietro di sè una distruzione desolante". L'errore di Marx, secondo il Successore di Pietro, è consistito nel dimenticare "l'uomo e la sua libertà: il suo vero errore è il materialismo”. L'uomo, infatti, “ha bisogno di Dio, altrimenti resta privo di speranza”. In poche parole, “l'uomo non può essere redento da una struttura esterna".

E, mette in guardia il Papa, sbagliano anche coloro che pensano che l'uomo possa essere salvato dalla scienza che, invece, se usata male, "può anche distruggere il mondo". In verità, l'uomo è redento dall'amore: "La vera grande speranza dell'uomo, che resiste nonostante tutte le delusioni, puo' essere solo Dio, il Dio che ci ha amati e vi ama tuttora sino alla fine". Dunque, bisogna avere speranza, Fede. E vi sono quattro luoghi di apprendimento e di esercizio della speranza. Il primo è la preghiera: "Se non mi ascolta più nessuno, Dio mi ascolta ancora; se non c'è più nessuno che può aiutarmi, Dio può aiutarmi". A tal proposito, il Pontefice ricorda l'esperienza del Cardinale vietnamita Van Thuan, per 13 lunghi anni in carcere e 9 in isolamento, pèer il quale è stata avviata da poco la Causa di beatificazione: "L'ascolto di Dio divenne per lui una crescente forma di speranza".

Accanto alla preghiera c'è poi l'agire : "La speranza in senso cristiano è sempre anche speranza per gli altri, ed è speranza attiva nella quale lottiamo affinchè il mondo diventi un po’ più luminoso ed umano. E solo se so che la mia vita personale e la storia nel suo insieme sono custodite nel potere indistruttibile dell'amore, io posso sempre ancora sperare, anche se non ho più niente da sperare, e nonostante tutti i fallimenti questa speranza mi dà il coraggio di operare e di proseguire".

Il Santo Padre sostiene che pure la sofferenza è un luogo di apprendimento della speranza: "Certamente bisogna fare tutto il possibile per diminuire la sofferenza; tuttavia, non è la fuga davanti al dolore che guarisce l'uomo, ma la capacità di accettare la tribolazione e in essa maturare; di trovare senso mediante l'unione con Cristo che ha sofferto con infinito amore". Il Papa cita un testimone della sofferenza, il martire vietnamita Paolo Le Bao Thin, morto nel 1857.

Altro luogo di apprendimento della speranza è il Giudizio di Dio. "La fede nel Giudizio finale è innanzitutto motivo di speranza: esiste la resurrezione della carne, esiste una giustizia, esiste la revoca della sofferenza passata, la riparazione che ristabilisce il diritto". Il Papa si dice convinto che "la questione della giustizia costituisce l'argomento essenziale ed è l'argomento più forte in favore della Fede nella vita eterna". E' infatti impossibile che "l'ingiustizia della storia sia l'ultima parola: Dio è giustizia e crea giustizia, ma nella sua giustizia è anche grazia, e la grazia non esclude la giustizia”. Di conseguenza, “i malvagi nel banchetto eterno non siederanno a tavola accanto alle vittime, come se nulla fosse stato".

"Possono esserci persone che hanno distrutto totalmente in se stesse il desiderio della verità e la disponibilità all'amore. Persone in cui tutto è diventato menzogna; persone che hanno vissuto per l'odio e hanno calpestato in se stesse l'amore". Benedetto XVI descrive "questa prospettiva terribile" nella sua enciclica "Spe salvi", che contesta di fatto la nota affermazione di Von Balthasar secondo il quale "l'Inferno esiste ma è vuoto".

"Alcune figure della stessa nostra storia - spiega - lasciano discernere in modo spaventoso profili di tal genere. In simili individui non ci sarebbe piu' niente di rimediabile e la distruzione del bene sarebbe irrevocabile: è questo che si indica con la parola inferno". Ma grazie a Dio, rileva il Papa, anche il Paradiso esiste e non è vuoto: infatti "possono esserci persone purissime, che si sono lasciate interamente penetrare da Dio e di conseguenza sono totalmente aperte al prossimo - persone, delle quali la comunione con Dio orienta gia' fin d'ora l'intero essere e il cui andare verso Dio conduce solo a compimento ciò che ormai sono".

Per gli altri, che sono forse la maggioranza, sarà necessario il Purgatorio, che il Papa cita esplicitamente: "nelle concrete scelte di vita - rileva - essa è ricoperta da sempre nuovi compromessi col male molta sporcizia copre la purezza, di cui, tuttavia, e' rimasta la sete e che, ciononostante, riemerge sempre di nuovo da tutta la bassezza e rimane presente nell'anima. Che cosa avviene di simili individui quando compaiono davanti al Giudice? Tutte le cose sporche che hanno accumulate nella loro vita diverranno forse di colpo irrilevanti? O che cosa d'altro accadrà? San Paolo - spiega - ci dà un'idea del differente impatto del giudizio di Dio sull'uomo a seconda delle sue condizioni".

"La Chiesa primitiva - ricorda Benedetto XVI - ha ripreso tali concezioni, dalle quali poi, nella Chiesa occidentale, si e' sviluppata man mano la dottrina del Purgatorio". Dopo aver ribadito l’esistenza reale di Purgatorio e Inferno, oltre che del Paradiso, Benedetto XVI ci dice che “la nostra speranza è sempre essenzialmente anche speranza per gli altri, solo così è veramente speranza anche per me. Da cristiani dovremmo domandarci: come posso salvare me stesso? Che cosa posso fare perchè gli altri vengano salvati? Allora avrò fatto il massimo pure per la mia salvezza personale". Nell’Enciclica sulla speranza, non poteva mancare la Madonna, definita dal Papa “stella della speranza". "Madre di Dio e Madre nostra - scrive Benedetto XVI - insegnaci a credere, sperare ed amare con te; indicaci la via verso il Suo regno; stella del mare, brilla su di noi e guidaci nel nostro cammino".
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