«Finalmente autonomi È l’unica via del futuro»
di Eleonora Barbieri
Tullio Regge è soddisfatto. L’Italia torna al nucleare. Lui, fisico e matematico, da anni si occupa dell’energia dall’atomo e dei pregiudizi che la circondano.
Italia e Francia hanno firmato l’accordo per costruire quattro nuove centrali. Che ne pensa?
«Sono favorevole al ritorno del nucleare, per varie ragioni. Primo: dipenderemo meno dalle importazioni di combustibile fossile, carbone e petrolio. Secondo: è un’energia pulita. Terzo: è un sistema sicuro. La Francia ha sessanta centrali e non sono mai accaduti incidenti degni di nota».
Si aspettava il ritorno al nucleare?
«Sì. Finalmente l’Italia sarà indipendente. Per il futuro è fondamentale».
E la paura?
«Molti hanno paura dopo Cernobyl, ma quell’incidente è avvenuto per una serie grossolana di errori che, oggi, non sarebbe più possibile».
Per esempio?
«La centrale era moderata a magnesio, il che ha reso il reattore instabile a bassa potenza. Il direttore permise a un gruppo di studiosi di fare esperimenti sul comportamento del reattore: ne abbassarono la potenza fin quasi a spegnerlo e divenne troppo instabile. Quando tolsero anche l’ultima barra di protezione, anziché spegnersi del tutto il reattore esplose».
Non sarebbe più possibile?
«No, i reattori di oggi sono diversi per struttura e sistemi di controllo. Il nucleare non ha mai più dato problemi».
Che cosa la convince di più del ritorno all’atomo?
«Fino a oggi siamo stati troppo poco autonomi. L’Italia ha bisogno di energia e di diversificare le fonti, in caso una si esaurisse o avesse costi troppo elevati. Non detesto il solare: le fonti alternative servono, ma solo per scopi locali, magari per riscaldare una casa in campagna. Diversificare è una norma di prudenza e di saggezza».
La scadenza del 2020 è realistica?
«Sì. Ormai l’esperienza tecnica è enorme, i francesi sono i più nuclearizzati al mondo. Anche sul piano della sicurezza non hanno avuto incidenti significativi».
Già ci sono polemiche. Aumenteranno?
«Garantito. Ci sono persone, soprattutto in Italia, che neanche studiano i dati sul nucleare. Dicono no e basta. Con loro è impossibile discutere».
Perché?
«Credo per convenienze politiche: sfruttano il sentimento popolare antiscientifico, come nella battaglia anti Ogm. Non ascoltano. Quindi meglio ignorarli».
Le scorie saranno un problema?
«No. Uno dei sistemi utilizzati in Francia è fonderle e vetrificarle in una matrice insolubile, col piombo (che assorbe le radiazioni); poi le barre sono calate in cave profonde, dove ci sono depositi di salgemma. Il sale indica che lì non è mai passata acqua, cioè l’unica che potrebbe spargere radioattività».
È soddisfatto?
«Sì. Non transigo sulle misure di sicurezza, che devono essere rigorose. Ma ci sono molte più vittime per il traffico, o per il fumo. In Francia, dove c’è un reattore in ogni dipartimento, il numero di morti per il nucleare è nullo».
Quattro centrali bastano?
«È già buono. Cominciamo, formiamo anche nuovi esperti, tutti italiani. Poi si vedrà».
di Eleonora Barbieri
Tullio Regge è soddisfatto. L’Italia torna al nucleare. Lui, fisico e matematico, da anni si occupa dell’energia dall’atomo e dei pregiudizi che la circondano.
Italia e Francia hanno firmato l’accordo per costruire quattro nuove centrali. Che ne pensa?
«Sono favorevole al ritorno del nucleare, per varie ragioni. Primo: dipenderemo meno dalle importazioni di combustibile fossile, carbone e petrolio. Secondo: è un’energia pulita. Terzo: è un sistema sicuro. La Francia ha sessanta centrali e non sono mai accaduti incidenti degni di nota».
Si aspettava il ritorno al nucleare?
«Sì. Finalmente l’Italia sarà indipendente. Per il futuro è fondamentale».
E la paura?
«Molti hanno paura dopo Cernobyl, ma quell’incidente è avvenuto per una serie grossolana di errori che, oggi, non sarebbe più possibile».
Per esempio?
«La centrale era moderata a magnesio, il che ha reso il reattore instabile a bassa potenza. Il direttore permise a un gruppo di studiosi di fare esperimenti sul comportamento del reattore: ne abbassarono la potenza fin quasi a spegnerlo e divenne troppo instabile. Quando tolsero anche l’ultima barra di protezione, anziché spegnersi del tutto il reattore esplose».
Non sarebbe più possibile?
«No, i reattori di oggi sono diversi per struttura e sistemi di controllo. Il nucleare non ha mai più dato problemi».
Che cosa la convince di più del ritorno all’atomo?
«Fino a oggi siamo stati troppo poco autonomi. L’Italia ha bisogno di energia e di diversificare le fonti, in caso una si esaurisse o avesse costi troppo elevati. Non detesto il solare: le fonti alternative servono, ma solo per scopi locali, magari per riscaldare una casa in campagna. Diversificare è una norma di prudenza e di saggezza».
La scadenza del 2020 è realistica?
«Sì. Ormai l’esperienza tecnica è enorme, i francesi sono i più nuclearizzati al mondo. Anche sul piano della sicurezza non hanno avuto incidenti significativi».
Già ci sono polemiche. Aumenteranno?
«Garantito. Ci sono persone, soprattutto in Italia, che neanche studiano i dati sul nucleare. Dicono no e basta. Con loro è impossibile discutere».
Perché?
«Credo per convenienze politiche: sfruttano il sentimento popolare antiscientifico, come nella battaglia anti Ogm. Non ascoltano. Quindi meglio ignorarli».
Le scorie saranno un problema?
«No. Uno dei sistemi utilizzati in Francia è fonderle e vetrificarle in una matrice insolubile, col piombo (che assorbe le radiazioni); poi le barre sono calate in cave profonde, dove ci sono depositi di salgemma. Il sale indica che lì non è mai passata acqua, cioè l’unica che potrebbe spargere radioattività».
È soddisfatto?
«Sì. Non transigo sulle misure di sicurezza, che devono essere rigorose. Ma ci sono molte più vittime per il traffico, o per il fumo. In Francia, dove c’è un reattore in ogni dipartimento, il numero di morti per il nucleare è nullo».
Quattro centrali bastano?
«È già buono. Cominciamo, formiamo anche nuovi esperti, tutti italiani. Poi si vedrà».
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